Beatris pov's
Mi sveglio con la voce stridula di mia madre che mi dice:" Beatris vieni dobbiamo andare al gruppo di sostegno" Mi alzai. Mia madre pensa che io sia in una fase di depressione per colpa del tumore, ma io non sono depressa, io sono una semplice ragazza di 16 anni con un tumore: il cancro ai polmoni. Per respirare porto quell'affare, una specie di tubo che mi aiuta a respirare. e con un carattere difficile, in breve sono ribelle, non ascolto mai a nessuno.
Faccio colazione con una fetta biscottata con sopra spalmata marmellata di fragole, mi lavo velocemente e mi vesto con un pantalone di tuta nero e una magli bianca con una scritta che dice: LA VITA È UNA SORPRESA, GODITELA COME SE FOSSE IL TUO ULTIMO GIORNO DI VITA. Questa scritta mi rappresenta un pò perchè io mi godo tutti i miei giorni come mi goderei l'ultimo perchè prima o poi morirò. Io non sono un tipo che nell'abbigliamento mi metto in mostra perchè già mi notano per via dell'affare che mi tiene in vita. Mia mamma ed io andiamo, quando arriviamo mi lascia all'ascensore, le scale a chi ha la mia malattia fanno stancare, così prendo sempre l'ascensore. Arrivo nella stanza dove si svolge il gruppo di sostegno e prendo posto, le sedie erano messe a forma dinp cerchio, col passar dei minuti il cerchio si riempì di persone malate, persone che sono guarite fisicamente ma non moralmente, che si sentono diverse, anche il professore, ha un tumore allo stomaco. Uno alla volta ci fa raccontare la storia delle nostre malattie. La storia che mi ha fatto pena pena è stata quella di un ragazzo di nome Luca: ha un problema agli occhi e ha un occhio già di vetro, tra pochi giorni anche l'altro suo occhio diventerà di vetro.
Arrivò il mio turno e raccontai:"Una notte d'estate quando avevo solo 14 anni, mi svegliai non riuscendo più a respirare i miei genitori mi portarono in ospedale dove mi trovarono un tumore ai polmoni che mi impediva di respirare, mi misero questo apparecchio che mi fa respirare" Indicai il mio apparecchio e smisi di raccontare.
Lui mi guardò e disse:"Ti capisco anch'io quand'ero solo un ragazzo ebbi il mio primo tumore. Passò il tempo e finì l'ora, uscì dal edificio e vidi la macchina di mia madre parcheggiata, la salutai, apro lo sportello e mi siedo. Mi chiede:" Com'è andata?" Io con schiettezza risposi:"Come vuoi che sia andata, come sempre"