Capitolo 2

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Arrivarono in città dopo circa mezz'ora, trascorsa chiacchierando allegramente. Giunsero davanti alla banca e, quando stavano per fermarsi, Mark notò subito un cambio repentino nell'atteggiamento e nello sguardo di Erik.

-Erik, tutto bene? Hai una faccia strana...-

-Oh sì, va tutto come deve andare, tranquillo...-

Quelle parole suonarono molto strane alle orecchie di Mark; cosa era accaduto in quel poco tempo da rendere Erik così diverso da come era stato fino a quel momento?

Purtroppo non ebbe tempo di chiedere o di fare altro. Erik iniziò a parlare velocissimo e in un'altra lingua, a lui sconosciuta. Stava per afferrargli una mano per scuoterlo e gridargli cosa diavolo stesse accadendo quando, tutto a un tratto, tutto divenne buio e cadde in un sonno profondo e senza sogni.

Quando il dottore tacque, il ghigno che si andò a formare sulle sue labbra era la prova che l'ipnosi aveva avuto pieno successo. Ora Mark, a fianco a lui, era solo un manichino nelle sue mani. Si avvicinò al suo viso, gli diede un bacio su una guancia poi si spostò verso il suo orecchio sussurrandogli parole incomprensibili per chiunque; le istruzioni erano state date, ora non restava che mettere in atto tutto il resto.

Con un ultimo sguardo alla bambola, prima di parcheggiare: -Scusami tesoro, nulla di personale; è solo che... Beh, è solo che mi servi- gli si rivolse con scherno, nonostante sapesse che Mark, ormai, non poteva più ascoltarlo.

Scese dall'auto, parcheggiata in un vicolo dietro la banca, e si diresse verso di essa, entrando e mettendosi in fila come tutti gli altri, aspettando il suo turno.

***

Due spari attirarono l'attenzione di tutti, facendoli voltare verso l'entrata della banca. Le due guardie all'ingresso erano riverse a terra, immerse nel loro stesso sangue che, lento ma inesorabile, continuava a uscire dai corpi. Ci fu un secondo di silenzio, poi iniziarono le urla e le fughe verso l'entrata e le finestre. Un nuovo sparo, stavolta verso il soffitto, fece ammutolire di nuovo le persone presenti nella banca; una voce glaciale si levò nel silenzio: -Ora che ho la vostra attenzione, siete pregati di mettervi tutti a terra, mani dietro la testa, e se sento un solo fiato o noto un minimo movimento vi faccio fuori seduta stante. Chiaro?!-

Ci fu un attimo di smarrimento in cui un nuovo sparo rimbombò tra le pareti e un uomo si riversò a terra, morto; le altre persone, terrorizzate, si buttarono malamente a terra ubbidendo agli ordini del rapinatore.

Un ragazzo moro, sui trent'anni, pistola in mano, sogghignava agli ostaggi; i suoi occhi, verde smeraldo, brillavano di crudeltà.

Tirò fuori da una tasca un sacco ripiegato e, avvicinandosi a una delle cassiere, glielo allungò intimandole: - Tieni, tesoro, metti tutti i soldi qui dentro, grazie...- Un sorriso diabolico gli illuminò il viso. La cassiera, spaventata a morte dal sorriso ma, soprattutto, dalla pistola che continuava a sventolare a destra e sinistra, afferrò il sacco e lo riempì con il denaro che aveva nel cassetto.

Ripeté l'operazione con le altre due casse. Si stava avvicinando alla quarta, quando un allarme iniziò a suonare persistentemente, facendolo voltare verso il Direttore, che aveva ancora la mano sul pulsante. Lo sparo partì automatico, e il Direttore stramazzò tra il panico e le urla spaventate delle persone ancora a terra.

Si voltò verso un ragazzo che stava lì vicino, lo afferrò e, strattonandolo, lo portò fino alla porta d'ingresso che aveva in precedenza chiuso a chiave. Se lo mise davanti con la pistola puntata alla testa, sporgendosi leggermente per guardare di fuori. L'allarme aveva smesso di suonare, permettendo al rapinatore di sentire le sirene della polizia che accorreva alla banca. Parcheggiarono le auto trasversalmente, in modo da fare da scudo a poliziotti e passanti, proprio davanti all'entrata. Non c'era via di fuga.

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