Hide and seek

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Quella sera stavo leggendo un libro, che mi era stato assegnato dalla prof di italiano, il Principe di Macchiavelli. Naturalmente era una noia mortale, c'era da aspettarselo. Amavo leggere, con tutto il cuore, ma quello non era proprio il mio genere. Preferivo i thriller o i gialli, non i libri classici o roba sulla politica.

Fatto sta che ero stesa tranquillamente sul mio letto, circondata da un soffice e candido piumone che mi avvolgeva come un caldo abbraccio. Continuavo a sfogliare la raccolta di lettere stampate, quando la porta della camera cigolò leggermente. Guardai nella direzione, ma non vedendo niente, tornai al noioso racconto.

Dei piccoli e veloci passi tintinnarono al mio orecchio. Scattai confusa, per capire chi era. L'armadio, che era inizialmente socchiuso, si chiuse definitivamente con un boato sordo.
-Henry?- balbettai, spaventata. -fratellino non è divertente!- esclami in un momento di coraggio improvviso ed inaspettato persino da me.

Nessuno rispose. Mi guardai attorno, alla ricerca di qualcosa con cui difendermi. Ma mentre i miei occhi scannerizzavano l'intera stanza un brivido si arrampicò su per la mia spina dorsale, facendo comparire la pelle d'oca sulla pelle. Mi sentivo osservata. Sentivo come se due enormi occhi stessero studiando i miei movimenti, pronti ad attaccare ad ogni secondo.

Pregai che fosse tutto solo la mia immaginazione cha galoppava senza controllo, terrorizzata da qualcosa che poteva benissimo essere uno scherzo di Henry.

Mi alzai dal letto, appoggiando al pavimento le punte delle dita, che a contatto con le piastrelle ghiacciata si ritrassero, opponendosi al comando del cervello.

-Henry!- esclamai ancora, sperando che uscisse da quel maledettissimo armadio.

-si?- sentii rispondere dall'altra stanza.
Un altro brivido si schiantò sulla mia colonna.

-Henry... dove sei?- domandai, con un filo di voce.

-in camera! Perchè?- rispose ovvio.

Mi avvicinai lentamente verso il palo per prendere le grucce, e lo strinsi tra le dita, facendo diventare le nocche bianche sotto la pressione causata dalla paura, che continuava imperterrita a vibrare nelle mie ossa.

-no niente... va a dormire!- dissi di rimando.

Mi avvicinai cautamente all'armadio, con il palo ben impugnato. Le braccia tremavano leggermente e le gambe davano segni di cedimento. Le mie narici fremevano, e il mio respiro lentamente aumentava di velocità, assieme al battito del cuore che sembrava quasi cercare di scappare dalla gabbia di costole.

Inumidii varie volte le labbra e puntai con gli occhi l'armadio, con una tale intensità che sentivo che avrei potuto forare il legno del mobile.

Appoggiai le dita di una mano sulla maniglia, presi un grande respiro e aprii di getto l'anta, rivelando un ammasso di abiti, appesi in modo disordinato, e una montagna di magliette impilate a terra. Non c'era nessuno li...

Ancora i passetti leggeri tamburellano sul pavimento a ritmo del mio povero cuore che minacciava di esplodere. Mi girai verso la porta vedendola muoversi leggermente.

Lentamente mi avvicinai e guardai nel corridoio. Nulla. Cercai in tutta la casa. Niente di niente. Che me lo fossi immagina? Tutto quanto? Non credo.

Tornai nella mia camera e mentre appoggiavo il palo notai qualcosa scritto sullo specchio a muro, dietro alla porta. In basso verso i piedi del mio riflesso, c'era una piccola scritta rossastra, che diceva: "giochiamo ancora".

My storiesWhere stories live. Discover now