CAPITOLO 2

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Quella notte non riuscì a dormire. Un po' a causa di Judith (che aveva il mio numero, e che continuava a scrivermi); un po' perché pensavo ad Abbey. E a Leo. Come mai erano così in confidenza? Sarà il suo fidanzato? Ma sopratutto, chi è Abbey? Mi addormentai con questo interrogativo. Il giorno dopo, tutto sembrava un sogno, un avvenimento surreale. Ma i messaggi di Judith confermavano lei, il suo bacio, il nostro pomeriggio passato insieme. Ma nulla mi dimostrava di aver passato quei pochi minuti in compagnia di Abbey, la ragazza di cui so a stento il nome. -Nat, datti una mossa!- gridò qualcuno dalla cucina. Sbuffai e mi decisi ad alzarmi. Faceva molto freddo, cosa che rese l'operazione molto più complicata. Arrivai in cucina assonnato e sbadigliante. Candice, mia sorella, mi fissava. Lei era già vestita e sistemata, pronta per andar via. -Prenderò il bus senza di te, se non ti dai una mossa-. -Sta calma, okay? E' ancora presto-. Candy roteò gli occhi e si diresse verso la sua camera. Io, tuttavia, dovevo davvero muovermi. Mangiai molto in fretta, mi lavai i denti e mi sistemai i capelli. Quel giorno, avevo voglia di apparire al meglio. I miei capelli castani erano sempre arruffati, e i miei occhi verdi circondati dalle occhiaie. Ma alla fine, c'era un pensiero che mi consolava: Judith. O Abbey. Mi diedi un paio di schiaffi leggeri sul viso. -Dannazione, Nat. Una ragazza ti bacia e tu pensi ad un'altra che probabilmente non vedrai mai più?- mi dissi, guardando il mio riflesso. Risi in modo beffardo. Una felpa, un paio di jeans, sneakers, zaino in spalla e via. Impaziente, Candice mi aspettava alla porta. -Appena in tempo- sussurrò, e aprì la porta. Afferrai le chiavi al volo e la seguì. Candy camminava davanti a me, col suo fare da piccola matricola liceale. Nonostante fosse più piccola di me, aveva un senso della responsabilità innato (e forse si era già notato). Ci fermammo davanti alla fermata, tra una chiacchiera e l'altra. Mancavano 10 minuti, così decisi di stuzzicarla un po'. -Ehi, Candy...- iniziai. -Ti ho già detto di non chiamarmi così- rispose lei, senza staccare gli occhi dalla strada. Stavo per inventarmi qualche scherzo idiota, quando sentì una voce leggermente stridula. Mi girai e vidi Judith dirigersi verso la fermata, con un'altra matricola come lei. I suoi occhi si posarono su mia sorella, e sorrise. Alzò la mano per salutarla. -Candy! Che ci fai qui?- chiese lei. -Oh, Judy! Non dirmi che anche tu...- stava rispondendo Candice, ma ad un tratto Judith posò lo sguardo su di me. Io naturalmente le sorrisi. Cercai di apparire naturale ed abituato a trovarmi in mezzo alle "donne". Così la salutai. Lei sembrò felicissima di ciò, infatti mi abbracciò fortissimo e ricambiò il saluto. Mia sorella ci fissò incredula per qualche secondo. -Vi conoscete?- chiese, dopo essersi schiarita la voce. Judith si staccò:-Sì, lui è il mio ragazzo!-. Quell'affermazione mi sconvolse: pensavo che sarei stato felicissimo, e invece mi sentivo strano, quasi come se questa cosa non fosse dovuta accadere. Mentro pensavo ciò, mia sorella mi fissava. Il suo sguardo chiedeva "é vero?". Io la guardai con uno sguardo che rispondeva affermativamente. Per fortuna il silenzio imbarazzante che si era creato fu interrotto dall'arrivo del pullman, su cui salimmo tutti insieme. Judith si sedette vicino a me, e io le misi un braccio attorno alla spalla. Le chiesi che materie aveva oggi, se avesse studiato. Judith era molto contenta e rispondeva sempre con un enorme sorriso. Mi dissi che dovevo dimenticare l'altra, quella Abbey, perché non l'avrei mai più rivista e perché ora c'era Judith a farmi compagnia. E a me piaceva. Arrivati a scuola, ricevemmo i risultati del compito di matematica (pessimi), e trascorremmo il resto della giornata tra una materia e l'altra. L'ultima ora passò in fretta, e dovetti salutare Judith, che decise di tornare a casa assieme a mia sorella. 

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⏰ Ultimo aggiornamento: Dec 10, 2016 ⏰

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