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«Guarda» bisbigliò Elizabeth, mollandomi una gomitata.

«Che cazzo vuoi?» sbraitai, tenendo comunque un tono di voce basso.

«I ragazzi nuovi!» sorrise, battendo le mani come una bambina dinanzi ad una fetta di torta al cioccolato.

«Quindi?» e sul serio, non capivo cosa ci fosse di tanto speciale. Ero attratta da solo un certo tipo di ragazzi, nulla mi avrebbe fatto cambiare idea.

Biondi ed occhi verdi. Quest'è tutto.
Fin da bambina, alla prima cottarella risalente all'asilo, Ryan, bambino che dopo due anni si trasferì in Germania.
E da lì iniziai a sognare –per quanto possibile in una bambina– ragazzi biondi e dagli occhi verdi.

La mia solita sfortuna mi aveva portata a non trovarne nessuno. Quando dico nessuno intendo NESSUNO.
E dico sul serio. Biondi, occhi scuri, moro, occhi chiari, ma non verdi.
Mai un biondo dagli occhi verdi. Ero probabilmente troppo esigente, ma non potevo farci nulla.

«Mi stai ascoltando, Chloe? O la ragazza è troppo occupata?» aveva un pessimo senso dell'umorismo.
«Esatto, e non vedo perché tu ti sia permessa di rivolgermi la parola!» ressi comunque il gioco.

«Guarda che fighi sono!» parlò velocemente, afferrandomi per le spalle e facendo in modo che il mio sguardo fosse rivolto completamente ai due ragazzi, che presero il corridoio che portava alla segreteria.

Riuscii solo a distinguere pochi caratteri, uno dalla corporatura esile, l'altro abbastanza robusta. Uno moro, l'altro biondo.

Giuro che se ha gli occhi verdi lo sposo. A meno che non si metta le dita nel naso.

Mi girai, trovandomi faccia a faccia con Elizabeth, pronta a chiederle se avesse notato il colore degli occhi del ragazzo.
Mi precedette, sbuffando una risata e «smettila con questa tua fissazione per i ragazzi, non li ho visti gli occhi, portava gli occhiali».

Che gangster, gli occhiali da sole al chiuso.

Il suono della campanella portò numerosi lamenti da parte degli studenti –compresa me– alle mie orecchie, e mi costrinsi a raggiungere l'aula, trascinando quella massa di capelli biondi che era la mia migliore amica.

Ci sedemmo al solito posto, aspettando la prof, che ritardò di venti minuti. Aveva il respiro affannoso e si percepiva da un miglio quanto fosse incazzata e chi stesse per interrogare in scienze.

«Payne!» sbraitò.

Appunto.

Mi alzai da mio posto e mi sedetti vicino alla cattedra, pronta a conferire quelle venti pagine che studiavo da tre giorni, sicura dell'interrogazione imminente.

Così ebbe inizio la giornata in cui lo conobbi.

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