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Deglutii incapace di emettere alcun suono. Lui ruppe la quiete prendendo un foglio. «Dunque» disse facendo scorrere gli occhi plumbei da sinistra verso destra, e non appena le labbra carnose si schiusero e la lingua schioccò le prime parole con voce calda e profonda, dovetti stringere le cosce per paura di ritrovarmi all’improvviso ad ansimare; dovevo assolutamente riprendere il controllo. «Allyson, Julia, Parker.» Tornò a guardarmi. «Ho letto attentamente il suo curriculum e ho notato che, nonostante sia ancora molto giovane, può vantare un’esperienza di sei mesi alla Building Corporation, la nostra principale concorrente.» Continuò a leggere dal foglio, e io annuii, convinta, come se avesse potuto vedermi. Poi, d’improvviso, rialzò lo sguardo inchiodandomi. «Voglio essere sincero con lei, Ms. Parker. So che se n’è andata dalla Building di sua spontanea volontà e non le chiederò il perché. Il suo curriculum è esemplare e il suo Master nel campo dell’edilizia è più di un punto a suo vantaggio, così come la conoscenza di molte lingue straniere, ma se è qui davanti a me, dopo aver scavalcato centinaia di candidati che devo ancora valutare, è solo perché mi è stata raccomandata da Mr. Laurent.» Mr. Laurent…certo. Mio padre aveva accennato al fatto che il suo migliore amico conoscesse il proprietario della Walker Costruzioni e che avrebbe messo una buona parola. «Non voglio l’elemosina» mi uscì di botto, collegando quei due neuroni che ancora funzionavano. Walker alzò un sopracciglio. «E io non sono un tipo caritatevole. Le sto solo dando la possibilità di dimostrare di che cosa è capace. Nel caso non fossi soddisfatto del suo rendimento uscirebbe senza problemi dalla stessa porta dalla quale è entrata, con o senza raccomandazioni.» Non usava certo mezzi termini: bello e detestabile! Annuii ancora una volta senza riuscire a emettere alcun suono e i suoi occhi si strinsero a fessura. «Ms. Parker, possiede la facoltà della parola? Riesce a mettere insieme una qualsiasi frase di senso compiuto?» Increspai le sopracciglia in una V. «Io…sì, certo» risposi ingenua, stupita da ciò che mi stava domandando, impotente di fronte al fatto che stavo farfugliando come se avessi sviluppato all’istante una forma di disnomia. «Ha idea del perché si trova qui? Sa che tipo di profilo sto cercando?» Il suo tono si fece calmo e lento, simile a quello di un medico intento a interrogare un paziente appena risvegliato da un coma profondo. Annuii per la terza volta e mi diedi un pizzicotto su una coscia per destarmi dal penoso stato in cui mi ero ridotta. «Sì…naturalmente. Lei sta cercando una segretaria, giusto?» «Sì, Allyson, esattamente.» Precisamente, in quale fase della mia improvvisa demenza eravamo entrati in una confidenza tale da chiamarmi per nome? «Cerco una persona colta, veloce, ambiziosa, che aspiri al successo e sia disponibile, professionalmente parlando s’intende.» «Professionalmente parlando…certo.» Mi sfuggì una risata isterica e Walker aggiunse: «Ma soprattutto sveglia! Non cerco soltanto una segretaria, ma la mia assistente personale; dovrà lavorare a stretto contatto con me, aggiornerà la mia agenda, parlerà con imprenditori non solo in America ma in tutto il mondo, gestirà i miei appuntamenti, i pranzi di lavoro, i viaggi…insomma, la mia vita. Un solo errore potrebbe costare milioni di dollari. Mi sono spiegato?» «Perfettamente.» Deglutii. «Bene.» Prese a tamburellare con le dita sulla superficie della scrivania. «Non sono abituato a valutare le persone a pelle e, mi creda, si ritenga fortunata per questo. Le concedo un periodo di prova di un mese nel quale sarà regolarmente pagata. Accetta?» «È molto più di quello che mi aspettassi, perciò la ringrazio.» Ed era vero; anche perché, dato lo stato ipnotico in cui mi trovavo, pensavo che mi avrebbe cacciata a pedate nel sedere. «Lasciamo i convenevoli alla fine» tuonò secco e indicò con una mano una vetrata alla sua destra. «Quello sarà il suo ufficio, io potrò vederla, sempre, a meno che non decida di chiudere le tende. Lei però non potrà vedere me» precisò rispondendo a una mia domanda inespressa. «Devo dirglielo per questioni di privacy.» «Non ci sono problemi.» «Ho bisogno di sapere che una figura così importante per la mia azienda sia una persona di piena fiducia e dedita al lavoro, senza dimenticare che la certezza di essere sempre osservata le darà la dovuta concentrazione e la consapevolezza che lo stipendio dovrà guadagnarselo fino all’ultimo centesimo.» Santo cielo! Non credevo di dover entrare a lavorare in una piantagione. «Capisco» mi limitai però a rispondere. I suoi occhi comunicavano una sfrontatezza peggiore di quella rivelata dal tono di voce e io mi sentivo ormai sul fondo del baratro. Le mie mani stavano lottando tra loro da dieci minuti e avevo l’impressione di essermi allungata l’indice di almeno qualche centimetro. Aprii i palmi e li passai nervosamente sulla gonna per asciugarli. «L’orario sarà dalle otto alle diciotto, con un’ora di pausa pranzo.» Annuii per l’ennesima volta sperando che il colloquio finisse alla stessa velocità con cui lui si era insinuato nelle mie emozioni. «Ha qualche domanda?» chiese piegando la testa di lato. Sì, certo. Quale dio greco hai spodestato per assicurarti il suo posto, tra l’altro meritatissimo? Naturalmente mi limitai a dire: «Credo sia tutto». «Allora direi che ci vediamo domani mattina.» Allungò un braccio verso di me. «Arrivederci, Allyson» disse con quello che ero convinta fosse il sorriso di un cherubino. «Arrivederci, Mr. Walker.» Gli strinsi titubante la mano e uscii quasi di corsa dall’ufficio, ansimante come se fossi appena riemersa dal fondo del mare dopo una lunga apnea. Mi chiusi la porta alle spalle e mi ci appoggiai, cercando di tornare a respirare regolarmente. Non mi riconoscevo, con la testa abbassata e una mano pigiata sullo stomaco che non smetteva di fare capriole...

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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 30, 2016 ⏰

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