A Francesco.
Per i nostri primi due anni.
Per tutte le volte che mi hai sopportata, anche quando non avresti dovuto.
Per tutte le altre volte che invece mi hai consolata nei momenti più bui.
Per il coraggio che hai, che continui a mostrare, rendendomi orgogliosa di te ogni giorno di più.
Auguri, ti amo.15 Marzo 2011 - 15 Marzo 2013
Sabato pomeriggio, finalmente una giornata di sole dopo una intera settimana di pioggia. Sarebbe dovuto essere un segno quello? Forse.
Non era ancora arrivato il momento per il caldo, l'aria a New York era ancora fredda, ma molto più sopportabile di un mese prima neanche.
L'aeroporto, come al solito, era affollato e ormai Kurt ci era talmente abituato che non ci faceva più caso.
"Kurt, mi raccomando!"
Il ragazzo, ormai vicino al passare i controlli, si voltò verso Rachel e le diede uno dei suoi sorrisi più caldi: sapeva bene quanto si preoccupasse per lui la sua amica, ma ormai non era più un ragazzino e sapeva benissimo badare a se stesso.
"Rach, calmati, non sono tuo figlio."
La ragazza si morse le labbra, imbarazzata, voleva talmente tanto bene al castano che avrebbe fatto letteralmente qualsiasi cosa per lui.
"Sicuro che sia una buona idea?"
Kurt sospirò: sinceramente non lo sapeva neanche lui se fosse davvero una buona idea o meno, aveva fatto tutto in modo molto istintivo. In quel momento, però, era troppo tardi per potersi pentire di qualcosa e tornare indietro, doveva solo sperare che andasse tutto bene.
"Rachel davvero, è solo questione di tre giorni e poi sono di nuovo da te; resisti senza di me?"
Si sorrisero a vicenda, stringendosi in un abbraccio.
"Non combinare guai Kurt, davvero."
Il castano baciò la sua guancia, per poi afferrare la valigia e sospirare piano: ce l'avrebbe fatta, non ci sarebbero stati problemi.
"Kurt?"
Il ragazzo la guardò, aspettando la sua domanda.
"Lui non sa nulla, vero?"
Kurt sorrise e, senza risponderle, la salutò con la mano, per poi girarsi e dirigersi verso i controlli.
Rachel sospirò pesantemente, sapeva bene la testardaggine del suo amico a che punto potesse arrivare e si, se Kurt Hummel si metteva in testa una cosa quella era, niente e nessuno sarebbe mai riuscito a fargli cambiare idea.
Guardò il ragazzo camminare nel corridoio dell'aeroporto, fino a quando la vista glielo permise, prima che sparisse tra la folla, poi tornò alla sua auto per fare ritorno al Loft. Sarebbe stato strano stare sola per tre giorni, ma avrebbe avuto modo di rilassarsi un po' senza nessuno in casa.
Prima di mettere in modo sentì il suo cellulare squillare, lo prese e lesse il nome del mittente del messaggio: Kurt. Inizialmente aveva paura che ci avesse ripensato e che le chiedesse di andare a prenderlo, ma si calmò appena lo lesse, sorridendo istintivamente.
-Rach porterò ai tuoi papà i tuoi saluti, ricorda che ti voglio bene! A presto.-
Rispose veloce e si mise al volante: amava il modo di fare di Kurt, spontaneo e naturale, sapeva sempre come farle tornare il sorriso sulle labbra e non lo avrebbe mai ringraziato abbastanza per quello."Ricordiamo ai gentili passeggeri di allacciare le cinture di sicurezze e sistemare i sedili, il volo per Columbus partirà tra pochi minuti."
Kurt allacciò le cinture di sicurezza, mentre tra le mani girava e rigirava i biglietti aerei e i documenti: improvvisamente non si sentiva più sicuro di quello che stava facendo, ma ormai era salito in aereo e non c'era modo di fare marcia indietro. Poggiò la testa allo schienale, cercando di rilassarsi e non pensare a tutto quello che sarebbe potuto andare storto, doveva pensare positivo in tutti i modi.
Improvvisamente, però, la paura e l'ansia si erano impossessati di lui e non aveva la minima idea di come farli passare.
Davanti a lui c'era un'ora e un quarto di volo, relativamente breve, ma abbastanza per fargli avere ogni minimo ripensamento su quello che stava facendo.
Come gli fosse venuto in mente? Non ne aveva ancora la più pallida idea: aveva fatto tutto d'istinto, forse troppo. Aveva agito senza pensarci, aveva preso i biglietti di andata e ritorno senza stare troppo a rimuginare sulle conseguenze e adesso si ritrovava a pochissimi minuti dalla partenza, con il padre che lo avrebbe aspettato al suo arrivo e lo avrebbe portato a Lima.
Blaine: ecco la causa della sua pazzia di quella volta.
Il giorno seguente sarebbero stati due anni da quando si erano messi insieme e, per qualche strana ragione, a Kurt era venuta la voglia irrefrenabile di tornare a casa solo per poter passare quella giornata con lui.
Non stavano più insieme, quello era vero, ma finalmente erano tornati amici e non voleva assolutamente perdere quella occasione per stare con lui; era un mese che non si vedevano, da quella giornata di San Valentino, e Kurt aveva deciso di andare a Lima a fargli una sorpresa la mattina seguente.
Aveva semplicemente avvertito i genitori di Blaine che sarebbe passato a trovare il figlio la domenica mattina, ma di non dirgli nulla dato che voleva che fosse tutta una sorpresa. Era stato felice di riscontrare che i signori Anderson avevano preso bene che il giovane andasse a casa loro, gli avevano detto che loro sarebbero usciti la mattina presto, ma che poteva benissimo usare le chiavi di scorta per entrare, gliele avrebbero fatte trovare nell'officina del padre.
Kurt guardava sovrappensiero le nuvole accanto a lui, pensando a quanto fosse bello poter fluttuare in cielo senza alcun pensiero. Avrebbe tanto voluto volare, era uno dei suoi sogni più segreti, potersi alzare in aria e volteggiare leggero nel cielo cristallino di primavera. Spesso si fermava a guardare gli uccelli o le farfalle e invidiava le loro ali, avrebbe tanto voluto sentirsi così libero anche lui.
Stringeva forte i documenti, guardandosi le mani di tanto in tanto per evitare di tremare: l'ansia lo stava consumando, non vedeva l'ora di arrivare finalmente a Lima e poter passare in tranquillità una serata con suo padre e poi fare una bella dormita nel proprio letto, quello che in quel mese gli era mancato da morire.
Quasi non si accorse che l'ora e un quarto di volo era già passata, sentì solo la voce meccanica dell'altoparlante ricordare di sistemare i sedili, perchè l'aereo si stava preparando all'atterraggio.
Kurt chiuse gli occhi per qualche minuto, cercando di recuperare un'espressione felice sul suo volto, non voleva che Burt lo vedesse preoccupato, non voleva far trasparire alcuna emozione negativa.
Scese veloce dall'aereo, tenendo stretta a sé la sua valigia e si avviò verso il gate, dove il padre lo stava aspettando a braccia aperte.
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15 Marzo 2011 - 15 Marzo 2013
FanfictionOrmai aveva perdonato Blaine per il tradimento, non faceva più così male e la giornata di San Valentino era stata molto utile per superarla, ma non voleva ancora dargliela vinta e quindi si limitava a trattenere la voglia irrefrenabile di abbracciar...