Tentano di rapirmi e finisco in uno specchio

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Non so per quanto tempo rimango immobile rannicchiata sull'asfalto: ringrazio solamente il fatto che a quest'ora il piazzale della mia scuola sia completamente deserto e che nessuno mi possa vedere in questo stato. Io odio piangere di fronte ad altri, nessuno ha mai visto il mio lato debole: è una parte che tendo a mantenere per me, la conoscono solamente Sarah, i miei genitori e mio fratello. Non appena la mia mente riesce a concludere questo semplice pensiero logico balzo in piedi asciugandomi in fretta le lacrime con la manica della felpa. Sarà lui a venirmi a prendere e non voglio che mi veda così: si preoccuperebbe molto più di quanto già non sia ed io non voglio che lo faccia, non se lo merita. Quindi quando Mattia arriva io sono in piedi con un bel sorriso stampato in faccia, gli occhi asciutti e il viso senza tracce di pianto.

- Allora Cass com'è andata la prima seduta? Che cosa ha detto lo psicologo? - chiede mio fratello aprendomi la portiera del passeggero.

- Tutto sommato piuttosto bene - rispondo accomodandomi sul sedile nero e venendo avvolta dal penetrante profumo di pino del deodorante per auto, marca Abré Magique, attaccato allo specchietto retrovisore.

Mio fratello mette in moto la macchina senza fare altri commenti, ma durante il viaggio noto che c'è qualcosa che non va: rimane curiosamente in silenzio, cosa abbastanza strana per lui, non mi racconta niente della sua giornata e non mi chiede niente della mia, cosa anche questa piuttosto strana. Parcheggia nel vialette davanti casa ed insieme entriamo in casa, che ovviamente è vuota, dato che i nostri genitori a quest'ora sono entrambi a lavoro.

- Cassandra - mi chiama mio fratello prima che io possa dirigermi nella mia camera - Vieni un attimo in cucina, dobbiamo parlare -.

- Va bene - rispondo seguendolo con un sorriso.

La nostra cucina è piuttosto piccola: c'è giusto lo spazio per i pensili, il frigorifero, un tavolo rotondo in legno scuro su cui si trova sempre la tovaglia ad uncinetto che la nonna ha regalato a mia madre per il suo matrimonio e quattro sedie anch'esse in legno. Non è il luogo più spazioso della casa, però è sicuramente il più accogliente proprio per la mancanza di spazio: è il luogo dove ogni sera ci ritroviamo come famiglia, dove stiamo tutti insieme e lo sfondo della maggior parte dei miei ricordi felici.

- Siediti - afferma mio fratello accomodandosi sulla sedia a capotavola: il posto a cui di solito si siede nostro padre.

- Si può sapere cosa c'è? - chiedo, sedendomi sulla sedia alla sua destra.

- Cassandra com'è andata veramente la tua seduta di terapia? - domanda mio fratello fissandomi dritta negli occhi - E non dirmi che è andato tutto bene, quando sai benissimo che non è vero. Quel sorriso che indossi, può ingannare gli altri ma non me sorellina, si vede da lontano un miglio che è falso. Quindi adesso smettila, per favore e dimmi la verità -.


Rimango in silenzio per alcuni secondi prima di lasciar perdere con la facciata da dura: è pur sempre mio fratello si merita una spiegazione.

- A dire la verità non molto bene, o per meglio dire andava tutto benissimo finché non ha tentato di toccare la mia cicatrice e lo specchio alle mie spalle non è andato in mille pezzi - rispondo guardandolo a mia volta negli occhi.

- Come mai gli hai mostrato quella cicatrice? - chiede Mattia scettico - Sei sempre molto restia a parlarne con chiunque, persino con me -.

- Mi ha chiesto da quando mosto i sintomi della catoptrofobia e quando gli ho raccontato di come a mio parere era cominciato tutto ha chiesto di vederla - rispondo con un sospiro - Ero convinta che mi avrebbe aiutato, ed invece è capitato esattamente l'opposto -.

- Va bene - afferma Mattia alzandosi con un sorriso - Solo la prossima volta, non nascondermi niente per favore: con me non devi mostrarti indistruttibile e lo sai benissimo -.

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