Strappami il cuore.

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CAPITOLO SECONDO: Strappami il cuore.

Blake odiava il suono della sveglia e odiava dover abbandonare il suo amato letto ogni giorno alle sei di mattina. Aprì gli occhi e si girò tra le lenzuola per spegnere quell'odioso aggeggio. Si buttò di nuovo sul materasso e affondò il viso nel cuscino; era ancora troppo esausta per alzarsi. Aveva la strana sensazione dalla sera precedente che tra lei e Klaus qualcosa fosse cambiato, come se una parte della loro amicizia fosse stata intaccata da una nuova minaccia. Certo, i litigi e gli insulti non erano mai mancati nel loro rapporto, ma il modo in cui si erano abbracciati in mezzo la strada, a notte fonda, sotto le luci della città, le aveva fatto serrare la gola e il cuore aveva pompato più veloce di altre volte. Ad un tratto gli occhi glaciali di Klaus erano diventati più azzurri e più belli. Le sua mani delicate e dalle dita sottili, le mani di un artista, avevano attirato l'attenzione di Blake ogni qualvolta Klaus bevesse o gesticolasse durante la cena. Aveva addirittura desiderato disperatamente passare le dita tra i suoi capelli chiari, tirargli indietro i ricci che gli cadevano sulla fronte. Aveva dovuto mordersi le labbra per trattenersi dal farlo. Aveva sempre pensato che Klaus fosse bellissimo, era ovvio pensarlo essendo la sua migliore amica, però le cose erano cambiate. La sola idea della sua voce profonda, dei suoi occhi, del suo modo di muoversi la mandavano in confusione. Si sedette sul bordo del letto e mise a terra i piedi. Allontanò quelle stupide opinioni sul suo migliore amico e andò in cucina a prepararsi un caffè. Sbloccò il cellulare per leggere i due messaggi segnalati dalla vibrazione.
-Perdona Kol per le stupidaggini che ha detto ieri sera. Spero tu non ti sia offesa più del dovuto. (Niklaus).
-Torni in città e non mi chiami? Sei davvero una cattiva ragazza! Domattina ti vengo a trovare in pasticceria. (Josh).
Si era completamente dimenticata di avvisare Josh del tuo ritorno. Era il suo più caro amico dopo Niklaus ed insieme avevano affrontato la morte di Aiden. Blake ricordava ancora quanto fosse stato orribile partecipare al suo funerale, ma doveva stare con Josh e sostenerlo. Si versò il caffè nella tazza e ne bevve un sorso, era dolce e caldo come piaceva a lei. Si affacciò al balcone e poté vedere il sole sorgere appieno. Da casa sua si intravedeva il tetto del palazzo Mikaelson e la grande 'M' in ferro battuto che brillava sul cancello sotto la luce luminosa del giorno. Scrisse velocemente una risposta a Klaus.
-Tranquillo. Non ci penso più. E' solo un ragazzino. (Blake).
Lanciò una rapida occhiata all'orologio del soggiorno e si rese conto di essere in ritardo per la corsa mattutina. Si infilò un paio di pantaloncini neri, una canottiera grigia e indossò le scarpe da ginnastica. Collegò le cuffie al cellulare e, chiusa la porta a chiave, cominciò a passo di corsa verso il parco. Correre era utile per mantenere la forma fisica e per pensare. E lei aveva molto su cui riflettere.

Il pennello stendeva il colore in maniera violenta, come se attraverso esso la frustrazione e la rabbia potessero sparire e perdersi. Niklaus aveva trascorso una nottataccia, tra i sensi di colpa e deliri di onnipotenza. Accadeva spesso che fosse tormentato dai volti di coloro che aveva ucciso, ma al tempo stesso gioiva nel ricordare che era sempre lui ad avere il potere di vita o di morte sugli altri. Sapere di avere il controllo gli regalava una sensazione di potenza che lo rendeva più insolente del solito. Tutti dovevano sottostare al grande Niklaus Mikaelson. Ed era effettivamente così, anche nei confronti della sua famiglia. L'unica persona che non riusciva a dominare era Blake. Era troppo forte per lasciarsi spazzare via da lui. Aveva una tale personalità da scoraggiare qualsiasi tentativo di Klaus di abbattere la sua volontà. Ho un cervello e sono in grado di decidere, gli aveva detto una volta. Blake non si lasciava controllare da nessuno. Era uno spirito libero. Non dipendeva da nessuno e se la cavava sempre da sola. Era proprio la sua indipendenza ad aver attirato l'attenzione di Klaus. Lui doveva sempre proteggere tutti, doveva limitare i danni e tirare fuori la sua famiglia dai guai, ma Blake non era mai stata un peso. Non l'aveva mai salvata da chissà quale nemico, non correva da lui piagnucolando, non si lamentava per la sua cattiva condotta. Blake era la sua unica fonte di riposo. Lei non creava alcun tipo di problema, al contrario lo calmava come nessun altro. La punta del pennello si conficcò nella tela bucandola. Klaus emise un gemito di rabbia. Blake era diventato il suo pensiero fisso da quando era partita per tornare in Inghilterra. Aveva passato l'estate chiuso in casa a bere solo perchè lei non c'era. L'immagine di Blake con l'abito rosso della sera prima gli dava noia. Ripensava alla curva perfetta della sua schiena, ai fianchi avvolti dalla stoffa color sangue, alle sue labbra. Aveva voluto baciarle quelle labbra. Aveva immaginato di poterla stringere a se con passione e malizia e non come una semplice amica. Scaraventò con un braccio i colori e questi colarono sul pavimento, creando un ventaglio variopinto.
"Che succede, fratello? Quale pensiero ti agita a tal punto?"
Elijah era appena entrato nello studio e stava attento a non sporcarsi le scarpe costose. Porse un fazzoletto di seta a suo fratello perchè si togliesse la pittura fresca dalle mani.
"Non ho bisogno della tua analisi psicologica, Elijah. Mi agita il pensiero che quell'essere spregevole di nome Kol stia infestando questa casa con la sua aberrante presenza."
"Ti infastidisce che qualcuno faccia la corte alla tua Blake."
Klaus alzò gli occhi al cielo e mando giù l'ennesimo bicchierino di bourbon.
"Non le stava facendo la corte. La stava trattando come un delle sue solite donnacce."
"Ha forzato la mano, ma non stava facendo nulla che anche tu non abbia fatto." disse Elijah, sereno e risoluto come sempre.
"Come hai ben detto, è la mia Blake. E nessuno la tocca."

Another world || Klaus Mikaelson Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora