Prologo

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Un tiepido sole pomeridiano inondava di luce il palazzo reale. Nel giardino, tra il gorgoglio allegro delle fontane e il fruscio del vento tra le foglie, si udiva il rapido cozzare di spade di legno.

«Non riesci a fare di meglio?»

Un uomo sulla quarantina, alto e slanciato, allargò le braccia, come a voler aprire le sue difese; con i riccioli scuri mossi appena dalla brezza primaverile, guardava sorridendo il suo sfidante.

Costui era un ragazzino di otto anni appena, dagli stessi riccioli castani, che si massaggiava il gomito arrossato dall'ultimo colpo ricevuto.

«Certo che so fare di meglio. - rispose, risoluto, alzando la spada - Non mi sembrava cortese far sfigurare il Grande Generale di Edra davanti al principe».

L'uomo sorrise.

«Fatti sotto allora».

Il ragazzino non se lo fece ripetere due volte: si lanciò all'attacco, caricando frontalmente; il generale parò il colpo con facilità, ma poi fu costretto a stringere la guardia, bersagliato da tutti i lati dal suo avversario, che gli girava continuamente intorno sfruttando la velocità e la bassa statura.

«Oh, Mordred! Pensi di vincere perché hai un bel po' di centimetri in meno di me?»

«E anche trent'anni in meno, oserei aggiungere, generale».

A parlare era stato il giovane seduto all'ombra di un grande padiglione bianco. Aveva gli occhi verdi, scuri e intensi come due smeraldi, che rendevano ancora più austero il suo nobile profilo, nonostante la linea della bocca indicasse la propensione al sorriso.

«Avete toccato un punto dolente, altezza» concordò l'uomo accanto a lui. Doveva avere anch'egli poco meno di quarant'anni, ma il suo viso aristocratico, glabro e dall'incarnato chiaro, era privo di rughe, tranne per qualcuna intorno agli occhi, due pozze color del mare baciato dal sole. Il terzo spettatore era senza dubbio suo figlio, una perfetta riproduzione in miniatura, salvo per i capelli, che il ragazzino portava corti e sciolti, mentre il padre li

aveva raccolti in una morbida treccia dorata.

«Altezza, vi ricordo che sto combattendo contro mio figlio per voi» gli fece notare il generale con un rapido inchino.

In quel momento il ragazzino lo colpì al fianco e mimò il gesto di trapassarlo da parte a parte.

«Non ti devi distrarre! - lo rimproverò lanciandosi in braccio e facendolo cadere a terra - Me lo ripeti in continuazione! Guarda sempre la spada del tuo avversario, non pensare ad altre cose mentre combatti...» continuò come se stesse recitando una lezione noiosa.

«Hai ragione, tesoro. - disse il generale scompigliando i riccioli di suo figlio e mettendosi a sedere - Hai vinto. Ora puoi affrontare Aslan».

Gli occhi chiari del ragazzino scintillarono di piacere, mentre il principe si alzava.

«Fate attenzione, altezza! È un avversario temibile» gli disse l'uomo affidandogli la sua spada di legno.

«Non preoccupatevi, mio vecchio generale: onorerò la vostra memoria e i vostri insegnamenti» ridacchiò Aslan.

Il generale si avvicinò al padiglione togliendo via la polvere dai calzoni; si affacciò oltre la spalla dell'uomo biondo, appoggiando la testa accanto alla sua.

«Cosa ne pensi?» gli chiese a bassa voce.

«Non sei così vecchio, Julian: - rispose l'altro con una nota di dolcezza - è tuo figlio ad essere bravo».

La sacerdotessa e il guerrieroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora