Chapter 2

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15 ore.

Quasi 15 ore di volo su quel fottutissimo aereo.

Dire che sono esausta non è sufficiente.

*Gentili passeggeri, siamo arrivati a New York. Ora potete abbandonare i vostri posti e scendere. Grazie per aver scelto la nostra compagnia di volo. Arrivederci*

'Ma vaffanculo' penso tra me e me.

Prendo le mie cose e scendo subito dall'aereo.

L'aereoporto è pieno di gente, come sempre.

Gente che parte, gente che arriva.

Recupero le mie valigie e comincio a cercare mio padre con lo sguardo.

Nessuno.

E se si fosse dimenticato di venirmi a prendere?

Oh, non gliel'avrei fatta passare.

Altri 10 minuti.

All'improvviso sento toccarmi da dietro, sulla spalla.

Sobbalzo e mi giro.

È mio padre.

"Dianaa!" dice abbracciandomi.

"Papà!" ricambio l'abbraccio.

Quanto mi mancava.

"Scusami per il ritardo, ma sono rimasto bloccato nel traffico"

"Pensavo che ti eri dimenticato che sarei arrivata oggi"

"No, questo mai"

Intanto prende le mie valigie e mi fa strada per raggiungere la sua auto.

Mette in moto e usciamo dal parcheggio di quel dannato aereoporto.

Il tragitto verso casa dura 20 minuti.

Quei minuti che trascorro sempre guardando fuori al finestrino.

New York, la mia adorata città.

Noto che anche se Natale è già passato da tre settimane, le illuminazioni natalizie ancora non sono state rimosse.

Rendono la città ancora più stupenda di quanto già lo sia.

Ed eccoci arrivati al palazzo in cui abita mio padre.

Dopo essersi separato da mia madre, lui si è trasferito in un appartamentino al ventesimo piano di questa specie di edificio enorme.

Ma quando dico appartamentino, intendo uno di quegli appartamenti lussuosi che si vedono nei film: grande salotto, cucina moderna, stanze fighissime e addirittura una terrazza.

Beh, mio padre se lo può permettere grazie al lavoro che fa.

Ah, ancora non vi ho detto chi è lui?

Lui è Richard Lewis, il famoso regista di fama internazionale.

Dovrei sentirmi fortunata ad essere sua figlia, sì, sono abbastanza orgogliosa di lui, ma è per colpa del suo lavoro che mia madre ha voluto il divorzio.

Beh, indubbiamente un lavoro tale richiede molto impegno e ti tiene molto occupato, ma...boh.

"Diana, ci sei?" mi chiede mio padre, accorgendosi che mi sono persa nei miei pensieri.

"Sì?"

"Dobbiamo salire in casa" afferma.

"Certo, andiamo"

Per fortuna prendiamo l'ascensore perché sicuramente non mi sarebbe piaciuto trasportare due valigie piene di vestiti su per 20 piani, quindi per tipo...50 rampe di scale?

Arriviamo nell'appartamento.

Corro verso il salotto per poi buttarmi a peso morto sul divano.

"Sei stanca?" chiede mio padre.

"Beh, calcolando che ho trascorso 15 ore su un aereo che ha viaggiato da un continente all'altro e in più con un grassone accanto che non smetteva nè di russare nè di scorreggiare...no, non sono stanca..SONO ESAUSTA."

"Ahahahah hai ragione...allora ti conviene andare a riposarti subito se non vuoi letteralmente crollare da un momento all'altro"

"Beh, hai ragione anche tu...vado, notte!"

"Notte! Prendi le tue valigie"

"Sii, notte" dico un po' scocciata.

Vado nella mia camera.

È rimasta esattamente come l'avevo lasciata: letto al centro, armadio bianco alla parete sinistra, scrivania sulla parete opposta, accanto la libreria.

Caccio da una valigia il mio pigiama e lo infilo velocemente.

Poi mi sdraio sotto le coperte calde.

Resto per un paio di minuti ad osservare il soffitto, pensando che questa vita di merda debba ben presto finire.

Alla fine, mi addormento

#SPAZIO AUTRICE

Buonaseraaa (o meglio buonanotte) gentaah!!

Eccomi con il secondo capitolo!

Vorrei tanto che commentiate dicendomi cosa ne pensate, mi aiuterebbe molto :)

Spero che vi piaccia.

Un bacioo

Ale

Does he make you feel alive?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora