Higanbana / Winter (II).

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"Tu sai cosa vuol dire amare qualcuno?"Quell'istante rapido e indelebile non sarebbe mai dovuto esistere

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"Tu sai cosa vuol dire amare qualcuno?"
Quell'istante rapido e indelebile non sarebbe mai dovuto esistere.

Mirare il proprio riflesso allo specchio per cogliere un'immagine che capitolava nella convergenza di lineamenti via via sempre più affini a una completa femminilità non era mai riuscito a farle apprezzare da un punto di vista estetico quella fisicità che incespicava fra i lacci delle scarpe da ginnastica.
Semplicemente, non le si era presentata l'occasione di vivere un divario che la mettesse di fronte a un modo di essere opposto al suo, forte di un ordine simmetrico che tutto pareva calcolare secondo uno schema predefinito.
Poteva immaginarlo lì e subito il ragazzo che governava un impero con i gomiti puntati al tavolo e gli occhiali dalla montatura scarlatta ben inforcati sul viso, compararlo alla grettezza che la diversificava dalle mani affusolate sopra cui poggiava il mento quando elevava il suo interesse a un livello ancor più severo. L'eleganza accompagnava ogni gestualità di Reiji Akaba infiltrandosi perfino nelle cuciture della sciarpa carmina che ne adornava il collo.
Onestamente, cosa aveva lei, una testolina di pomodoro, di tanto speciale da attirare l'attenzione di una persona che poteva riuscire in tutto ciò che si cimentava? Davvero, non lo capiva...
Eppure le evidenti discrepanze non erano state sufficienti a omettere l'innegabile sintonia creatasi, sfacciatamente scontata nella lucida evidenza rafforzatasi nei giorni che andarono a compattarsi in mesi, in un crescente che culminò in un bacio sotto il tiepido sciogliersi dell'ultima neve.

Le labbra di Yuya sapevano di fresco, una squisita morbidezza dall'invitante color ciliegia rassomigliante dei piccoli petali tumidi.
Le mani scorrono lungo il viso, lasciando che i pollici premano delicatamente sugli zigomi.
E' l'implodere di una moltitudine di sensazioni contrapposte che arroventano le dita mentre risalgono sotto la nuca e le spalle di lei si stringono, tentando di ritrarsi d'innanzi alla decisa luce sigillata nel gelo che ottenebra le ametiste fisse sulla sua figura.
Vibrano di un tepore spento, pallido, dove il sangue scorre in reticolati venosi impervi, saldi al pari del tronco nodoso degli alberi che a contatto con la brina rilucono di diamanti.

Nella mente, l'astruso desiderio di un contatto mascherato dalla costante inespressività fece infine capolino con un rosso acceso che fluì placido nello snodarsi di un unico sentimento in tanti viticci.
Rosso come gli occhi di Yuya, brillanti e vividi, come i suoi capelli, o ancora quegli Higanbana che accompagnavano le sue preghiere, il cuore caldo di assurda leggibilità e per questo capace di attirarlo verso un'umanità che non poteva replicare artificialmente, ma solo sperare di ricevere.
Quello stesso rosso che era il colore della sua anima imperitura, che quasi obbligava a un'indiscrezione impudente per poterla ammirare da tutte le prospettive inimmaginabili.
Quello stesso rosso di cui si gonfiavano le labbra carnose tutte le volte che la toccava, bruciando il buio silenzioso di suoni gutturali che singhiozzavano flebili fra le luci arcobaleno della città risplendente sotto il suo ufficio.

Quello stesso rosso che vomita vermiglio sul pavimento in un giorno qualunque e la costringe a carponi.   

Yu gi oh Arc V. Higanbana.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora