1ª Parte

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È la solita domenica, l'alba,
oggi le 4:37.
La solita sigaretta, che porto alla bocca per rilassarmi.
I soliti 2 pacchetti che compro la mattina e finisco la sera. Forse per stress, forse per noia.
Il solito pensiero che vaga per le quattro mura della stanza, mentre dalla finestra i primi raggi di sole mi illuminano la faccia.
Quel pensiero così lontano ma ancora presente nella mia mente, che ogni giorno è sempre più pesante.....più doloroso.

Le ruote dell'autobus scricchiolano sulle pietre taglienti dell'asfalto, avvisandomi del suo arrivo. Si ferma a due passi da casa mia ogni mattina, sempre più preciso: alle 7:10.
Dopo una ventina di minuti riparte rumoroso verso l'interno della città.
La mia colazione dura poco, solo qualche sorso di latte, che scorrendo gelido dentro di me, mi sveglia completamente.
Poi qualche biscotto,
che pesco dal pacchetto quasi terminato.

Afferro il mio vecchio cappotto, stretto ma caldo. Uscendo fuori di casa infilo la mano nella tasca interna, estraendo il mio cellulare.
Il momento è arrivato: sospiro.
Mentire fa male, é sempre più doloroso e fastidioso, facendomi sentire in colpa, ma per me è indispensabile. In fondo me lo merito.....non voglio che stia male per me.
Sblocco il telefono, clicco "Contatti" e premo leggermente il suo nome, come se potessi farle del male. Lo porto all'orecchio destro molto lentamente. I 3 squilli prima che arrivi una risposta mi mettono sempre ansia, l'ansia di non essere creduto o compreso.
Lo faccio controvoglia, ma sono obbligato a chiamare mia sorella e mentirle tutti i giorni, tutte le mattine, sempre uguale.

Ed ecco che arriva al timpano la sua voce squillante, obbligandomi ad abbassare il volume.
-"Ciao Harry"
-"Ciao Gemma" rispondo con voce roca, preparandomi alla sua domanda.
-"Oggi che fai?"
-"Il solito. Sto andando a prendere la metro e vado a lavoro"
-"Va bene, a dopo."
Chiudo la chiamata e rientro a casa.
Questa bugia va avanti da mesi. Il tempo che trovo un lavoro e non ho più bisogno di usare i soldi che mia madre mi manda, ogni primo del mese, da quando decisi di andarmene.
Fisso il vuoto.

Questa mattina ho voglia di uscire veramente.
Salgo al piano superiore e mi dirigo al bagno, facendo una doccia fredda e veloce.
Esco e mi guardo allo specchio, consapevole del fatto che mi sono abbandonato a me stesso.

Anche Nick e Louis me lo ripetono sempre.
Nicholas Grimshaw e Louis Tomlinson, beh, sono gli unici che sono rimasti e che mi sono rimasti.

Decido di farmi la barba, è cresciuta così velocemente fino ad arrivare a metá collo.
Prendo dalla cassettiera il gel da barba. Mi rilassa massaggiare le guance, facendo diventare il gel schiumoso, da un blu quasi trasparente ad un azzurrino tendente al bianco.
Prendo il rasoio che avevo lasciato vicino al rubinetto e comincio a passarlo con molta delicatezza sulla pelle.

Torno in camera e cercando fra i pantaloni, dopo i miei amati skinny jeans, trovo la tuta.
Poso i vestiti del giorno precedente nel cestino dei panni sporchi, ormai pieno e mi cambio.
Scendo le scale e mi posiziono davanti alla porta. Prendo nuovamente le chiavi dal chiodino incastrato nel muro e le poso in tasca.

Mentre mi dirigo al parco, scalcio qualche pietrina fuori strada. Passo per il vicolo buio e umido, giro l'angolo e mi ritrovo davanti la solita scena:
un primino, di cui ancora non conosco il nome, si sta facendo prendere a pugni da due ragazzi di terza, Alex e Marcus. I soliti coglioni che si divertono a fare i bulli.

Decido, dopo qualche settimana, di intervenire.
Mi avvicino con cautela e con più fermezza possibile dico
-"Dai ragazzi, lasciatelo stare e fate qualcosa di più divertente".
-"Ma noi ci stiamo divertendo tantissimo e poi questo bastardello non ha mantenuto la sua promessa. Vero Arthur?" dice Alex, girandosi verso il ragazzino con un ghigno.
-"Beh....in realtà i-io... " deglutisce "...i compiti ve li ho sempre fatti e i soldi ve li ho dati, in più non ho mai detto niente a nessuno, come promesso".
Sposta il suo sguardo nervoso su di me e solo ora noto il sangue che sta scendendo dal suo naso, il labbro spaccato e la piccola cicatrice vicino il sopracciglio sinistro.
Merda sarei dovuto intervenire molto prima.
-"Ragazzi siete patetici. Andate da qualche altra parte." affermo ormai stufo della situazione.
-"Haroldo tu non c'entri niente. Sparisci." Dice questa volta Marcus.

Mi giro dalla sua parte e fisso i suoi occhi, che si muovono ad una velocità allucinante da destra a sinistra.
Quando quei cerchi blu, con qualche sfumatura di marrone, si posano su di me, faccio 3 passi in avanti.
Tolgo la mano ormai calda dalla tasca e la allungo per afferrare il braccio del ragazzino.
Con una mossa veloce Marcus estrae dalla tasca una piccola pistola e me la punta alla testa.

Mi paralizzo al ricordo.

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⏰ Last updated: Jan 08, 2017 ⏰

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