lezione due: tristezza

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Non dovetti aspettare molto per ricevere la seconda lezione dal mio umano.
Fu la stessa notte.
A dirla tutta non vidi molto, era tutto buio, e la nostra vista funziona più o meno come la vostra, ci vuole un po' prima che si abitui all' oscurità.
Ma quando riuscì a vedere qualcosa, pensai che avrei preferito che la mia vista non si adattasse. Anzi, avrei voluti essere proprio cieco;;

Dov' era quel sorriso contagioso che mi aveva fatto venir' voglia do ridere?
Gli occhi luminosi? Quelle piccole fossette che gli scavavano le guance quando rideva oppure il naso che si storceva quando pensava a cose felici?
No, io ora vedevo solo uno sguardo spento e stranamente umido, guance rigate da... Acqua? No, fluidi corporei. Credo che voi le chiamate lacrime. Non sono affatto un bel segno.
E quei lamenti che uscivano dalle sue labbra ancora meno.
Quello spettacolo così penoso mi diede una fitta allo stomaco, ed improvvisamente mi sentii come se volessi piangere anche io. O forse quello era per colpa del fastidio che provavo al petto? Noi non abbiamo un cuore che pulsa, ma un organo simile. Solitamente, però non accade nulla del genere.

Non sapevo cosa fare. Ho odiato profondamente quel momento, mi sentivo dannatamente inutile. Lui non mi vede, o sente, o percepisce.
E in quel momento l' unica cosa che avrei voluto fare sarebbe stata andare da lui, abbracciarlo e dirgli che è tutto ok.
Ma non potevo farlo, sono solo un fantasma.
Un inutile essere che spende la propria vita ad amare persone che non potranno mai sapere della sua esistenza.

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