CHAPTER 26

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Dylan non si sarebbe mai aspettato un simile incontro, ma non poté rifiutarlo, dato che l'interlocutore si era posato di fronte a sé.
Dopo che Andrew aveva assistito a Sebastian che minacciava l'angelo di non avvicinarsi più ad Alyson, era salito al piano di sopra per poter uscire dalla finestra del bagno ed inseguire Dylan per parlargli.
Non aveva assistito alla scena in cui Dylan aveva tirato un pugno al muro, oppure quando la ragazza dai capelli ramati aveva baciato l'angelo, dato che era al bagno del piano di sopra a ripetersi mentalmente il discorso che gli avrebbe fatto; quindi ignorava il motivo per cui Alyson avesse ricominciato a piangere, ancor di più il fatto stesso che la ragazza stesse piangendo.
Appena aveva avvistato la persona che stava cercando, era planato nella sua direzione piantandosi di fronte.
Subito Dylan l'aveva guardato in modo confuso e un pizzico spaventato, ma si era ripreso subito, riconoscendo immediatamente la persona di fronte a sé.
"Demon, che co-" Non riuscì a terminare la frase che subito l'altro lo interruppe: "Mi chiamo Andrew adesso, sono diventato un Indeciso." Precisò, indicandosi le ali che rientrarono un secondo dopo.
"Ah sì, non avevo notato le tue ali sporche." Lo derise, alzando un lato della bocca a formare un sorriso sghembo, ma subito dopo gli torno alla mente l'immagine di Alyson, e del fatto che doveva trovare un modo per riconquistarla, trasformando quindi il mezzo sorriso in un'espressione triste e malinconica.
"Senti, non ho voglia di star qui a deriderti o a prenderti in giro, ho cose più importanti a cui pensare." E detto questo, cominciò di nuovo ad incamminarsi, sorpassandolo a testa bassa, con il solo pensiero di una ragazza in testa.
Non aveva tempo di occuparsi dei problemi di uno stupido novellino, aveva altro a cui pensare.
"È proprio di questo di cui vorrei parlarti, di lei." Andrew sussurrò a denti stretti l'ultima parola, giusto un secondo dopo che era stato superato dall'angelo; il quale si girò subito di scatto verso di lui.
"Vedo che ti interessa."
"Sputa il rospo, che cosa vuoi?" Dylan era impaziente di sapere di che cosa voleva parlargli.
"Come hai detto a me, quando l'ho fatta soffrire, ora lo dico a te: lasciala stare." Lo disse con voce ferma ed autoritaria, guardando l'angelo negli occhi come in senso di sfida.
Alla fine, tra tutti i discorsi che aveva soppesato, aveva capito che bastavano poche parole, o meglio, bastavano semplicemente quelle parole a far capire all'angelo che non doveva farla più soffrire.
"E a te che importa cosa faccio?" Ribattè scontroso, girando tutto il corpo verso di lui.
"Ho visto tutte le lacrime che ha versato mentre parlava di quello che le hai fatto; se tu ci tenessi, anche solo un minimo, capiresti che ho ragione." Cominciò ad allontanarsi nella direzione delle fogne; anche se non era più un demone, Andrew non aveva lo stesso un posto in cui andare.
"Non mi puoi dire cosa fare e cosa non fare." Disse Dylan a bassa voce, in modo da non farsi sentire, ma l'altro percepì lo stesso le sue parole.
"E invece te lo dico, dato che da solo non capisci." Ribattè, continuando però a dargli le spalle.
"Ma senti un po' chi parla, quello che le ha lasciato dei lividi sulle braccia."
"Ma i lividi almeno se ne sono andati." Lo stava sfidando, non gli importava se avrebbe potuto saltargli addosso da un momento all'altro, non aveva più paura. "Tu le hai spezzato il cuore, e mentre il dolore fisico che le ho provocato, oramai è sparito, quello psicologico che le hai infierito tu invece non passerà mai, ma se lo ricorderà fino alla fine della sua vita." Fece una pausa per riprendere fiato, facendo un respiro profondo. "E sai perché se lo ricorderà fino al giorno in cui si troverà sul letto di morte? Perché lei ti ha amato veramente, più di se stessa; e per quanto possa sembrare strano, ti ama ancora adesso, altrimenti non sprecherebbe tante energie per versare lacrime per uno come te."
