Capitolo 5

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Nonostante la rabbia e la voglia di vendicarmi per il sequestro del mio mezzo, non avevo ceduto alla tentazione di prendere l'impala e andarla a far schiantare contro un muro o giù da un dirupo. Con l'aiuto di Sam, a quanto pare fingeva davvero di dormire, ero riuscita a calmarmi abbastanza da decidere di non andargli dietro o fare qualche pazzia che avrebbe decretato la mia morte. Così Mi ero ritrovata a passare la notte a camminare avanti e indietro fuori dalla stanza del motel, troppo agitata e arrabbiata per prendere sonno. Col passare delle ore però lui non tornava, così oltre al pensare a tutti i modi migliori per torturare un essere umano, incominciai a preoccuparmi.

Era successo varie volte che dopo aver litigato uno dei due andasse a schiarirsi le idee, rigorosamente ognuno con il proprio mezzo di trasporto, ma non eravamo mai stati via più di tanto. Un paio di ore al massimo, poi tornavamo e facevamo pace, o almeno accantonavamo la discussione fino al giorno seguente. Non eravamo mai stati fuori per tutta la notte.

Le ore passavano e il sole incominciava a sorgere all'orizzonte. Incominciai a pensare a una marea di possibili scenari, lui preso alle spalle da un demone, oppure dal Kitsune o peggio ancora lui con una barista sexy chissà dove. Devo ammettere che la mancanza di sonno, associata a tutti i problemi che già mi affollavano la testa, non mi aiutava di certo.

Non m'importava più niente dell'argomento della discussione della sera precedente, volevo solo che tornasse da me. Possibilmente con la mia moto.

Mi ero seduta già da po' sul marciapiede davanti all'entrata del motel ad aspettarlo, con i primi raggi del sole che facevano forza per arrivare oltre gli edifici, quando una macchina entrò nel parcheggio. E non era un'auto normale, di quelle erano andate e venute tante durante la mia attesa. Quella era un'auto della polizia, per questo aveva attirato la mia attenzione. Quando rallentò in prossimità della mia postazione, mi tirai su di scatto, preoccupata.

Dalla portiera dei sedili posteriori uscì un Dean piuttosto malconcio. Camicia mezza aperta e storta, con qualche macchia rossa sulle braccia. Capelli sparati in tutte le direzioni e la sua faccia, la sua faccia era piena di graffi ed escoriazioni. A quella vista mi portai una mano al volto. Cosa diavolo aveva combinato questa volta. Scossi la testa e prima che si accorgesse di me, incrociai le braccia al petto, preparando la mia faccia incazzata migliore. Lo vidi borbottare qualcosa all'interno della vettura e poi avanzare verso di me con la testa bassa, mentre l'auto e il suo guidatore si allontanavano. Era così perso nei suoi pensieri che non si accorse della mia presenza, finché non mi fu praticamente addosso.

Lui alzò il volto e dovetti farmi forza per non stringerlo tra le braccia e perdere quel poco di distacco che avevo appena assunto. Vagai con lo sguardo sul suo volto, registrando tutte quelle ferite nuove e inaspettate. Anche se 'inaspettate' era una parola grossa, in uno delle mie tante versioni catastrofiche che mi ero creata in testa ce n'era una in cui tornava in una condizione del tutto simile a quella. Il suo volto appena incrociò il mio si tinse subito di colpa e si riabbassò, interessandosi di colpo alla ricerca delle chiavi della stanza nella tasca dei pantaloni, ma non lo feci avvicinare alla porta.

- Cosa ti è successo?- Chiesi cercando di mascherare la preoccupazione e la paura che mi attanagliavano da quando avevo visto quell'auto svoltare.

- Niente di particolare.- Ribatte tranquillo lui continuando ad evitare il mio sguardo.

- Niente! Dean sei coperto di graffi dalla testa ai piedi! Sei tornato all'alba in una macchina della polizia e non è successo niente di particolare?!- Chiesi lasciando quasi subito le redini alla mia parte isterica per le ore di sonno perse quella notte.

- Sai che non ti capisco quando parli in Italiano, almeno non sempre.- Disse lui evitando di rispondere per l'ennesima volta.

Cercai di calmarmi. – Dov'è la mia moto Dean?-

A quella domanda lui sobbalzò. – Non capisco perché...- Ma si bloccò quando vide il mio sguardo, capendo che avevo voglia di sprecare altro tempo in cazzate. – Okay... Ma non arrabbiarti.- Mi disse e solo quello riuscì a fare aumentare la mia rabbia a livelli esponenziali.

- Cosa le hai fatto?- Chiesi.

