1. Capitolo uno

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Claire's pov

Guardo il mondo dall'alto.

Nessuno osa parlare mentre l'aereo piano piano effettua un decollo perfetto. Nessuno, tranne il bambino dietro di me che trova incredibilmente divertente dare calci al mio schienale.

'Ora mi giro e lo mangio'.

L'aereo ha appena raggiunto la quota di crociera e il sole del tramonto si fa un piccolo spazio tra le poche nuvole dando a tutti quella sensazione di stanchezza e rassegnazione al tempo stesso.

Ogni tanto passa un'hostess con delle coperte ma non disturba mai. Le luci delle città diventano sempre più piccole e impossibili da distinguere.

Poi il buio. Non si vede nient'altro. Appoggio piano la testa al finestrino chiuso e piano caddi in un sonno disturbato dalla mia posizione scomoda e dal bambino che, evidentemente, non ha per niente voglia di addormentarsi.

Non sto esattamente dormendo. Sto come "riposando gli occhi". Sento tutto quello che mi circonda ma non ho la forza di dargli importanza e aprirli.

Non mi va di dormire. Gli occhi mi fanno ancora male stranamente, ormai non piango da settimane, peró è come se mi fossi svuotata. Forse è positivo questo cambiamento, forse mi farà bene. Ma so già che non tornerà mai niente come prima. Rapimento, scomparsa, sequestro di persona. Sembrano parole strane, isolate, sole. Ma sono comunque simili a pugnalate al cuore, lame sottili e affilate. Una lacrima scivola sulla mia guancia sinistra. Pensavo di averle finite ormai. Passo la mano velocemente per cancellarla. Ho solo 12 anni, non sono sicura di farcela da sola.

'Mi manchi mamma'.

***

Sono ancora molto stanca e i piedi mi fanno male con le All-Stars strette e rovinate. Trascino le mie valigie verso la gigantesca auto dell'assistente sociale al quale sono stata affidata. Tutta la mia vita in due valigie e una borsa.

'Bello schifo'.

Un lungo sospiro mi esce dalle labbra, con rassegnazione. Non ho mai conosciuto i miei parenti, per me non ne ho nemmeno uno.

Mia madre mi diceva sempre «Sei tu tutta la mia famiglia» con un'espressione sul viso che chiedeva quasi scusa. Mi ha sempre raccontato che non aveva ne sorelle ne fratelli e che tutti i suoi parenti erano molto vecchi quando si trasferì in California. Da quando mia madre é morta non ho piú nessuno. Aveva ragione: lei era tutto ciò che avevo. Mio padre non l'ho mai conosciuto. Quando iniziavo a parlarne mia madre si ammutoliva e cambiava discorso.

«Sei nervosa Claire?» mi domanda l'assistente sociale. Non mi interessa ricordarne il nome. Non é importante: tra qualche ora gli dovrò dire addio. Accenno un si con la testa senza proferire parola.

Il paesaggio non é male. Sembra una città semplice, quelle che piacciono a me. Gurdo fuori dal finestrino e vedo solo casine e prati, prati, prati. L'auto si ferma improvvisamente davanti alla casa più grande e sfarzosa di tutte. Il giardino sembra che sia stato appena tagliato, le cancellate appena dipinte in oro e la casa appena riaffrescata di un giallo tenue. Suonanto il citofono i cancelli si aprono automaticamente senza che facciano alcun rumore e il vialetto sabbioso per le auto termina davanti ad una fontana. Le gambe un po' mi tremano mentre salgo le scale insieme all'uomo che mi accompagna. Arrivati davanti alla porta mi fa bussare. La signora Mayew ci aprí subiti con un enorme sorriso stampato in volto. Sembra che ci stesse aspettando incollata allo spioncino della porta.

«Tu devi essere Claire» mi dice composta ma entusiasta.

Esitai un attimo per poi allungare la mano destra verso di lei e accenare un «piacere» accompagnato da un timido sorriso.

Entrai in quella casa a dir poco enorme, piena di stanze super moderne e arredate alla perfezione. Ci fece accomodare in salotto dove l'assistente sociale e la mia futura madre adottiva si misero a firmare tutte le carte, i permessi, le delibere e tutti gli altri contratti inutili.

«Bene Claire ...» l'assistente sociale mi guarda come quando si fa andare un uccellino che aveva l'ala rotta. Ecco cosa sono. «...spero che ti troverai bene. Addio»

Detto questo se ne andò, credo per sempre. La signora Mayew chiama la governante e si congeda dicendo che deve mettersi in contatto via skype con il suo ex marito. É un po' strano che non voglia farmi partecipare ma non é un problema per me. A pensarci mi sento un po' come un cagnolino ca compagnia.

Una signora gentile mi accompagna alla mia camera con un sorriso sempre stampato sulle labbra. Come mi aspettai anche la mia stanza era enorme. Mi buttai subito sul letto matrimoniale senza preoccuparmi del fatto che sembrava appena fatto.

Qualcosa di luminoso fuori dalla finestra cattura la mia attenzione. Mi affaccio leggermente cercando di scorgere qualcosa. Dalla mia camera di vede la strada. Un ragazzo alto sullo skate é fermo davanti al nostro cancello fissando la mia finestra. No. Fissando me. Ha il cappuccio sulla testa e non riesco a scorgere il suo viso. Mi pare che stia sorridendo.

Apro di corsa la finestra per vederlo meglio o chiedergli spiegazioni ma lui non c'é già piú.

«Ehi ciao, tu chi sei?» mi alzo di colpo facendo sbattere la testa contro lo stipide superiore della finestra.

Sento una leggera risata e vedo un ragazzo ridere dalla finestra della casa accanto alla "mia".

«Sei proprio un disastro vedo. Io sono Jacke» dice ancora ridendo. É un ragazzo magro e un po' esile, ha i capelli biondi pettinati indietro, dando quell'effetyo di "spazzola-morbida". Non riesco a vedere bene i suoi occhi ma sembrano chiari, probabilmente verdi. Per certi versi é carino.

'Ora mi prende pure in giro?'. Cerco di trattenermi e lascio correre.

«Io sono Claire, mi sono appena trasferita qui». «Sei una parente del sindaco?» la sua voce é calda ma scherzosa.

«Ehm diciamo che sono stata adottata»

«Oh» non sa che dire, nemmeno io lo saprei se fossi nella sua posizione.

«Comunque per qualsiasi cosa sappi che puoi contare su di me» é sincero, o almeno sembra.

Sorrido abbassando la testa, imarazzata. Mi porto una ciocca di capelli dietro l'orecchio, spostandola dal mio viso.

Silenzio. Oddio quanto è imbarazzante.

«Senti... io stavo per guardare un film, vuoi unirti a me?». Bella domanda. Ora che faccio?

«Beh ecco non saprei, dovrei chiedere alla signora Mayew» dissi alquanto imbarazzata. 'Io e le mie solite figure di merda'

«Non preoccuparti, se ti va mia madre e la "tua" sono ottime amiche»

Sorrisi facendo segno con la mano di aspettarmi. Chiudo la finestra e mi dirigo giú dalle scale, in cerca della padrona di casa.

_to be continued_

***

Salve mondo!!!

Prossimo capitolo fra 2 settimane.
Fatemi sapere cosa ne pensate di questo, ci tengo ❤

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