Capitolo 2

67 4 2
                                    

Mi alzo di soprassalto. Ho i capelli appiccicati al collo e sono tutta sudata. Il solito sogno... anzi, il solito incubo. Ogni volta che mi addormento riesco a vedere sempre lo stesso fuoco blu, e una voce femminile che grida e mi chiede aiuto. Non so perché continuo a sognare tutto ciò, il problema è che non riesco a smettere. E ogni mattina è sempre la stessa storia. Il sole è sorto da poco, mentre io prendo dei vestiti puliti e mi dirigo in bagno per farmi una doccia veloce. L'acqua calda riesce a scioglie i miei muscoli tesi, ci voleva proprio. Resto più del dovuto sotto il getto d'acqua pensando alla mia famiglia. Ripenso all'esatto momento in cui mio padre mi dette la notizia del mio trasferimento in questo castello. Disse che era una scuola molto buona, adatta a me, e che avrei dovuto stare attenta, attenta a fidarmi delle persone giuste. Ricordo che sembrava molto teso e preoccupato e che, proprio quando stavo per chiedergli una spiegazione, mia madre mi ha portata in soggiorno per parlare dei preparativi per il mio viaggio. Già mi mancano.
Esco finalmente dalla doccia e dopo essermi vestita e asciugata i capelli, rientro in camera. Dovrei disfare le valigie, anche se non ne ho proprio voglia. Così, apro seccata la mia valigia e inizio a posare i miei vestiti sul letto. I miei occhi, però, sono catturati da un piccolo scrigno in legno. Quella è lo scrigno della mamma. Proprio mentre stavo per partire, me lo diede e mi disse di aprirlo solo quando fossi arrivata qui.
Perciò lo prendo e lo apro. Dentro ci sono delle foto, foto di quando ero piccola. Ne trovo una di quando avevo tre anni: io sono seduta sul seggiolone che rido con la faccia tutta sporca di una qualche pappetta per bambini, mentre mia madre ha un'espressione esasperata. In un'alta ci sono io all'età di sei anni, con il grembiule e i capelli raccolti in due graziosi codini rossi. Era il primo giorno di scuola elementare ed io ero già in ritardo (come ogni giorno a seguire). In un'altra ancora io ho dieci anni, sono in braccio a mio padre e indosso un tutù striminzito: era il giorno del mio primo saggio di danza. Nel vedere queste foto sorrido inconsciamente e una lacrima capricciosa attraversa il mio viso. La asciugo immediatamente e prendo l'altro oggetto presente nello scrigno. Oltre alle foto, infatti, vi è anche un medaglione. Il medaglione è circolare, con degli ornamenti sui bordi e una pietra azzurra e luminosa incastrata al centro. Non ricordo quando mi venne regalato, è come se lo avessi sempre avuto, dalla mia nascita. E, nonostante questo, non l'ho mai messo. E come se ci fosse qualcosa, qualcosa che mi trattiene dall'indossarlo. Però il medaglione mi ha sempre affascinata e incuriosita, con la sua pietra capace di brillare anche al buio e di catturare gli occhi di una persona al primo sguardo.
«E tu chi cavolo sei?!» grida d'un tratto una voce. Mi giro spaventata verso il letto della mia coinquilina e la trovo seduta mentre cerca di coprirsi con le coperte. I suoi capelli neri e ricci sono tutti arruffati, la sua pelle è bianca candida e le piccole labbra e gli occhi verdi sono spalancati dallo stupore.
«Tranquilla! Io sono Annabelle, la tua nuova compagna di stanza» cerco di tranquillizzarla.
«Oh, dio! Mi vuoi far morire d'infarto già di prima mattina? Almeno aspetta che arrivi il pomeriggio... comunque il mio nome è Josephine Smith, ma puoi chiamarmi Joe»
Detto ciò, va dritta in bagno, per poi uscirci dopo dieci minuti.
«Allora Annabelle, che ne dici di andare a fare colazione e poi farci un giro? Oggi è sabato, e non ci sono lezioni di sabato» esclama tutta eccitata. Perciò ci avviamo verso la sala comune insieme. La lunga tavolata ora è tutta occupata da ragazzi e ragazze. Come il giorno prima, al mio arrivo tutti si stoppano dalle loro faccende e iniziano a fissarmi. Josephine va a sedersi sull'unica sedia libera e io rimango in piedi come un'idiota. E ora? A un certo punto Tom si alza da una sedia e viene ad abbracciarmi.
«Annabelle! Dormito bene? Beh ragazzi, lei è Annabelle. Penso che da oggi in poi avremmo bisogno di un altro posto a tavola» e così dicendo va a prendere una sedia e a posizionarla proprio accanto alla sua. Vado a sedermi, salutandoli con un flebile "buongiorno".
«Allora Annabelle, loro sono Ellis, Caroline, Mason, Derek, Damon, Aaron, Brigette e Tren. E io sono Selly, ti do il benvenuto al castello di Gorth» parla una ragazza bionda e alta sorridendomi. Sorrido di rimando, sembra una ragazza davvero dolce.
«Quanti anni hai Annabelle?» chiede colui che dovrebbe chiamarsi Aaron, un ragazzo dalla pelle mulatta.
«diciassette anni, voi?»
«Io, Tom, Ellis, Damon, Trent e Brigette ne abbiamo diciotto, il resto diciassette come te, tranne Derek, che ne ha compiuti diciannove» risponde garbato indicando proprio il ragazzo di fronte a me. Proprio nel momento in cui io giro lo sguardo verso di lui, lui alza gli occhi dal suo piatto, iniziando a fissarmi quasi con curiosità. Derek ha la pelle bianca latte e liscia, come di velluto; i lineamenti duri e accentuati e i capelli neri e spettinati, che li danno un senso di disordine. Ma la cosa che più mi ha paralizzata sono stati, circondati da folte ciglia, i suoi occhi: così in contrasto con la pelle, sono di un nero pece. Sembra un nero senza fine, non si riesce a scorgere nemmeno la pupilla. Il suo sguardo però, di un nero tenebroso, riesce a brillare in un modo inspiegabile.
«Che avete da guardarvi voi due?» sbotta all'improvviso Ellis. Ho colto un accenno di fastidio nella sua voce, spero di aver capito male. Subito abbasso gli occhi arrossendo.
«Gelosa Bell?» la stuzzica con fare divertito Damon, accanto a Derek che alza gli occhi al cielo, come annoiato dal proseguire della conversazione. Dopodiché mi punta gli occhi addosso, ma io riesco a distogliere lo sguardo prima che lui se ne accorga.
«Non sono gelosa Damon, ho posto solo una domanda» risponde Ellis stizzita. Devo ammettere che è davvero bella: ha un fisico perfetto, alta e snella, i capelli castani lisci e lunghi e le labbra carnose. Nel frattempo un ragazzo cinese e molto bello suonava un pezzo di una canzone usando una forchetta, un coltello e ogni altra cosa che li capitava sottomano. Conoscevo già quel ritmo...
«Oh mio dio, è la canzone dei Simple Plan!»
«Tu ascolti i Simple Plan?» domanda sorpreso.
«Ovvio, sono dei grandi»
«Batti il cinque rossa!» e così dicendo si sporge verso di me per battermi in cinque, facendomi ridere un sacco a causa della sua faccia piacevolmente stupita.
«Schifo. D'altronde, cosa mi posso aspettare da degli sfigati» commenta la mora acida.
«Tu che musica ascolti principessina?» scimmiotta buffamente Josephine provocandomi una risata che cerco di trattenere.
«Non sono affari tuoi, tesoro»
Prima provoca e poi si fa indietro?
«Ridicola»
«Che cosa hai detto?»
Spalanco gli occhi e la bocca. Certe volte mi capita di pensare certe cose e dirle ad alta voce senza accorgermene, e ogni volta finisce male.
Proprio quando stavo per scusarmi, delle forti risate mi distraggono. Tutte le persone sedute a tavola stanno ridendo. Riesco a scorgere un piccolo cenno di sorriso persino sulle labbra di Drake, finché la mora non inizia a strillare come una gallina. Si avvicina velocemente e fa qualcosa che mai mi sarei aspettata: prende il succo fresco e me lo rovescia in testa.
«Ellis! Sei proprio una bambina!» la rimprovera duramente Tom. Mi sento tremendamente umiliata, perciò mi alzo e me ne vado senza dare spiegazioni a nessuno, anche perché non penso ce ne sia bisogno. Alcune lacrime di rabbia scendono portandomi ad accellerare il passo per non essere vista. Finché il mio braccio non viene strattonato ed io mi ritrovo in un corridoio buio.

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 18, 2016 ⏰

Aggiungi questa storia alla tua Biblioteca per ricevere una notifica quando verrà pubblicata la prossima parte!

CloserDove le storie prendono vita. Scoprilo ora