Sfoggero il mio sorriso migliore

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"Cosa farai Emily?" chiese, con voce bassa e roca, rivestendosi. Non ebbi il coraggio di voltarmi, di guardarlo negli occhi senza provare per l'ennesima il senso di abbandono che provavo ogni volta che se ne andava.
"Camminerò per le strade e sfoggerò il mio sorriso migliore, come sempre Harry" risposi con voce flebile.
Ventidue anni persi, ventidue anni sprecati dietro a persone sbagliate, situazioni sbagliate. Forse ero io quella sbagliata, forse ero io che semplicemente non riuscivo a trovare un modo per restare in sintonia con il resto di tutti gli esseri umani.
Sentii la cerneria dei pantaloni di Harry richiudersi, il rumore metallico della cinta mentre la richiudeva, il fruscio della t-shirt blu notte che ricopriva la sua pelle candida e che avvolgeva il suo torace.
Se ne sarebbe andato di nuovo, non ce n'era il minimo dubbio. Ero in piedi vicino alla finestra, il caldo soffocante di quel mese d'agosto era insopportabile, la luce filtrava dalle piccole fessure delle tapparelle chiuse, il trambusto della città frenetica sotto di noi giungeva soffocato fin lì, al quindicesimo piano.
Portai una mano sulle mie labbra, sfiorandole con la punta delle dita. Sembrava quasi che l'odore di Harry fosse intrappolato tra le increspature della mia bocca, quasi come se il suo odore fosse rimasto impresso nella mia pelle, nei miei capelli, tra le mie dita e sul mio corpo. Il mio corpo era nascosto solo da una striminzita vestaglia rosa pallido. Sentii una manica scivolare giù lungo la mia spalla. Non ebbi nemmeno il tempo necessario per tirarla su, che Harry fu alle mie spalle, prendendosi la briga di ricoprire lentamente la mia pelle nuda, sfiorando la clavicola con le dita lunghe e pallide.
"Te ne andrai.. ancora?" riuscii a chiedere, cercando di scacciare via il groppo che sentivo in gola.
"Certo che me ne andrò" rispose, stringendomi i fianchi da dietro. Senza rendermene conto, il pianto che minacciava di sfogarsi da un momento all'altro trovò una via di fuga fuori dai miei occhi, lungo le mie guance e giù, lungo il collo. Erano calde, amare e ognuna sembrava bruciare e lasciare un solco incadescente sulla mia pelle.
Harry si rese conto che stavo piangendo soltanto quando nascondere i singhiozzi fu impossibile. Avrei cercato di celare quel pianto finché non avesse messo piede fuori dal mio appartamento, ma era stato più forte di me. Harry si irrigidì, mollò la presa e mi afferrò per le spalle, facendomi voltare.
"Credevi sul serio che sarei rimasto stavolta?" domandò, pronunciando quella parola come se fosse stata una parolaccia. Non risposi, distolsi lo sguardo dai suoi magnetici e singolari occhi azzurri. Per risposta ottenni la sua risata cristallina.
"Emily, andiamo! Credevi che qualcosa fosse cambiato? Mi dispiace, questo è solo un divertimento, un passatempo per me.. Be', del resto lo è anche per te, non è così?" chiese, cercando di non scoppiare a ridere nuovamente.
"Guarda che so tutto" dissi.
Il suo sguardò cambiò, si incupì. "Cosa sai?" domandò, il tono di voce ridotto talmente tanto da somigliare ad un ringhio.
"So che sei fidanzato, so che stai per sposarti e che le nozze sono imminenti. So tutto Harry, basta con tutte queste menzogne, basta con questa nostra assurda relazione! Sono la terza di troppo, quella che verrà abbandonata per una sposina cara e premurosa" sbottai, scrollandomi le sue mani di dosso. Restò immobile a fissarmi, gli occhi ridotti a due fessure.
"Sei andata in giro a curiosare" sibilò.
"Non ce la facevo più" replicai.
"Sei andata in giro a farti i fatti miei" disse, minaccioso come un temporale estivo, come se le mie parole si fossero disperse nel vento.
"Tu mi usi Harry! Mi usi e basta. Io sono stufa di essere il tuo giocattolino. Io sono una persona, una persona come te che merita di vivere come tutte le altre persone, non ai servigi di un ragazzo completamente folle" ribattei. Mi afferrò i polsi, stringendoli e avvolgendoli sempre di più con le sue dita dalla presa di ferro.
"Ti avevo chiaramente proibito di farti i cazzi miei e tu non mi hai dato ascolto?" urlò rabbioso, strattonandomi come se fossi stata una bambola.
"Lasciami, mi fai male.." mormorai, mentre il suo sguardo spiritato mi fissava come se avesse voluto trafiggermi con una sola occhiata.
"Rispondi!" urlò, ancora più rabbioso.
"Ti amo Harry, volevo sapere la verità.." sussurrai, scivolando a terra sulle mie ginocchia, mentre le sue mani mi tenevano ancora per i polsi. Alcune ciocche di capelli mi caddero davanti al viso, coprendolo dalla luce. Fissavo le lacrime cadere zampillanti sul parquet scuro, ruvido e consumato della camera. Consumato dalle suole delle costose scarpe di Harry, che era andato e venuto a suo piacimento nel piccolo appartamento a qualsiasi ora lui avesse voluto negli ultimi due anni. Una relazione basata quasi completamente sul sesso.
"Mi ami?" sputò quelle parole. "L'amore non esiste" continuò.
"Allora cos'è che sento io quando ti vedo apparire sulla soglia della porta?" domandai. "Cos'è che sento quando sorridi? Quando mi abbracci da dietro e restiamo così per ore intere, senza il bisogno di dire una parola?" dissi. Mollò i miei polsi e continuò ad osservarmi impassibile. Notai qualcosa nei suoi occhi, qualcosa che continuò a celare finché non uscì dalla stanza dirigendosi a passo spedito verso il portone.
Mi guardò un'ultima volta, prima di sbattere dietro di sè la porta.
Sola, ero di nuovo sola.




Harry.


Prendo il mio iPhone e digito velocemente su Google 'definizione per la parola amore'.

"L'amore è un sentimento intenso e profondo di affetto, simpatia ed adesione, rivolto verso una persona, un animale, un oggetto o verso un concetto, un ideale. Oppure, può venire definito sotto un altro punto di vista (scientifico), un impulso dei nostri sensi che ci spinge verso una determinata persona."

Grazie Wikipedia.
Sospiro rumorosamente mentre attraverso la città con passo lento, godendomi quel brevissimo venticello fresco che comincia a diradarsi per le strade. Fa troppo caldo per essere agosto, troppo.
Vado a sbattere contro qualcuno, ma non mi volto nemmeno a guardare chi sia. Continuo a camminare dritto per la mia strada, seguendo i miei passi, muovendomi lento come un felino e silenzioso come un fantasma tra la gente che brulica qua e là affrettata. Il cellulare comincia a squillare nella tasca dei jeans, lo tiro fuori velocemente e leggo il nome di Lauren occupare lo schermo.

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