CAPITOLO III

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Un quarto d'ora silenziosamente stressante dopo, eravamo fermi all'interno di una pista privata per il decollo di jet di lusso. Ed accidenti, non ne avevo mai visto uno così da vicino. Era enorme! Non avevo mai preso un aereo in vita mia, nemmeno in Economy, figuriamoci un jet privato.

Stavo veramente per andare in Russia al fianco di un perfetto sconosciuto?

Soffocai una risata. Non avevo mai fatto qualcosa di così folle, e non m'importava se ci avrei rimesso la pelle. Rischiare era l'unico modo per sentirmi viva, davvero.

L'aria era terribilmente fresca e ormai vestivo di pelle d'oca. Nikolai mi offrì il braccio, insieme salimmo le scale verso l'ingresso. Al contatto con il suo braccio muscoloso mi sentivo terribilmente piccola, ma anche... al sicuro, per non parlare del calore che ora percepivo, per chissà quale assurdo motivo.

Una volta all'interno, fui invasa dall'aria riscaldata che era così terribilmente piacevole da farmi tirare un sospiro di sollievo.

Davanti a me, poltrone di pelle, un angolo bar e due... guardie? Mi guardarono in modo strano, poi al solo cenno di Sevastyan si spostarono verso la cabina, stessa cosa per quello che doveva essere il capitano. In fondo al Jet, vi era una grande porta, mi chiesi cosa ci fosse aldilà e pensai che probabilmente era presente anche una camera da letto per i viaggi più lunghi.

- Scegli un posto ed allaccia la cintura – disse lui, col solito tono.

Mi posizionai sulla destra, vicino ad un finestrino. La poltrona era comoda, ma mi sentivo ugualmente nervosa. Nikolai Sevastyan decise di posizionarsi esattamente di fronte a me.

- Non ho mai volato prima – ammisi, poiché la mia agitazione era palpabile nell'aria.

- In questo caso, ti consiglio di dormire, sarà un viaggio lungo – disse, non sembrando sorpreso.

- Ho delle cose da chiederti, per esempio, il motivo del tuo odio nei confronti di Mandzukich, secondariamente, perché dobbiamo andare così lontano per essere al sicuro? E perché t'importa che io lo sia, perché per quanto ne so avresti potuto lasciarmi perdere, ed attendere pazientemente le conseguenze – dissi, alludendo al fatto che in realtà nemmeno mi conoscesse.

Lui si alzò per un momento e versò qualcosa che doveva essere liquore in un bicchiere di vetro, per poi tornare al suo posto.

- Bene, sarò ben disposto a rispondere a tutto questo a condizione che tu mi risponda su altre cose. –

Intanto l'aereo aveva iniziato a muoversi a velocità spedita verso l'infinito.

- D'accordo – mi sembrava giusto, non avevo motivo di sviare le sue domande.

- Qual è il tuo vero nome e quanti anni hai? –

Deglutì a fatica, non prendevo mai la decisione di dire il mio vero nome alla leggera, ma non potevo tirarmi indietro.

- Mi chiamo Eva Usher, ed ho ventun anni – confessai.

Oh, adesso sì che sembrava sorpreso.

- Il motivo per cui ti ha chiamata per la serata, è quello il tuo lavoro?-

Mi rivolse la domanda studiandomi, soprattutto soffermandosi sulle mie gambe.

- No, un mio conoscente è venuto a sapere che l'ucraino era alla ricerca di quel tipo di cose, così ho finto di esserlo, per avvicinarlo –

- Dunque, non hai mai scopato per denaro... - continuò lui.

- Mai – confermai, infastidendomi.

Lui sorseggiò il suo liquore, ed io mi persi ad osservare le sue labbra umide. Mi persi così tanto, che non mi accorsi nemmeno del decollo, fin quando non guardai dal finestrino, e li sì che mi agitai.

Lui si alzò una volta stabilita una certa andatura, e tornò poco dopo, porgendomi un bicchiere simile al suo.

Ne bevvi qualche sorso e subito mi sentì meglio.

- Se le cose si fossero messe male, se io avessi accettato di passare la serata con te come lui aveva in mente, cosa avresti fatto? – chiese, dubbioso.

Nikolai era silenzioso sempre, ma il suo silenzio era accompagnato da una meticolosa attenzione.

- Ti avrei piantato una siringa nel collo – risposi semplicemente.

In effetti, non era stata pensata per essere utilizzata su Boris, ma come protezione contro qualsiasi evenienza.

Per la prima volte in quelle poche ma intense ore, Nikolai Sevastyan rise di gusto, e sebbene normalmente mi sarei forse infastidita a causa del suo sarcasmo, ora non potevo che esserne ammaliata.

- Sei stata fortunata, se le cose si fossero davvero messe male, non avresti avuto alcuna chance di fottermi come credevi di poter fare – disse lui, tornando a bere il suo liquore.

- Se lo dici tu... - sbuffai, senza credergli, sollevando gli occhi in un gesto di scherno.

- Cosa ti fa pensare il contrario? – chiese, curioso.

- Il tuo linguaggio del corpo – ammisi, sorridendo maliziosa. Ero anche giovane, ma mai stupida.

Lui si protese in avanti mantenendo le braccia conserte, come se volesse invitarmi a continuare la conversazione.

- A cena, non mi hai degnata di molte attenzioni, ma io ti ho studiato. Sebbene i tuoi interventi fossero sempre impeccabili, avevo costantemente il dubbio che tu stessi pensando ad altro. Ne ho avuto la certezza quando hai fatto cadere la mia borsa, ma non hai proferito parola. Eri incuriosito da me, ma non volevi darmi alcuna soddisfazione. Ora, ho smesso di contare le volte in cui cerchi di scrutare le mie gambe, o anche solo la mia scollatura... le mie labbra, a volte. Se lo avessi voluto, credimi, quella siringa sarebbe finita nel tuo collo –

Lui posò il bicchiere sul tavolino, con un gesto rumoroso, ma poi sorrise. Ancora una volta, niente soddisfazioni.

- Oppure... - iniziò lui, indugiando sui miei occhi, più precisamente, penetrandoli – saresti stata così distratta, da finire davvero a letto con me, ed alla fine ti sarebbe anche piaciuto, scordandoti di portare a termine quello per cui ti sei tanto preparata –

Lui alzò il mento, come se avesse appena fatto scacco matto contro di me.

- Te lo ripeto, non scopo per denaro – insistetti io.

- Chi dice che ti avrei pagata? –

- Immagino che non lo sapremo mai – chiusi lì il discorso, stava cercando di rendermi vulnerabile, e probabilmente se avessimo continuato ci sarebbe riuscito.

- C'è una coperta nel vano superiore del porta bagagli, e per quanto riguarda la poltrona può abbassarsi anche completamente, ci vorranno ancora molte ore ed è meglio che tu dorma – disse, frettolosamente.

Con questa frase si liquidò da me, attraversando la porta scorrevole e chiudendola alle sue spalle.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 29, 2016 ⏰

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