Cosa che poteva essere bella ma è sfociata in niente

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Torbun stava avendo una giornata fantastica: dopo essersi svegliato prima dell'alba per dare il cambio alla guardia e aver passato un'oretta buona ad affilare il suo fedele spadone, Tormento, accadde ciò che sperava di più da quando aveva messo piede in quella valle arida piena di erba secca ed ebbe l'immenso onore di suonare il corno dell'adunata.
Guardando i soldati del suo battaglione agitarsi come formiche operaie in un formicaio per prepararsi alla battaglia provò un brivido di eccitazione lungo la schiena. Lui era già vestito di tutto punto e pronto a mietere sangue dopo tanta inerzia.
Si voltò verso l'orizzonte e vide che il nemico era fermo a una sessantina di metri dalle mura del villaggio ad aspettare l'arrivo delle catapulte rimaste indietro a farsi trascinare da squadre di buoi stremati dallo sforzo mentre gli ingegneri scolpivano le rocce per renderle idonee al lancio. Una sola di quelle pietre potrebbe abbattere una casa qualsiasi pensò Torbun mentre spostava lo sguardo verso il mucchio informe di case che costituivano Nerihm, il suo villaggio: erano più che altro baracche di legno con qualche casa in muratura per i più abbienti e una sala comune dove la gente si riuniva nei periodi di festa fungendo anche da tempio religioso.
Non era un granché. Anzi era orribile. Nient'altro che terreno sabbioso difficilmente coltivabile e rocce.
Ma era comunque la sua terra. Quelle erano le pietre dove aveva ricevuto il battesimo del fuoco il cui ricordo ornava ancora il lato destro del suo volto. Non avrebbe ceduto neanche un centimetro di tutto questo a degli stranieri parassiti.
Il rumore di decine di lance che percuotevano il terreno all'unisono distolse la sua attenzione. Il suo piccolo esercito era pronto davanti a lui in riga.
- Voi siete nati qui. - Dichiarò lui prima ancora di aver deciso se parlare o no - Siete diventati uomini qui. Molti di voi hanno reso donne le bambine di questo villaggio che ora sono dentro quelle case ad aspettare il vostro ritorno, magari con i vostri figli in grembo o tra le braccia. Qui avete versato sudore, lacrime, sangue... e così è stato anche per me.
Lì in fondo, - Torbun tese un braccio dietro di sé indicando gli assedianti aldilà delle mura - dall'altra parte della nostra valle, ci sono degli esseri dal cuore avido che vogliono strappare ciò che è nostro dai nostri corpi morti e usarlo finché non muore anch'esso... VOLETE QUESTO PER LA VOSTRA TERRA?! - gridò e un coro di NO, SIGNORE! travolse l'aria del mattino - VOLETE QUESTO PER I VOSTRI FIGLI?! - un altro potente NO, SIGNORE! fece tremare l'aria - ALLORA ANDIAMO A TRUCIDARE FINO ALL'ULTIMO DI QUEI PARASSITI! AVA... -  la freccia fu più veloce della sua lingua.

Una pioggia letale cadde sui soldati allineati mietendo le loro anime come la morte in persona. I massi delle catapulte colpivano le case abbattendole come castelli di sabbia costruiti da un bambino.
Gli stendardi dei soldati erano rossi per il sangue e fluttuavano nell'aria come manifestazioni delle anime dei morti di Nerihm rimaste nel mondo per perseguitare i viventi.
Kilyath fu uno dei pochi a salvarsi da quel massacro. Paradossalmente lo salvò la casa che gli cadde addosso rendendo impossibile per altri proiettili colpirlo e facendogli perdere i sensi.
Vaghi ricordi gli affollavano la mente quando rinvenne: forti braccia che sollevavano le macerie per prenderlo in braccio, i pettorali di un'armatura e un volto barbuto da un lato circondato da lunghi capelli sbiaditi dal tempo e dalle intemperie e dall'altro sfigurato da vecchie ferite.
Lo stesso volto che lo stava guardando in quel momento seduto vicino al suo giaciglio, con le rughe dell'età a segnargli la pelle del viso rendendolo perennemente arcigno e l'enorme elsa di una spada che faceva capolino da dietro la spalla.
Rimasero lì a guardarsi mentre il tempo scivolava via passando dalle ore prima dell'alba al primo mattino, l'uomo a interrogarsi sul ragazzo e il ragazzo ripensando ai suoi anni da prigioniero in quel villaggio di orchi.
Gli occhi si fecero più pesanti mentre il giorno arrivava. Prima di scivolare completamente via il ragazzo riuscì a mormorare un grazie al guerriero. Per un istante vide gli angoli della sua bocca sollevarsi prima di perdere ancora conoscenza.

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Tutta colpa di un video:

Dalla mia mente malataDove le storie prendono vita. Scoprilo ora