- Vedi la tua moto è...-

Erano passate tre ore dall'arrivo di Dean, che ora dormiva beatamente nel letto del motel, il 'suo' letto del motel, io di certo non ci sarei tornata a dormire dopo quello che aveva fatto. Il carro attrezzi era arrivato pochi minuti prima ed io me ne stavo seduta davanti ai resti del mio povero mezzo. Era stato ridotto in fin di vita da quell'infame.

Mi stavo rigirando uno degli specchietti retrovisori tra le dita persa nei miei pensieri, che implicavano vari tentativi di passarla liscia dopo un omicidio di un essere umano, quando Sam mi raggiunse e si sedette accanto a me.

- Come va?- Chiese tranquillo. Io lo fulminai con lo sguardo. – Okay, domanda sbagliata.- Disse. – Senti Dean si sente davvero una merda.-

- Per questo ha mandato avanti il fratellino mentre lui dorme tranquillo e con l'anima in pace?- Risposi indispettita.

Lui sospirò. – Lo sai che non sta dormendo e non viene fuori perché ha troppo paura di rimanere vittima di una tua reazione violenta, che conoscendoti hai già organizzato per quando entrerà nel tuo raggio d'azione.- Disse lui buttandola sul ridere, ma io non ne avevo voglia. – Senti non è poi così grave. Ha parlato con il meccanico e ha detto che si può riparare.-

Scossi la testa cercando di far sparire le lacrime che iniziavano ad appannarmi la vista. – Tu non capisci.- Dissi. – Quella moto era l'unica cosa che mi rimaneva di mio padre. Ridotta come è adesso... verrebbero sostituiti talmente tanti pezzi da non essere più la 'nostra' moto.- Dissi guardandolo in faccia, vedendolo con uno sguardo triste rivolto ai pezzi metallici ammucchiati lì davanti. – Questa moto è stata testimone di tante cacce, di così tante cose... Ogni volta che si rompeva eravamo io o mio padre a rimetterla in piedi, molto spesso con mezzi di fortuna o con pezzi di ricambio trovati in giro durante i nostri viaggi.- Lo vidi annuire, ma rimase in silenzio per farmi finire. – Messa com'è adesso, non riuscirei mai a metterla a posto da sola e un meccanico me la rimetterebbe a nuovo, senza tener conto di quelle piccolezze che io e lui ci siamo sempre premurati di non cambiare.- Sbuffai affranta. – Ma penso che a questo punto io debba accontentarmi, non penso di avere altra scelta al riguardo.-

Lui si voltò verso di me. – Senti, so che è dura passarci sopra, ma cerca di non arrabbiarti troppo con lui.- Disse semplicemente.

- Sam ha preso senza permesso la mia moto per andare a bere, dopodiché ha deciso bene di andare a farsi un giro ubriaco. Non sono arrabbiata solo per la moto, anche se sono molto arrabbiata per la moto.- Dissi tirando un sospiro e guardandolo negli occhi. – Poteva farsi ammazzare. Ha avuto fortuna che l'autista dell'altra auto aveva i riflessi pronti e lo ha schivato. Ma cosa diavolo gli passava per la testa?!- Dissi urlando l'ultima frase, presa dall'esasperazione.

Lui si tirò su in piedi e fece per andarsene, sorridendomi. – Va bene El. So che non ti va giù che non ti dica certe cose, ed è giusto, ma di una cosa sono sicuro. Ha davvero paura di perderti. Questa è una cosa che non ti dice e che se adesso mi sentisse, probabilmente mi staccherebbe la testa. Cerca di aiutarlo, anche se lui non vuole, stagli vicino.-

- Grazie Sammy.- Dissi sorridendogli più calma. – Digli che deve solo far passare un po' la rabbia, poi possiamo parlare.- 'anche se non credo passerà presto.' Avrei voluto aggiungere, ma non volevo infierire, dopotutto mi aveva chiesto un po' di comprensione, ma voleva dargliela?

Insomma aveva preso senza permesso la cosa a cui più tenevo e lui lo sapeva. Inoltre l'aveva guidata da ubriaco, rischiando di farsi male sul serio e distruggendola. Come facevo a passare sopra a tutto questo in pochi minuti? No, dovevo avere più tempo per sbollire. In quelle condizioni avrei solo peggiorato la situazione. Mi conoscevo meglio di chiunque altro e da arrabbiata dicevo cose che non pensavo e non erano di certo cose belle.

Presi un bel respiro decidendo di rientrare, ma non per parlare, solo per informarli che andavo all'ospedale per parlare con la vittima dell'incendio.

Mi alzai e la mia attenzione fu catturata da qualcosa comparso inaspettatamente alle mie spalle. 

Niente è mai semplice come sembraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora