CAPITOLO I

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La notte era fredda e l'abbigliamento che avevo scelto non mi aiutava affatto nel cercare di riscaldarmi. Un tubino stretto e nero, scollato sul davanti in uno strano modo che ricordava la forma di un cuore, calze sottilissime sulle gambe e tacchi di vernice rossa ai piedi.

Avevo rubato tutto in un negozio del centro, accidenti a loro era stato così facile che alla fine mi ero sentita quasi in colpa per aver fregato la commessa gentile che mi aveva aiutato a scegliere. Avevo provato l'abbinamento, e le avevo mentito dicendole che non era di mio gusto. Con gentilezza, mi aveva invitata a lasciare il tutto nel camerino per tornare in negozio con lei a scegliere altro. Numerosi cambi dopo, necessari solo a farla distrarre, ero riuscita a piegare astutamente il vestito ed infilarlo nella borsa. Quanto alle scarpe, le avevo semplicemente tenute ai piedi con disinvoltura, dopo aver rimosso l'anti taccheggio.

Mi piaceva New Orleans, mi piaceva il disordine per le strade e nonostante tutto lo strano senso di familiarità e di sicurezza che questo sapeva trasmettermi. Ma in fondo, cos'altro poteva fare? È dalla strada che vengo, ed è alla strada che devo la mia sopravvivenza.

Stanotte, avrei incontrato finalmente Boris Mandzukich.

Il vecchio bifolco era convinto di avere un appuntamento a cena con una escort di lusso assoldata grazie ad un amico nella zona.

Avevo speso due anni della mia vita a tracciare i movimenti di quell'uomo con ogni possibile mezzo a mia disposizione: internet, la TV, o semplicemente le mie conoscenze, ed alla fine era giunto proprio nella mia città, un posto in cui mancava ormai da ventun anni.

Ogni persona che conoscessi e che avesse un minimo di stima nei miei confronti mi aveva aiutata ed era stata avvisata, così quando si seppe che un ricco magnate delle telecomunicazioni stava per giungere in città per la parata di Halloween, ne ero stata messa al corrente, e quando lui chiamò il suo contatto per cercare qualcuno che gli scaldasse il letto durante la sua permanenza a New Orleans, quel contatto aveva chiamato me.

L'hotel Churchill era uno dei migliori tra tutti quelli in città. Vista sulla via principale, e retro con tanto di piscina e centro benessere, per non parlare delle sue suite. Avrei ucciso per passare anche solo una notte su quei letti soffici.

Arrivai a destinazione intorno le otto e trenta di sera, in ritardo di circa mezz'ora. Ovviamente.

All'entrata del ristorante dell'albergo diedi il mio nominativo fasullo all'addetto e lui mi scortò fino al tavolo dove avrei incontrato Mandzukich.

Sapevo che faccia avesse, lo avevo visto molte volte sulle copertine dei giornali, e nella sua stessa emittente televisiva. Lo avevo studiato, così, quando fui a circa dieci metri dal tavolo, lo inquadrai per bene sfoderando il mio migliore sorriso.

Questo, prima di accorgermi che non fosse solo.

- Mr. Mandzukich, la prego di scusarmi, la mia auto ha voluto abbandonarmi proprio stasera – dissi, cercando di sembrare disinvolta.

Lui iniziò a pulirsi il muso con un tovagliolo di stoffa che doveva sembrare molto costoso, poi mi sorrise, rivelando un qualcosa di verde che gli si era infilato tra i denti.

- L'importante è che ora lei sia qui, Miss Hunt, le presento il mio amico Nikolai Sevastyan – disse, come se da buona amica di vecchia data mi stesse presentando qualcuno di importante.

Allungai la mano e mi presentai.

- Natalie Hunt, è un piacere – sorrisi.

Lui mi scrutò, poi allungò la mano senza dire una parola.

La sua corporatura era robusta, e sebbene fosse seduto potevo intuire quanto fosse alto. Aveva capelli neri come la pece tagliati corti, una barba ben curata e due occhi che sembravano smeraldi con una punta di ametista al centro.

Tra tutto il resto, era praticamente l'uomo più bello che avessi mai visto. E questo non poteva che essere un problema.

Non ero stata contattata per intrattenere due persone, ma solo per il magnate Ucraino, che avevo tutta l'intenzione di sistemare per le feste.

- Ordina ciò che preferisci mia cara, mentre noi uomini discutiamo di affari –

Mandzukich mi sorrise in modo del tutto viscido, ma almeno fui grata alla sua finta quanto disgustosa gentilezza, perché questa mi avrebbe garantito una cena decente, una di quelle che non avevo da secoli.

Comunque sia, non esagerai con l'ordinazione, dovevo sembrare una signora di classe, non una senza tetto affamata.

Durante la consumazione della mia cena, ebbi l'occasione di studiare ancora di più i miei due ospiti.

Sevastyan parlava decisamente poco, anzi quasi per nulla, la prima volta che sentì la sua voce fu come essere attraversata dal calore che il corpo emana dopo un sorso esagerato di liquore.

Si, era calda, e liscia. Decisamente troppo affascinante, caratterizzata da un accento straniero, forse Russo, che la rendeva unica, nonostante il suo inglese fosse impeccabile.

Si discuteva sulla cessione di alcuni canali televisivi dell'emittente di Mandzukich, per una compagnia minoritaria gestita da Sevastyan. Quest'ultimo, non si dimostrava neanche troppo interessato, ma forse era quella la sua tattica. I suoi interventi, in ogni caso, erano sempre intelligenti, ed a volte spiazzavano il mio interessato. Li seguì con passione, fin quando firmarono il contratto e per la prima volta potei vedere una smorfia di soddisfazione nascere sul viso del russo.

Dio, quanto era bello, in quel vestito blu notte che gli avrei volentieri strappato di dosso.

- Bene, ora che gli affari sono conclusi possiamo parlare di piacere! – rise l'ucraino, in modo del tutto viscido.

Versò del vino costoso per tutti, ma non osai a toccarlo.

- Piacere... - Nikolai Sevastyan soffocò una risata, e poi si sistemò il vestito – mi dispiace doverla deludere Mandzukich, ma ho degli impegni molto importanti per domani, non posso trattenermi. Sono lieto di poter pagare il conto, anche quello che chiederà la ragazza – disse.

- Ne sei sicuro Nik? Ho chiamato questo bocconcino esclusivamente per farti un regalo – commentò deluso Boris.

- Sono sicuro che "fare un regalo a te" per lei andrà altrettanto bene – disse, d'un tratto sprezzante.

Sta cercando forse di farmi incazzare?

- Se non meglio – dissi allora. Strappando una risata all'ucraino ciccione che avrei voluto strozzare.

Il russo invece, sollevò un sopracciglio, ed infine sorrise.

Andando via, spostò leggermente la sedia libera sulla quale avevo poggiato la mia pochette. Il gesto fu troppo lento, e non dubitai nemmeno per un secondo che lo avesse fatto di proposito. La pochette cadde, ed insieme ad essa, il suo contenuto.

Una siringa contenente del tranquillante alla quale andava solo applicato l'ago, ed una pistola calibro 9, che avevo rubato ad un poliziotto un po' di tempo prima.

La pistola finì sotto il tavolo, mentre la siringa ai miei piedi.

Il russo sembrò stranito, ma non sorpreso, e mentre mi affrettavo a rimettere tutto dentro la borsa, senza che nessuno mi vedesse, lo trovai ad inquadrarmi la scollatura. Tenni lo sguardo fisso sul suo.

E lui non disse niente, rinnovando i suoi saluti ed andando via.

Accidenti a lui! Se il nostro tavolo non fosse stato in un punto così privato qualcuno avrebbe sicuramente chiamato la polizia. Invece, lui si era accorto di tutto, ma non aveva detto una parola, sgattaiolando via silenziosamente.

"Concentrati sul piano" pensai. E così feci.

- Le andrebbe di fare un giro prima di appartarci? – chiesi, in modo del tutto schietto.

A lui per poco non andò il vino di traverso.

- E dove diavolo vorrebbe andare? La camera è qui sopra – commentò lui.

- Andiamo... lo ammetta, probabilmente non ha mai fatto sesso... all'aperto – sussurrai, avvicinandomi al suo orecchio.

Ed una volta insinuata la malizia nel suo cervello, il gioco era fatto. 

ANTIDOTEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora