Parte seconda

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-Signor Kim, le analisi non mentono. Lei può anche sostenere di essere pulito, ma il suo sangue non la pensa come lei-
Kim Taehyung guardava il medico davanti a sé come se fosse stato uno scarafaggio, incazzato nero, perché diamine, lui quella droga non l'aveva presa. Era la regola numero uno, se si voleva diventate atleti di successo: stare lontano da sostante alteranti. E lui non si era avvicinato a nessun tipo di pasticca, siringa, liquido, o chissà cos'altro.
-Mi guardi in faccia dottore. Le sembro un drogato? Sia sincero- sbottò Taehyung allungandosi sulla scrivania del medico, osservandolo dritto negli occhi. Quello sembrava sinceramente dispiaciuto, ma il ragazzo leggeva dentro quelle iridi scure anche una sorta di tacita rassegnazione.
-Mi dispiace, dico davvero. Ma con un simile risultato tra le mani non posso lasciarla partecipare alle Olimpiadi di quest'anno-
Al suono di quelle parole Taehyung si afflosciò sulla sedia, la schiena abbandonata sulla spalliera e un'insana voglia di tirare per aria tutto quello che ricopriva la scrivania. Poteva quasi vedere le parole del dottore cancellare come gomma tutti gli allenamenti, le fatiche e i sacrifici che aveva dovuto fare per arrivare a quel punto, per poi andarsi a piantare nella sua coscienza e fargli del male. Molto male.
-Io non ho fatto niente...-
-L'unica cosa che può tentare, è chiedere un altro controllo del campione di sangue- suggerì l'uomo, titubante. -Se crede di essere stato incastrato. Ma la sua reputazione potrebbe uscirne maggiormente danneggiata e...-
-E' già danneggiata, irrimediabilmente- sussurrò Taehyung alzandosi in piedi. Afferrò la giacca e la infilò con un gesto secco, senza badare molto alla faccia contrita del medico.
-Chieda un altro controllo. Mi faccia sapere-
Non disse altro. Uscì dalla stanza a passo veloce, corse lungo il corridoio, fino a ritrovarsi nella hall dell'edificio. Il suo allenatore era lì ad aspettarlo e quando lo vide spuntare i suoi occhi su puntarono su di lui colmi di speranza. Gli bastò uno sguardo al volto di Taehyung per perdere il sorriso.
-Cosa ti ha detto?-
-Sono fuori-



Quando Yoongi uscì di casa verso le 18:30 l'aria della sera si era davvero fatta fredda. Addosso aveva il suo fedele cappotto, ma come al solito non si era preso la briga di mettersi una maglia troppo pesante sotto: odiava i maglioni, gli davano la sensazione di non riuscire a respirare. Uscire di casa prima era quasi diventato un mantra per lui. Aveva bisogno di quei dieci minuti per pensare ogni volta che doveva incontrarsi con il suo amico, come se potessero salvarlo da considerazioni istintive che voleva tenere lontane. Una smorfia si dipinse sul suo volto e decise di combatterla accendendosi una sigaretta. Non ricordava bene il momento in cui aveva iniziato a fumare, o meglio, lo ricordava, ma a quella domanda posta da altri rispondeva con la solita frase: "sai, errori giovanili a cui alla fine non riesci a porre rimedio". Certe cose preferiva tenersele per sé.
Smise di pensare una volta raggiunta la via in cui abitava Jungkook, un lungo viale affiancato da alberi che sembrava stonare completamente con la caotica e frenetica Seoul: un piccolo giardino dell'Eden all'uscita dell'Inferno. Per quanto a Yoongi costasse ammetterlo, persino a se stesso, era così che si sentiva ogni volta che entrava in quella strada: percepiva immediatamente il cambiamento del proprio umore in vicinanza di Jungkook, anche solo vedendo la sua casa. Era come respirare aria pulita dopo aver inalato solo zolfo e al contempo avere la sensazione che quell'aria non bastasse a colmare il vuoto dei suoi polmoni.
Davanti alla porta d'ingresso, con le chiavi in mano pronto ad entrare, Yoongi si sorprese di vedere Seokjin. Jungkook gli aveva raccontato che il cugino si era trasferito da poco in un appartamento tutto suo e infatti non l'aveva più visto gironzolare in quell'enorme casa. Il ragazzo al contempo non sembrò sorpreso di vederlo tanto quanto lui: gli sorrise con calore e aspettò che lo raggiungesse.
-Yoongi, quanto tempo!- esclamò Seokjin dandogli una pacca affettuosa sulla spalla. Era sempre così gentile...
-Ehi hyung- lo salutò il giovane, usando quell'appellativo confidenziale. Alla fine erano cresciuti insieme, poteva permetterselo. -Non pensavo di trovarti qui-
-Infatti non dovrei esserci, ma cause di forza maggiore mi hanno costretto. Vieni, entra-
Seokjin aprì la porta, lasciandolo entrare per primo, e Yoongi si prese un attimo per rimirare quell'ambiente famigliare: il parquet lucido come sempre; le scale di fronte che portavano al piano superiore, verso le camere da letto; il salotto sulla destra, enorme, con il divano nero ad L davanti a una grossa tv al plasma; la grande quantità di piante finte a dare un tocco naturale ad ogni singolo angolo. Quella casa era come se fosse stata la sua. Avrebbe saputo dire dove erano nascosti i più piccoli difetti, o la sbeccatura nel muro in cucina fatta da Jungkook a otto anni con la sedia. Delle volte quasi dimenticava da quanti anni lui e quel piccoletto si conoscessero, tanto che chiamarlo 'piccoletto' stava diventando fuori luogo.
Un ricordo veloce come un battito di ciglia trafisse la mente di Yoongi, dita delicate, respiri spezzati, e li allontanò con un leggero scuotere della testa. Non doveva pensarci, non doveva e non poteva.
Dannato piccoletto.
-Jin hyung sei tu? Sto per uscire!- si sentì urlare dal piano di sopra e sia Yoongi che Seokjin sorrisero per il tono spensierato di Jungkook. Tempo pochi secondi e videro il ragazzo spuntare dalle scale, mentre ancora tentava di infilarsi un maglione nero sopra una canotta marrone. Quando si accorse della presenza del giovane dai capelli verdi quasi inciampò nel gradino.
-Hyung, quando sei entrato?-
-Proprio ora. Sei pronto?-

Jungkook annuì, sistemandosi i capelli con una mano e avvicinandosi a loro per prendere la giacca appesa accanto all'ingresso. La infilò con un gesto secco, per poi guardare Seokjin con espressione accigliata.
-Ma hyung, cosa ci fai qui?-
-Stasera ho una cena a cui devo assolutamente partecipare con mamma e papà-
spiegò con tono neutro il ragazzo, aggiustando meccanicamente i bordi della giacca al cugino. Quello osservò i lineamenti tesi dell'altro e si morse un labbro.
-Hyung..-
-Mmh?-
-Non è una semplice cena, vero?-

Yoongi poté giurare che l'espressione di Seokjin in quel momento fosse una delle cose più tristi che avesse mai visto e Jungkook sembrava essere del suo stesso avviso.
-Io... Non lo so. Temo di no-
-Mi fermo qui, se vuoi-
propose il piccoletto, ma Jin scosse il capo.
-No, esci e divertiti. Anche se non dovresti, considerando quello che hai combinato stamattina...- esclamò il maggiore, guardandolo con un cipiglio che voleva essere severo, ma alla fine non lo era affatto. Jungkook sorrise. -Ma ne parleremo domani. Riportamelo a casa interno, Yoongi-ah-
-Assolutamente-

Con quelle parole Yoongi e Jungkook uscirono di casa, chiudendosi la porta alle spalle, lasciando Seokjin da solo. E il ragazzo, finalmente, potè smettere di sorridere.

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