CAPITOLO 2:BENJAMIN GRAY

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Dall'altro lato della città vi era un piccolo quartiere isolato. Qui viveva la maggior parte della gente meno abbiente, di solito stranieri o drogati. Alle volte vi si trovavano anche disoccupati, vecchi in pensione, come il vecchio Reginald, o giovanotti scappati di casa per sposarsi la prima ragazza incontrata per strada, da cui poi erano stati piantati una volta finiti i soldi dei genitori.
In mezzo a tutte queste persone enarginate dalla società per motivi differenti dalla dannazione vi era anche una dolce famigliola composta da due coniugi e due figli. Il più grande aveva quattordici anni, il giorno dopo avrebbe frequentato per la prima volta il liceo artistico lì vicino e la cosa lo teneva alquanto in ansia. Il suo nome era Benjamin Gray. Piccolo di statura, con occhi verdi intensissimi, quasi fossero di smeraldo, labbra sottili e naso piccolo. I capelli, tenuti rigorosamente lunghi (gli arrivavano circa fin sotto il mento), erano neri come la pece e contrastavano molto con la sua anima pura, un cuore enorme e bianco, che lo rendeva disponibile verso gli altri. Però il ragazzo aveva anche un problema fisico, era nato gobbo e non vi era verso di guarirlo. Alle volte la sorella più piccola, May, dolcissima ragazzina di dodici anni, si domandava perché la natura avesse fatto quello sgarro al fratello; sembrava infatti più preoccupata lei rispetto al fratello, riguardo alla salute di quest'ultimo. Quel giorno il padre di Benjamin lavorava, come sempre del resto. Era impiegato in una fabbrica a venti minuti da casa loro, ma non ricordo cosa producesse. La madre assisteva May mentre ripassava scienze, l'unica materia in cui riscontrava difficoltà. Ben invece era sotto la doccia, per rilassarsi dopo la lunga camminata fatta al mattino con la sorella.

Il rumore dell'acqua calda e il fumo rasserenavano l'ambiente. Gray tirò un sospiro di sollievo. "E domani comincia una nuova avventura..." balbettò mettendosi lo shampoo in testa. "Chissà  che non trovi qualcuno che mi possa apprezzare... Sono stufo di essere visto come un diverso".
Bisogna sapere che Benji era stato preso di mira alle medie da una banda di bulli. Ogni giorno prendeva sia pugni che insulti... E questi ultimi erano sempre i peggiori.
"Hello darkness, my old Friend" intonò con voce angelica. "I've come to talk with you again, because a vision softly creeping left its seeds while I was sleeping, and the vision that was planted in my brain still remains within the Sound..." fece una pausa respirando a pieni polmoni, poi riprese. "...Of Silence"
All'ultima sillaba arrivò un attacco di tosse, simile a quella dei fumatori accaniti che finiscono cinque pacchetti da venti sigarette in mezz'ora.
" Orco Cane... Dovrei smetterla..." borbottò tra sé e sé, uscendo dalla doccia.
Afferrò l'asciugamano e lo portò vicino al viso, su cui lo strofinò, per poi buttare all'indietro i lunghi capelli. Dopo essersi asciugato quasi completamente si infilò mutande e pantaloni, bianchi albume e da ginnastica, molto comodi se si ha intenzione di saltare degli ostacoli durante un inseguimento della polizia, che in quel periodo erano frequenti. Ovviamente Benjamin non era mai stato coinvolto. E anche che fosse accaduto, la sua "disabilità motoria" dovuta alla gobba non gli permetteva di godere al pieno i privilegi della velocità in corsa. E nemmeno quelli della corsa in generale, essendo costretto ad utilizzare le stampelle.
Rimasto a torso nudo di fronte allo specchio, posto a destra della porta color rovere moro, che contrastava con il pavimento di un colore più vivace, simile al legno di ciliegio, ammirò il suo corpo quasi perfetto. Non aveva grandi addominali, ma era esattamente ad una via di mezzo fra il nulla e l'esagerato. I muscoli sulle braccia si vedevano poco, ma la sua forza era notevole, anche se nulla poteva battere quella del suo animo.
Si voltò ad osservare la propria schiena: la colonna vertebrale si intravedeva sotto la pelle, in mezzo alle scapole, che fuoriuscivano dalla schiena, quasi fossero ali. E all' estremità di entrambe vi era un piccolo pallino bianco.
"La palestra ha dato i suoi frutti, devo dire" pronunciò una voce proveniente dalla porta, una voce femminile e dolce, la voce di una madre affettuosa che si preoccupa per il figlio disabile.
"Mamma... Perché non hai bussato?"
"Perché pensavo tu avessi già finito da mezz'ora, Benji... "
Disse quella con tono imbarazzato, grattandosi la nuca.
"va beh tanto ho finito... Ma la prossima volta bussa, che potrei essere qui nudo... "
"certo Ben..." disse la signora Gray.
Benjamin afferrò i vestiti e si apprestò ad uscire dal piccolo locale, ma quando fu sulla soglia la madre lo fermò per chiedergli di aiutare May in scienze. Benji annuí sorridendo ed, afferrate le stampelle, andò dalla sorella che studiava in cucina.

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