Capitolo 34

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Mi rifiuto di stare qui a sentire. Voglio mettere un punto alle mie fantasticherie. L'unico modo per non pensarci su è la corsa. Ero solita correre tra i parchi vicino casa a Central Park, ma qui sarà ancora più piacevole farlo. Mi spoglio e indosso un costume, se inizierà a far caldo mi tufferò in acqua. Uso degli short sportivi e l'abituale canotta fitness. Prendo le Nike e le allaccio determinata a correre più in fretta che posso per uscire da questa terrificante stanza. Mi faccio una semplice coda e parto via. Scendo le scale, afferro una mela e con le cuffie alle orecchie, mi avventuro fuori. 

Apro il cancelletto che separa la tenuta dalla spiaggia, lo chiudo e vado li, incontrando l'alba. Corro per parecchi chilometri, le scarpe affondano nella sabbia, lasciando impronte che l'oceano cancella. Ascolto il ritmo della canzone che mi invoglia a correre, mentre con l'altro orecchio libero sento il rumore del mare. È qualcosa di indescrivibile la beatitudine di restar da sola per poter pensare. Mi do da fare e non sono affatto stanca, fa parte della mia routine giornaliera per tenere lontano gli incubi notturni. 

I muscoli iniziano a bruciare per via del movimento, ma non mi do tregua, continuo a correre fino allo sfinimento totale. Sudata, mi accascio sulla sabbia umida e mi concentro sullo spettacolo della natura. Accovacciata all'orizzonte mi inebrio dell'aria fredda a del sole che sorge nel cielo. Scossa da una forte euforia, mi spoglio dei miei abiti da corsa, e mi immergo nelle profonde acque gelide. 

Mi stendo sul letto d'acqua, non sentendo nient'altro che il gorgoglio della vita marina. Mi beo di quell'attimo, e rimango avvolta dal piacere che si prova nelle piccole cose. Non torno indietro. Non voglio più vederlo ne tanto meno pensarlo a godere con altre donne. Basta. Basta. Basta. Smettila. Scuoto la testa, e l'acqua si smuove ad ogni mio riflesso. Sto bene, ed ho ritrovato me stessa, dopo tanto tempo di rimbambimento. Il sole si alza alto nel cielo e trovo conforto nel suo calore. Mi riscalda dentro e questo mi basta da farmi sperare in un mio ritorno definitivo.   

***

Dopo averla cacciata via dalla mia stanza, come giusto meritava, ho iniziato a darci dentro. Sul serio. Strappo i vestiti che ingombrano le mie fantasie. Scopo brutalmente le due donne incontrate al bar. Una si fa aprire la figa in due dal mio cazzo protetto, l'altra si struscia sulle mie dita eccitandosi forsennatamente. Do energia al bacino infilzandole la pelle arrossata dalle spinte eccessive. Cazzo. Cazzo. Cazzo. Non mi controllo, ma nonostante tutto non riesco a venire dentro di lei, i miei istinti animali reagiscono come dovuto ma sono bloccati. 

Non sono per niente gentile, prendo quello che vogliono darmi, ma io sono svuotato di ogni minima goccia, eppure la ragazza grida e m'inumidisce continuamente la cappella dei suoi fetidi umori. Io sono vuoto, svuotato da ogni piacere dettato dal sesso. Viene, viene su di me, ed io sono quasi intorpidito. L' altra donna cerca altre attenzioni, mi tocca le palle che sbattono sulle tonde natiche della sua amica. Insoddisfatto dell'unico atto che dovrebbe farmi godere, esco e mi prendo il culo dell'altra. Lecco il seno di "Dana", almeno credo si chiamasse così... non ricordo il nome esatto, appena lasciata inerme, e pizzico il suo corpo procurandole scosse. 

Un uomo a metà, anche quando riesco ad ottenere ciò che voglio. Sono solo questo, mentre continuo a colpirle come piace a me. Fottute. Le ho fottute. Ma io, sono pieno. Pieno e vuoto. Sensazioni contrastanti tra di loro. L'una vuole predominare l'altra, e l'altra non vuole darsi per vinta. Contengo una rabbia repressa che nemmeno il sesso è riuscito a placare. Teso continuo la mia disperata litania, andando sempre giù alla deriva. Più tardi, le ragazze si rivestono dei loro stracci, e inibite si dirigono in piscina. I ragazzi son tutti li, eccetto una persona che ho scacciato a forza dai miei pensieri. Forse, per la mia discutibile sobrietà sono riuscito a non incanalarmi su di lei e su quello che le avrei fatto, trovando quello che cercavo, quell'oblio dettato dall'alcool che mi scorre a fiotti nelle vene. 

Mi stendo su una sdraio a bordo piscina, inforco gli occhiali da sole riparandomi dal sole e sonnecchio per un po', fin quando Sasha esulta nel vedere Helena. Faccio finta di dormire per sottrarmi alle chiacchiere, ma la osservo socchiudendo le palpebre. «Ehi, dove sei stata? Non ti ho incrociata nemmeno per sbaglio.» «Come se non lo sapessi, sono andata a correre.» «Pft... sei sempre la solita... tu e le tue fissazioni, siamo in vacanza! Dovresti sfruttare l'occasione per rilassarti.» Tace al rimprovero dell'amica, e inizia a guardare nella mia direzione. Una delle ragazze che mi sono scopato, viene verso di me con un drink fruttato "da donna", come se mi nutrissi di frivolezze simili. Mi porge il cocktail, ed io senza indugio lo poggio sul tavolino vicino, mentre lei mi accarezza i pettorali. «Andiamo a divertirci» «Non ora, andate voi a rinfrescarvi, ve lo meritate.» Sporgo l'asta dell'occhiale schiacciandole l'occhiolino, la mora ammiccando per un'ultima volta si gira mettendo il culo in bella vista, compiaciuto le sculaccio una chiappa, e va via insieme all'altra facendo un risolino di soddisfazione. 

Helena si gusta la scena. "Brava. Prendi Appunti". Poi, rinsavendo prende posto vicino alla sua amica, legge una rivista; e dopo pochi minuti crolla sulla sua sedia pieghevole. Sasha incarica sottovoce di aprire l'ombrellone per ripararla dal sole, ed uno dei ragazzi che le scodinzola intorno, l'accontenta. "Pft...cosa sei il suo cagnolino obbediente?" Tutti osservano me, chiaramente sanno cosa è successo stamattina. Hanno ignorato la situazione davanti a lei, per non metterla a disagio, ma conoscono la mia natura, e disapprovano il mio sesso sconsiderato. Nessuno dice nulla, comprendono le mie voglie, e sono a conoscenza che, ogni anno faccio la stessa cosa indipendentemente da Sasha ed Helena. Sicuramente vorrebbero addomesticarmi per bene, evitando le figuracce, ma io... io non ero d'accordo dapprincipio. 

Non volevo che venissero con noi, quindi non capisco il motivo per cui dovrei darmi una calmata. Alzo le spalle alle loro occhiatacce fulminanti. Mi spiace se do fastidio, ma ho bisogno di fare sesso, fa parte di me e non potete costringermi a perire come voi, morti di figa. Non sono per niente dispiaciuto, anzi... mi diverto a vederli in questo stato, a causa mia. Sono la causa di molti dolori e altrettante tragedie. Dopo essermi stancato di quelle due, le caccio via di casa, dopotutto non vi è più nessuna spettatrice... la mia preferita si è addormentata, appendendo il taccuino al chiodo. Mi allontano dalla piscina, afferro la mia tavola da surf e mi dirigo altrove. Veloce, vado in spiaggia e dopo essermi preparato per bene, cavalco le irrefrenabili onde della California.  

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