Dylan rimase in silenzio, in piedi.
Le parole di Andrew gli fischiavano in testa: 'lei ti ha amato veramente'; 'per quanto può sembrare strano, ti ama ancora adesso'.
L'amava? Lo stava ancora amando nonostante quello che era successo?Allora, forse c'era ancora una speranza, un barlume lontano, futuro, dove loro due erano per mano felici.
"No, non pensarci neanche." Interruppe i suoi pensieri l'Indeciso, come se li stesse leggendo e si fosse stufato. "Non ti devi più avvicinare ad Alyson, so che stavi pensando a come riconquistarla, ma non la farai soffrire una seconda volta."
Dylan non disse più niente, si limitò a fare un cenno con il capo e incamminandosi, cominciando ad allontanarsi dall'altro.
La mente gli frullava mentre tornava a casa, più scoraggiato e abbattuto che mai.
Alyson lo amava ancora, nonostante lui avesse ammesso la più cruciale delle verità: aveva ucciso i suoi genitori.
Ma come fare adesso? Come avrebbe potuto avvicinarsi a lei, soprattutto con il fratello che adesso le sarebbe ronzato intorno tutto il tempo?
Era impossibile.
Eppure ci doveva essere un modo, una piccola luce ad illuminare la fine del tunnel.
Dylan entrò in casa, trovando la figlia seduta a gambe incrociate sul divano a guardare una serie televisiva, mentre stava mangiando, o almeno provando a mangiare, con delle bacchette dei noodles in un cartone con sopra la stampa del ristorante cinese all'angolo; molto probabilmente lo aveva ordinato per cena.
"Ciao." Lo salutò Kim, mentre provava a mettersi in bocca un unico noodles, che però cadde all'interno della confezione. La ragazza gettò frustata le bacchette all'interno, prima di riprenderle e riprovare, forse per la milionesima volta.
L'angelo rimase in silenzio, dirigendosi verso la cucina; recuperò una forchetta da un cassetto e tornò in salotto per porgelo alla figlia, guardandola divertito con un sopracciglio alzato.
"Grazie." Sbuffò lei, accettando la forchetta e gettando in un punto della stanza qualsiasi le bacchette.
"Sono quelle dannate bacchette la vera trappola cinese, non quel tubo in cui infilare le dita e poi tirarle fuori." Si lamentò, riuscendo finalmente, con sguardo soddisfatto, a mangiare la sua cena.
"Allora, com'è andata?" Chiese con la bocca piena, portandosi una mano davanti.
"Malissimo, mi ha aperto il fratello. Come sospettavo mi ha minacciato, non devo più avvicinarmi a lei."
"Vedrai che si risolverà tutto." Lo rassicurò, scuotendo appena le trecce in stile campagnola che si era fatta mentre Dylan se n'era andato.
"Speriamo." Sospirò l'altro, poggiando la testa sullo schienale del divano.
"Senti Dylan, al giorno del ringraziamento un mio collega mi ha invitata a casa sua. Vieni con me oppure rimani a casa?" Domandò a un certo punto Kim, girando lo sguardo dalla televisione agli occhi dell'angelo, che in quel momento erano tornati i soliti: grigi con venature verdi e viola.
"Va bene, vengo anch'io." Disse, pensandoci un po' su.
"Benissimo!" Esclamò entusiasta lei, non rendendosi conto che forse era sembrata un po' troppo contenta.
"Hey, cos'è tutto questo entusiasmo? E poi perché sei arrossita quando me ne hai parlato?" Chiese lui, notando il viso paonazzo della ragazza. "Oh, qua qualcuno si è innamorato." Concluse poi, spingendo un po' Kim in modo scherzoso.
"Ma sta zitto." Rispose lei, ricominciando a mangiare.

The Angel Without Remorse ||IN REVISIONE||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora