[Prequel] Capitolo 4: Max Verstappen

68 12 27
                                    

Io ero un bambino sbagliato.
Ero sempre e solo stato sbagliato.
Tutti giudicavano il mio carattere, dicevano che sputavo insulti senza badare a conseguenze.
Ero intelligente però, più di tutti gli altri, e questo io lo sapevo ma non lo dicevo mai.
Odiavo chi si vantava, odiavo un po' tutti.
Insomma, erano tutti amici amici fino a quando andava tutto bene, un po' meno quando avevi bisogno di loro, e sparivano quando cadevi.
Io avevo imparato a non cadere, io buttavo per terra gli altri.
D'altronde, tutti hanno una storia, la loro guerra, le loro ferite e le loro cure.
Tutti hanno un passato, un qualcosa in cui credere, qualche idea.
Credere nel nulla é essenzialmente stupido, non si può pensare ad una vita senza aver pensato al proprio futuro.
È strano a dirsi, e forse non molti ci crederanno, ma io, io ho vissuto due volte.
La prima vita è stata davvero complicata, forse la vita non era fatta per me.
All'apparenza era tutto così facile, bisognava solo andare a scuola, fare il proprio dovere e poi ricominciare ancora.
Ma mentre facevo tutto ciò, avevo bisogno di vivere eppure non lo stavo facendo.
Ero solo, incredibilmente solo e diverso da tutti.
Mi odiavo e odiavo gli altri perché non capivano, credevano di sapere ma erano uno più ignorante dell'altro.
Io ero eccellente e tutti per questo credevano che io fossi felice, ma chi lo ha mai detto che i risultati siano felicità?
Il mio era un dovere, non un piacere.
Ma era l'unica cosa che mi riusciva bene, e si, io ero migliore degli altri e lo sapevo di esserlo, ma non lo dicevo mai.
Dicevo molte cose, ma non tutto.
Parlavo di superficialità, ne avrei parlato per ore ma dei miei discorsi non potevi mai capire ciò che fossi veramente.
Nessuno mi conosceva, non avevo nessuno.
Non volevo neanche che qualcuno mi conoscesse, avevo solo bisogno di parlare con qualcuno, ma senza che questo però mi ascoltasse.
Magari un parere ogni tanto mi avrebbe fatto diventare migliore, o forse no.
Fatto sta che io ero così, e poi mi ritrovai morto sul ciglio della strada.
Vidi una luce, poi il buio, e poi un'altra luce ancora.
Stavo nascendo ancora?
Speravo di no.
E invece, mi ritrovai a dover vivere una seconda volta. Avrei pregato il signore di farmi morire, ma la cosa sembrava alquanto incoerente dato che la vita me l'aveva donata lui.
Ma perché io ricordavo ancora la mia vita precedente? Non sarei dovuto andare in quel posto magnifico di cui tutti parlavano?
Il paradiso? Dov'era finito?
Mi avevano detto che ci sarei andato se mi fossi comportato bene.
Ma il Signore non mi ha neanche spedito all'inferno. Io qui che ci faccio?
Allora capii, mi aveva dato una seconda chance. Potevo essere migliore, ma evidentemente non ero destinato ad esserlo.
I miei genitori mi abbandonarono appena mi videro, e questa banda di psicopatici mi accolse a braccia aperte.
Forse proprio perché ero diverso, e loro anche.
Crebbi con Button come padre e Sebastian come fratello.
Era una bella famiglia la mia, ma l'odio che provavo verso tutti mi portava a non dimostrarlo mai.
La gente pensava che fossi un robot programmato, niente cuore e niente sentimenti.
Forse avevano anche ragione, il freddo della mia pelle gelida faceva capire che neanche la fiamma più potente avrebbe potuto riscaldarmi.
Avevo creato una corazza, guardando gli altri e credendo che la felicità non esistesse.
Si, mi piaceva guardare i volti delle persone, vedere quanto credessero alla gioia e poi vederli accartocciarsi su se stessi quando il loro mondo andava a pezzi.
Gli sguardi della gente mi mettevano ansia, così non uscii più di casa.
Non ho mai ucciso nessuno, tranne me stesso.
Massa mi ha sempre difeso, in ogni situazione. Diceva che io non dovevo per forza essere un assassino, bastava essere psicopatico, ed io sapevo di esserlo.
A loro bastava questo, mi accettavano ed io gliene ero grato.
Ma quando Fernando sparò alla moglie di Sebastian, allora li capii che ciò che credevo giusto era sbagliato.
Non ero mai stato in grado di riconoscere il bene dal male, per me era tutto lineare, uguale, senza distinzioni.
Semplicemente non m'importava, facevo ciò che mi chiedevano e basta.

Sono scappato, per il bosco, ho corso più che potevo. Sebastian è morto, si è ucciso, e Fernando è in carcere.
Non riconosco più il mio mondo, non trovo un posto per me.
Resterò qui, nell'oscurità, ad aspettare la mia fine.

Qualcuno mi tocca la spalla, forse è Jenson che mi ha trovato.
Mi volto di scatto.
No, non è lui.
È una dolce e piccola bambina, di 6 anni.
Ha due occhi azzurri quasi fossero due cristalli, i capelli biondi raccolti in due graziosi codini ed un nasino all'insù nel suo pallido viso bianco.
Non scappa e non ha paura di me, anzi, mi tira una manica e mi abbraccia.

<<Ho paura>> dice con una leggera e sottile vocina.

<<Di me?>> chiedo triste.

<<No, la mia sorella è intrappolata in un cespuglio e c'è del sangue sulle sue braccia>> le scende qualche lacrima.

<<Mi voleva aiutare, io stavo inseguendo una farfalla e stavo per cadere, ma mi ha spostata e poi lei è caduta>> continua la bambina.

<<Dimmi dov'è>> chiedo.

E poi la vedo, quella bellissima ragazza che sembra dormire sul tronco di un albero.
Ha il piede in una trappola per orsi, ma per fortuna dei rami hanno allentato la presa.
Le ferite sono superficiali ma il sangue è molto.
Allontano la bambina ma lei non vuole lasciarmi la mano.

<<Ei, guardami negli occhi, andrà tutto bene. Qual'è il tuo nome?>> dico tranquillizzandola.

<<Carola, mi chiamo carola>> risponde la bambina incerta.

<<Bene Carola, adesso aiuterò tua sorella e poi la cureremo insieme, ti va?>> le accarezzai il volto.

Lei annuendo col visino sporco si spostò dietro di me.
Riesco a liberare sua sorella, poi, mi indicano la via per tornare a casa.
Porto la ragazza mora in braccio, non in grado di camminare, le medico le ferite una volta giunti a casa e loro e mi dirigo verso la porta.
Subito Eleonor mi ferma, e decisa mi prende il volto tra le mani.

<<Cosa fai?>> domando.

<<Vivo.>>

L'attimo seguente le mie labbra sono sulle mie, sono soffici e calde. Le sue mani mi percorrono la schiena, e mi sfilano la maglia.

<<Bleh!>> esclama la bambina.

<<Carola se dici qualcosa a mamma ti ammazzo>> dice Eleonor.

<<Tanto la mamma non c'è, e neanche il papà. Lo sai, sono andati via e non torneranno>> dice Carola triste.

<<Ragazzo, ti prenderai cura tu di me e mia sorella?>> continua guardandomi coi suoi occhioni.

<<Scusala. Non ascoltarla è piccola e stupida, non ci conosciamo neanche, avrai già tanti problemi e una tua famiglia a cui badare.>> dice imbarazzata Eleonor.

<<Resterò qua fino alla fine dei miei giorni, se tua sorella Eleonor vuole.>> dico abbassandomi per guardare Carola.

<<Ma che fai?>> dice stupita Eleonor guardandomi.

<<Vivo.>> rispondo.

Spazio Autrice:
Inutile dire che mi ero dimenticata di questo capitolo, però va beh. Oggi sto aggiornando tutto, sono in vena (forse perché dovrei studiare ma non lo sto facendo ahhah).
Va bene dai, spero che vi sia piaciuto.
Eleonor~Comparedtoyou
Bacioni.

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Dec 11, 2016 ⏰

Aggiungi questa storia alla tua Biblioteca per ricevere una notifica quando verrà pubblicata la prossima parte!

Mental PsychoPaths .2||F1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora