CAPITOLO 7 [parte 1]

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«Vi porgo le mie più sincere condoglianze».

La voce del parroco è lontana. Un bussare leggero alle porte della mia attenzione. Benché io non lo stia ignorando, ho motivo per non degnarlo di uno sguardo. Ho gli occhi fissi su Claudiette. Le sfioro le gote. Sono fredde come il marmo nei pavimenti delle chiese. Adagio, salgo con le dita verso la ferita. Una voragine tra lo sguardo ora chiuso. Mi fermo ancor prima di raggiungerla. Tiro un respiro profondo. Troppo. Ho i polmoni in fiamme. Le lacrime spingono con insistenza al limitare dei miei occhi e so che il muro che mi protegge dal pianto crollerà di lì a poco. Ma non devo cedere. Devo mostrarmi forte, caparbia, salda. Vacillare è per le femmine di casa. Io sono una Sorella di Spada.

Mi tiro su con la schiena. Trattengo a fatica gli spasmi e i singhiozzi. Volto il capo in direzione del sacerdote.

«Nel nome del Dio Sole, della Sposa e della Musica.» Il parroco solleva le braccia e raccoglie uno spiraglio di luce tra le mani. Un bagliore dorato si appoggia sui palmi uniti. Con un gesto preciso, ha già le dita sulla fronte: disegna una stella a cinque punte iscritta in un cerchio immaginario.

Ripeto con lui. «Che la luce sia sempre con noi» e Meroll e Rosanne con me. In Coro, col Coro e per il Coro.

«Oh grandioso Nostro Dio, che la tua Danza Solare si completi. La tua Musica risplenda nella Grande Orchestra del Cosmo. Ti invochiamo con il Rito del Riposo: dirada il Silenzio e accompagna alla salvezza nostra sorella Claudiette, che si è ammutolita nell'attesa del Canto Eterno.»

«Facci cantare, oh Dio Sole.» Ancora, all'unisono.

Alle spalle di Padre Undine, questo il nome del prete, striscia in devoto silenzio Mizar. Non riesco a smettere di guardarlo. Posso giurare di vedere i fili che lo muovono: sono sottili, fatti di una luce tenue. Lo osservo che porge un piccolo forziere con rifiniture dorate al sacerdote. Undine lo apre e ne tira fuori un pileolo a sette spicchi. Lo indossa sul capo. Ed ecco che, sulla mozzetta nera abbottonata al petto, una luce fioca emerge tutt'intorno alla sua persona.

È il Miracolo è presto operato:

Sole nostro Dio, che sei nel Cosmo

sia ammirato il tuo splendore

scenda la tua luce

sia fatta la tua volontà

come sul palco così tra gli spettatori;

donaci oggi la tua musica

e così il tuo Canto;

e non lasciarci in Silenzio

ma dirigi la tua Orchestra.

Facci cantare.

Padre Undine solleva di colpo le mani unite. Sono rivolte al Signore. Dietro di lui, c'è Mizar che agita un incensiere. L'odore pungente e acre mi pizzica il naso. Il fumo dell'olio aromatico si sparge, ci cinge, riempie i nostri polmoni. È tutt'intorno. La testa mi gira per un momento. Oltre la cortina, vedo a malapena il prete che abbassa le mani e, quasi che versasse acqua raccolta, muove la luce verso la fronte di Claudiette.

Non è la prima volta che lo osservo, ma, come tutte le volte che lo faccio, sento un brivido scorrermi lungo la schiena.

L'Emblema del Dio Sole emerge sulla fronte di mia Sorella con un bagliore forte, dorato, e abbacinante. Tremo. Ho una fitta che mi scorre nelle viscere. Serro gli occhi. Cosa c'è di sbagliato in me? Perché l'Emblema divino crea in me repulsione, dolore e sofferenza? Sono costretta a girarmi e mi giro. Ho il freddo che mi cinge le spalle. La fitta sale tra le cosce, conquista lo stomaco, arriva dritta fino al cervello. È come il ciclo, ma peggio. Dura poco, ma lascia un profondo senso di disgusto e fastidio. Riesco a osservare di nuovo Mizar e Padre Undine solo quando la luce è svanita.

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