Capitolo 3.

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Mi sedetti sulla radice di un albero non lontano dal luogo dell'incidente, tirando un lungo sospiro addolorato.
Mi portai le ginocchia al petto, cercando di non pensare a nulla, o per lo meno, di non pensare a ciò che era appena successo, sebbene fosse impossibile.
Non provavo dolore; non provavo niente. Ma non era come quelle volte in cui stavo così male che era come se tutte le emozioni si annullassero, non avevo la più pallida idea di cosa fosse successo, non sentivo niente, era come se qualcosa mi avesse trapassato il cuore e avesse messo a tacere i miei sentimenti. Non lo so, era tutto così maledettamente strano che mi stavo spaventando. Mi sentivo vuota, era come se la mia anima fosse uscita dal mio corpo e continuavo a vedere il mondo correre e io ferma, immobile e completamente invisibile. Adesso, invece, lo ero. Ero invisibile, ma esattamente cosa ero?
Un fantasma? Impossibile, pensai. Non avevo mai creduto nei fantasmi, nemmeno quando ero solo una bambina.
Alzai gli occhi al cielo. Lo facevo spesso quando mi veniva da piangere, ma ora non usciva neanche una lacrima dai miei occhi. Erano perfettamente asciutti e, non avevo neanche la sensazione in gola che di solito sale quando stai per scoppiare a piangere.
Scorsi dei rami sopra di me muoversi, ma non sentii la brezza fredda battere sulla mia pelle, come invece di solito succedeva. Non sentivo niente, né emotivamente né fisicamente. Era come se avessi un'anestesia che comprendeva tutto, mente e corpo, e ciò era frustrante.
Chiusi gli occhi e strinsi i denti. Pensai che magari fosse tutto solo un brutto sogno. Sentii un fruscio, come quando gli uccelli spiegano le ali e spiccano il volo. Quando li riaprii, vidi un ragazzo in piedi, davanti a me.
I suoi capelli erano ricci e portati in modo piuttosto scomposto, di un castano scuro. Alcuni ciuffi ricadevano sulla sua fronte e gli incorniciavano perfettamente il viso ovale dai lineamenti fini e poco marcati. I suoi occhi erano dello stesso colore del cioccolato, sembravano vivaci ed espressivi. Le sue guance erano leggermente rosate e le labbra erano proporzionate.
Non era molto alto, ma la stazza era compensata da una buona muscolatura e aveva indosso una maglietta bianca semi aderente e dei jeans neri.
Sembrava tutto normale, fino a quando mi porse la mano, affinché mi alzassi in piedi.
«T-tu mi vedi?» Balbettai incredula.
«Immagino che non ti starei porgendo la mano se non ti vedessi.» La afferrai e mi tirai su, spazzolandomi i jeans con i palmi delle mani.
«Dannazione, avevo detto ad Angus di aspettare.» Si guardò intorno spaesato.
«Angus?» Ripetei scioccata.
«Giusto per sapere... In quale padiglione siamo?» Domandò, incrociando il mio sguardo.
«Padiglione? Siamo in Canada Settentrionale.» Risposi. Stavo iniziando a spaventarmi; o era fatto o quel ragazzo aveva davvero tanti problemi. Ed era il solo che riuscisse a vedermi.
«Oh, per tutte le aureole, ora capisco. Mi dispiace...» Mormorò poi, facendo un passo verso di me.
«Bradley.» Mi porse la mano. «Facciamo una passeggiata, adesso ti spiego tutto.» Continuò.
Fantastico, pensai. Ora il pazzo mi avrebbe portata nel bel mezzo del bosco di notte. Peggio di così non poteva andare.
Annuii e lo seguii.
«Io sono Grace, comunque.» Abbozzai un sorriso, cercando di apparire il più naturale possibile.
«Sì, lo so. E sei anche morta.» Disse lui poi, tutto d'un fiato. «So che è brutto da dire, ma è così e non volevo fare troppi giri di parole. Mi dispiace.»
«Lo so.» Sospirai, abbassando lo sguardo.
Ma se io ero morta, lui chi era?
«Come lo sai?» Chiese.
«Non sono stupida.» Corrucciai le sopracciglia, fulminandolo con lo sguardo.
«In ogni caso, io so chi sei perché sono un angelo, una sotto specie di angelo custode. Ogni angelo viene assegnato ad un neonato, ma non fa mai veramente niente fino al momento in cui muore.» Spiegò.
Lo guardai storto. Non sapevo se credergli o no. Stavo sicuramente sognando!
«Oh, figo. Quindi sono un angelo anch'io?» Domandai divertita, pensando fosse uno scherzo.
«No. È come se il tuo corpo fosse qui, ma non del tutto. Sei come un corpo incorporeo.» Continuò.
«Ma non ha senso.» Constatai.
«Nulla lo ha. Comunque ti devo condurre ai piani alti.» Abbozzò un sorrisetto e mi accorsi di quanto fossero perfetti i suoi denti.
«I piani alti?» Ripetei, alzando un sopracciglio e assumendo un'espressione interrogativa.
«Il paradiso.»
«Perché non posso sentire niente?» Domandai poi.
«All'inizio è così per tutti, ma poi passa. Pian piano, torni a sentire, tutto quanto. Altrimenti, se sentissi tutto in una volta sarebbe troppo, non credi?» Mi guardò con espressione seria.
«Comunque no.» Ammiccai.
«Cosa?» Chiese.
«Voglio rimanere ancora un po' qua, se è possibile.» Mormorai, abbassando lo sguardo.
«Va bene. Ma c'è un limite di tempo.» Affermò.
Non osai chiedere quanto fosse, quindi rimasi in silenzio.
Non ero pronta per tutto questo, ma almeno non ero sola.

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⏰ Last updated: Dec 12, 2016 ⏰

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Heaven;  Bradley SimpsonWhere stories live. Discover now