Capitolo 3

54 5 5
                                    

Freddo.
L'unica cosa che percepisco è l'aria gelida che sferza sul mio viso come piccole lame ghiacciate.
Ero talmente di fretta da essermi dimenticata di mettere una sciarpa, oltre a non aver preso le chiavi di casa.
Nella stagione invernale della Pennsylvania la temperatura media è al di sotto dello zero, e stamattina avevo deciso di andare a scuola in sella alla mia vecchia bicicletta.

Nell'arco di tempo tra lo svegliarmi e il tornare a casa da scuola, la mia facoltà mentale è pari a zero e pedalare alle otto di mattina consiste, per me, un potenziale pericolo.
Le macchine sfrecciano sull'asfalto liscio e ghiacciato. In questa zona della città non ci sono piste ciclabili o marciapiedi e l'unica soluzione è pedalare sul bordo della carreggiata, dove sassi e ghiaino presenziano ricordandomi crudelmente quanto usurata sia il sellino della bicicletta.

Invidio chiunque sia al volante di quelle vetture perchè possono andare più veloci schiacciando col piede sull'acceleratore, mentre io fatico ottenendo scarsi risultati.

Arrivo alla Union High School con ben venti minuti di ritardo, ventiquattro, contando il tempo che impiegherò per arrivare al secondo edificio della scuola. Abbandono in fretta la bici di fianco alle altre e corro dentro alla struttura cercando di dare nell'occhio il meno possibile.
La fortuna sembra non essere dalla mia parte quando scorgo la preside uscire dal suo ufficio e recarsi nella mia direzione con espressione seccata.
Mi nascondo in uno stanzino del lungo corridoio ma la vedo scoccarmi un'occhiataccia e capisco che mi ha beccata.
Con l'unghia laccata di bianco del suo indice cicciotto si gratta il grosso naso rosso per poi indicarmi e farmi segno di seguirla mentre entra nuovamente all'interno del suo ufficio.

La stanza è relativamente piccola e tutto sembra disposto senza un ordine apparente. La scrivania in legno laccato di giallo troneggia fra librerie di betulla bianca e sedie con grossi cuscini a scacchi viola e verdi.

Tutto molto coordinato direi.

La sua poltrona rossa di pelle scricchiola sotto l'eccessivo peso della preside Evans mentre mi siedo su una delle due sedie dall'altro lato della grande scrivania.
Si schiarisce la voce molto teatralmente e inizia la paternale degna di Oscar nella quale non fa che ripetere quanto sia importante arrivare in orario.
Alla fine del discorso, che ho ascoltato a tratti, ho il viso pieno di sputacchi provenienti dalla preside. Passo una mano coperta dalla manica della felpa sulla faccia asciugandomi il più possibile.
Mi fissa per un attimo con aria soddisfatta per poi parlare con un tono falsamente dolce. 《Hel cara, mi hanno chiamata i tuoi genitori poco fa per avvisarmi del tuo imminente cambio di scuola. Spero non ti dispiaccia se tu saluto ora come si deve》
Sono molto confusa perché nessuno dei miei genitori aveva accennato ad un'altra scuola, nemmeno ad un trasferimento. Scrollo le spalle e guardo la signora Evans con uno sguardo pieno di domande. In tutta risposta lei risponde alla mia muta domanda con un boh.

《Mi dispiace doverti lasciare così cara, ma ho un appuntamento a breve. Se vuoi scusarmi》dice mentre allontana la tastiera del pc in un angolo della scrivania.
Credo di avere un'espressione disgustata perchè sbuffa sonoramente prima di alzarsi dalla grande poltrona. Non faccio a meno di notare che la gonna del tailleur rosa pallido che indossa si è rotta fino a metà coscia, lasciando trasparire le gambe schifosamente non depilate coperte minimamente dalle calze autoreggenti color carne.
Mi alzo controvoglia e liscio frettolosamente le pieghe della felpa prima di avvicinarmi alla preside.
Fa un passo e il rumore di tessuto strappato si diffonde nella stanza.
Le sue gote paffute già rosse di loro assumono un colorito simile al viola e dalla fronte iniziano a comparire alcune gocce di sudore.
Allunga le braccia e mi prende per le spalle avvicinandomi a lei finchè non sono abbastanza vicina da baciarmi le guance.
Le labbra dipinte di rosso schioccano sul mio viso con un rumore raccapricciante. Pure la sua bocca trasuda sudore.
Che schifo, penso.

Dopo l'inconveniente esco dalla stanzetta e guardo l'orologio appeso in corridoio con sorpresa. È passata mezz'ora da quando sono entrata in presidenza e ormai la prima ora è finita. Mi siedo sul pavimento grigio in linoleum scaldato e ringrazio mentalmente la Evans per questo sfizio che si è concessa.

"Mi ci voleva proprio questa. Cambiare scuola, eh? Oltre a tutti i problemi che abbiamo a casa pensano a farmi trasferire in un'altro istituto dove non conosco nessuno." Penso, passandomi una mano tra i lunghi capelli biondi.

"Non che tu conosca qualcuno, mia cara piccola Hel."
Mi guardo attorno in cerca di qualcuno.

"Scusa e tu da dove spunti?"

"Sono la tua vera te. Quella che non conosci. Potrei essere la tua coscienza o la tua parte cattiva. Fai come ti pare." Risponde questa con un tono di superiorità.

"Stupendo mi mancavi solo tu. Sparisce perchè ho sonno e non voglio parl- pardon,pensare- di più con te." Le rispondo mentalmente con tono inspiegabilmente acido.

La campanella suona così vado a prendere lo zaino che avevo lasciato nel corridoio. Mi mischio nella massa di studenti che escono dalle classi per raggiungere l'aula di religione.
È di medie dimensioni e i banchi la occupano quasi totalmente. La parete frontale è coperta da un'enorme LIM che la professoressa aveva precedentemente acceso.

Mi siedo in un banco posto nell'angolo in fondo all'aula, di fianco ad una grande finestra. L'insegnante esce dalla stanza e rimango sola così afferro l'album da disegno dallo zaino e inizio a scarabocchiare sul foglio. Lentamente l'insignificante disegnino prende forma e particolari, diventando un enorme paio di ali nere.
Osservo i particolari che ho tracciato con precisione mentre mi stupisco di quanto verosimili siano. La mia bravura a disegnare è sempre stata minima, limitata alle faccine disegnate sui bigliettini e a fiorellini disegnati a caso sull'astuccio e quest'improvvisa bravura mi stupisce.

L'aula nel frattempo si è riempita e il sommesso vociare dei miei compagni mi distrae dalla mia opera. La professoressa Wesley accenna un colpo di tosse per catturare l'attenzione degli alunni. Subito viene proiettata l'immagine di un angelo dalle ali identiche a quelle che poco prima avevo disegnato.


Il destino degli ErediDove le storie prendono vita. Scoprilo ora