Sorriso

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«Mi piace il termine «ti ammazzo di baci».

almeno puoi morire con la consapevolezza di aver passato i tuoi ultimi minuti di vita con la persona che ami nel miglior modo possibile.»

Questa frase mi rimbomba in testa tutto il giorno.

Mi fa pensare: troverò anch'io la mia persona speciale? Che mi faccia vivere i più bei momenti della mia esistenza? Lo vedo come se fosse difficile, quasi impossibile.

Io sono una ragazza decisamente timida, non riesco a relazionarmi facilmente con le persone.

Anche se, quando la persona con cui mi confronto fa il primo passo e si dimostra socievole, io do tutto l'amore che ho.

Sono le sette di mattina e non mi sono ancora alzata.

Dovrei andare a lavorare in quello stupido, lurido, lercio baretto da quattro soldi in fondo alla strada, per guadagnarmi da 'vivere'.

In effetti mio padre mi ha lasciato un po' di soldi, ma solo per il cibo.

E visto che sono ancora un'adolescente vorrei il mio denaro da poter spendere in miei sfizi.

Mi devo alzare per forza, anche se controvoglia.

Fisso il soffitto un attimo per rendermi conto di cosa dovevo fare.

Alzo la testa dal cuscino bianco e disfatto, poggio i gomiti sul materasso e sposto il piumone con la mano.

Mi alzo, vado incontro al bagno affianco alla porta della mia camera.

Apro la porta e con gli occhi mezzo chiusi accendo la luce.

Fisso lo specchio davanti a me.

«Anche oggi, bello schifo Shine. Bello schifo come sempre.» penso.

Tiro un sospiro assordante, mi strofino gli occhi con una mano e mi scompiglio i capelli.

Avevo una cera orribile, ma che importa, nessuno mi avrebbe vista oggi.

Nessuno di importante.

Mi lavo e mi vesto.

Prendo le chiavi di casa e esco.

Pioveva. Pioveva un sacco.

E non avevo ancora capito perché non mi portavo uno stupido ombrello appresso.

Arrivo davanti al bar.

Afferro la maniglia e la tiro verso di me, per poter entrare.

C'erano all'incirca 5-6 persone, sedute ai tavoli, davanti al bancone sborsando soldi.

Ciò significava che ero arrivata tardi.

Un'altra volta.

«Menfis!» urla Sten.

Si, Sten, il capo proprietario del bar.

«Sei arrivata un'altra volta in ritardo! Ti potrei licenziare sai?»

Sorrido.

«Sei stupido? Non puoi farlo» apro la porticina del bancone poggiando la borsetta nello scaffale.

«Non mi sfidare ragazzina, stai mettendo a dura prova la mia pazienza» sbraita.

«Si uh, che paura» farfuglio tra me e me.

Sten era un 'amico' di mio padre.

Ha 25 anni.

Non è neanche un brutto ragazzo, ma aveva un carattere orribile. A dir poco.

Chase [Louis Tomlinson]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora