Le pietre della città (Norcia 1903-1950)

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LE PIETRE DELLA CITTÀ

(Prima Parte Norcia 1903-1950)

romanzo di Roberto Picchi 

Sinossi.

È Norcia, una piccola città nel cuore dei monti Sibillini, la vera protagonista di questo romanzo. La storia inizia nel 1903 con il viaggio verso il porto di Napoli di numerosi nursini i quali, vendute le loro masserizie, s’imbarcano sul piroscafo Sardegna carico di emigranti alla volta dell’America. L’anno successivo una neonata è abbandonata nella ruota girevole del convento delle suore di Santa Pace e accolta, due anni dopo, nell’orfanotrofio femminile Carlo Renzi. Intorno a questa figura si collegano altre drammatiche vicende, che danno al romanzo una dimensione corale. Con il giubileo del 1950 termina la prima parte della trilogia, quella di cui si dà conto. L’autore, attraverso le storie dei tanti personaggi, la descrizione dei luoghi, le analisi socio economiche delle vicende narrate, riesce a ricostruire la fisionomia di un’epoca, un’indicazione alle nuove generazioni per comprendere meglio il presente.

Sull'Autore

Roberto Picchi è nato a Cagli, cittadina delle Marche. Nel 1953 emigra con la famiglia a Norcia (Umbria). Nei primi anni settanta, per motivi di lavoro, si trasferisce a Pesaro, la provincia d’origine dove attualmente risiede. Laureato in Scienze Politiche è un dirigente in pensione e, tra i suoi hobby, la scrittura occupa un posto di rilievo. Ha scritto, inoltre, Le città del sole, Giochi d'Acqua con lo pseudomino di Redpicchio, presente su questo sito. I suoi lavori possono essere scaricati o acquistati sul sito Lulu.com. 

 1  Il piroscafo Sardegna

Gli agenti delle compagnie di navigazione stavano battendo ogni contrada quell’anno del 1903. Si erano spinti persino nei paesini più sperduti dei monti Sibillini alla ricerca d’aspiranti viaggiatori. Cercavano di convincere la gente ad emigrare, promettendo loro un lavoro sicuro e qualificato di là dell’oceano, la nuova terra promessa, imbarcandosi su un moderno piroscafo, con tutte le comodità del caso. Le fotografie del profilo dello scafo con i possenti fumaioli, i saloni luccicanti per i passeggeri di prima e seconda classe, erano lì a comprovare quanto esatte fossero le loro affermazioni. sapevano che la gente di montagna, per la vita dura che conduceva, era propensa ad ascoltarli, ma prima di prendere una decisione così importante aveva bisogno del consiglio di una persona istruita, che sapesse indirizzarli nel verso giusto. Parlarne con il prete della parrocchia era una mossa così prevedibile che gli agenti l’avevano già messa in conto, pronti a lasciare laute offerte, per sistemare il tetto della chiesa o del campanile, in cambio di una persuasiva opera di convincimento ad acquistare un biglietto di terza classe della loro compagnia. Si contavano, sparpagliati in tutta Italia, ben ventimila Rappresentanti dei vettori, la qualifica professionale introdotta dalla nuova legge che sostituiva quello di Agente d’emigrazione, solo per far dimenticare la triste nomea che il termine evocava, per colpa di loschi individui, che avevano imbastito sulla pelle di persone che sapevano a malapena leggere e scrivere vere e proprie truffe, approfittando della loro buona fede. Nell’albo pretorio del comune di Norcia erano riportate a chiare lettere alcune avvertenze per mettere in guardia chi si apprestava a partire: “L’emigrante, prima di lasciare il proprio paese per andare al porto d’imbarco, deve pretendere che il rappresentante della Società di navigazione (vettore), col quale ha contrattato il prezzo del trasporto, gli rilasci il biglietto d’imbarco. Soltanto allora potrà prepararsi al viaggio e disfarsi delle sue suppellettili. Badi bene l’emigrante a non vendere le proprie masserizie, la casa o il pezzo di terra che egli possiede e a non abbandonare il lavoro, prima di essersi assicurato il biglietto di imbarco per una determinata partenza.”

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