Cosa di riflessione sul Natale

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È Natale. Sono italiano. Cosa fanno gli italiani a Natale?
Oltre a mangiare come profughi di guerra intendo.
Esatto, la messa di Natale.
Ora, premetto che non ho niente contro la religione, ciò in cui la gente sceglie di credere non è affar mio, ma è proprio su questo che mi vorrei soffermare: che mi dite tutti coloro che non scelgono di credere alla religione, in questo caso, cristiana?
Ovviamente questo discorso si può applicare ad ogni religione esistente: perché le convenzioni sociali e/o le routine familiari dovrebbero costringerci a spendere il nostro bene più prezioso, il tempo, in un luogo dove non rivediamo noi stessi o a cui, semplicemente, abbiamo scelto di non appartenere?
Siamo incastrati in una rete creata prima di noi e rafforzata dalla nostra debolezza d'animo. E io sono il primo ad essere così.
Proprio ora, mentre sto scrivendo queste righe, importanti quanto la mia opinione nell'ordine cosmico universale (ossia meno di un cazzo), ho in sottofondo ossequiose canzoni che rendono grazie al Signore per la sua gloria, cosa che non ho mai capito appieno (perché qualcuno dovrebbe ringraziare qualcuno per la gloria non sua?), canzoni e inni di indubbia bellezza, che, essendo musicista, riesco a cogliere forse in una maniera più profonda rispetto ai profani in materia, ma nei quali non ho mai, né, credo, avrò mai, la possibilità di rivedermi. Eppure eccomi qui: un diciottenne nerd all'ultimo anno di superiori senza la minima speranza di avere una ragazza che va in chiesa perché tutta la sua famiglia ci va.
Appena ho realizzato tutto questo ho deciso che non ho la minima intenzione di vivere così.
Voglio cambiare. Evolvermi. Diventare qualcosa di nuovo.
Cominciando un passo alla volta. Cominciando a dire No.
Non posso crescere come persona se non mi libero di questa rete, questa gabbia dorata che ci tiene al sicuro da noi stessi e dagli sguardi di sdegno di coloro che seguono le tradizioni alla lettera, uno specchietto per le allodole che abbiamo contribuito a mantenere in piedi fino a quando non abbiamo deciso di decidere per noi.
Non perché lo fa la famiglia, non perché è ben visto da tutti: perché lo voglio, perché l'ho deciso io.
È ciò che voglio fare, il mio sogno nel cassetto: costruire la mia routine.
Voglio l'indipendenza per stare bene ma non eccessiva: voglio esprimermi, non allontanarmi.
È questo che le persone non capiscono o si rifiutano di capire. Il cambiamento non significa necessariamente allontanamento. La trasformazione è parte della vita e si presenta sotto molte forme, troppe per essere contate.
Le tradizioni sono importanti ma solo finché ti ci rivedi, solo se riesci a trovare un senso. Le tradizioni senza una cognizione di causa sono utili quanto un programmatore che ricopia la compilazione dei programmi: può farne anche un numero infinito ma non li capirà mai, non saprà perché scrive determinate istruzioni, sa solo che deve scrivere così.
Le consuetudini sono le nemiche giurate del cambiamento. Quindi, come compito per casa, cercate di liberarvi da una consuetudine, anche piccolina. Complimenti, hai cambiato qualcosa della tua vita! Un cambiamento, anche insignificante, è pur sempre un cambiamento. Continuate così fino a quando non rimane nessuna consuetudine. Congratulazioni, sei appena diventato indipendente! Ora hai la strada libera, le possibilità sono virtualmente infinite: fai ciò che ti sembra giusto.
Così faccio io, faccio ciò che ritengo giusto cercando di evitare, inutilmente, di fare schifo, ma senza illudermi.
Perché la vita è come il Bilancio d'esercizio di una grande azienda: quando si tirano le somme si prendono le perdite sia subite che presunte e gli utili solamente conseguiti. Questo si chiama "Principio della prudenza" ed è molto utile per evitare le delusioni della vita.
Detto questo, vi lascio.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Apr 02, 2018 ⏰

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