third chapter

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Dopo esattamente tredici minuti trascorsi a sbuffare e scalciare come un bambino, tentando praticamente di soffocare per i suoi vestiti, si alzò di nuovo ed osservò gli ultimi capi rimasti nell'armadio.
Notò una camicia che neanche ricordava di avere prima di allora.
Era bordeaux, con l'orlo del colletto e delle maniche blu.
Si avvicinò e fece scorrere le mani sul tessuto morbido e liscio, prima di toglierla dalla gruccia e posarla sull'ammasso di vestiti che aveva formato sul letto.
Sfilò velocemente il maglione e lo gettò in malo modo sul pavimento, indossando poi la camicia e guardandosi allo specchio.
Non gli stava male, anzi.
Per non avere freddo, infilò un maglioncino di filo bordeaux e lasciò i pantaloni che già indossava; semplici jeans blu scuro.
Iniziò a sistemare, annoiato, i vestiti, canticchiando le parole di chissà quale canzone.
In quel momento proprio non ricordava il titolo, aveva semplicemente iniziato a canticchiare sottovoce.
Non era certamente il ragazzo più intonato sulla faccia della Terra, ma qualche volta trovava la nota adatta a lui.

I want you
I'll colour me blue
Anything it takes to make you stay
Only seeing myself

Quelle parole non facevano altro che vibrare nella sua testa e sorrise leggermente, mentre piegava un paio di jeans.
Cantando gli sembrava quasi di non star stancandosi, come se il lavoro fosse più leggero ed il tempo stesse scorrendo più velocemente ed in modo più piacevole.
Aveva sempre odiato fare i lavori di casa, come praticamente tutti i ragazzi della sua età, ma doveva e semplicemente lo faceva.
La madre lo guardava orgogliosa, appoggiata allo stipite della porta.
Era arrivata da pochi minuti e sorrideva, il giovane non si era neanche accorto della sua presenza.
Poi lei entrò nella camera, accarezzò per pochi istanti i capelli del figlio, scompigliandoli maggiormente, e lo aiuta, rendendosi conto che, pur essendo a buon punto, non sarebbe mai riuscito a finire in tempo o senza essere praticamente senza forze, prima di uscire con gli amici.
Voleva che suo figlio, nonostante tutto, non si segregasse in casa.
Non era mai stato un ragazzo che amava star fuori a lungo, aveva sempre avuto pochi amici veri.
Gli altri erano da lui considerati conoscenti o compagni di classe, con pochi aveva un bel rapporto.
Era anche questo un modo per difendersi dal male, dal dolore, dalle possibili delusioni.
Sapevano entrambi che il mondo spesso sembrava offrire tutto, ma ogni cosa aveva un prezzo. Spesso era solo un travestimento, una maschera, quella che il mondo indossava.
Le persone non si mostravano per ciò che erano davvero ed era uno schifo.

"cosa intendevi prima, ma'? perché tu mi capisci subito, ma io non capisco quello che intendi tu?"

chiese Denys, quando finalmente chiusero le ante del suo armadio e si sedettero sul letto.
Gettò uno sguardo all'orologio attaccato alla parete di fronte e sgranò gli occhi.

Erano le 4:25 e lui aveva intenzione di passare prima al negozio in cui lavorava Art, poi andare dai suoi amici.

"perché sono tua madre, Den, e ti conosco meglio di quanto tu creda."

annuì, poi lasciò un bacio sulla sua tempia e si alzò.

"Vuoi un passaggio? Dove devi incontrare Aaron e Cayley?"

il ragazzo ridacchiò e scosse la testa, portando le mani nelle tasche dopo essersi alzato anche lui.

"Al centro commerciale di ieri, poi andrò al bar vicino scuola"

mise il parka nero, tirò su la cerniera e seguì la madre fino al piano inferiore.
Lei aveva capito le intenzioni del ragazzo e voleva appoggiarlo, l'avrebbe sempre fatto.
Per questo aveva calcato i nomi degli amici del figlio, così che lui capisse al volo proprio come faceva lei.
Prese le chiavi dell'auto e la borsa, dopo aver indossato il giubbino blu, una sciarpa rosa cipria ed un cappello dello stesso colore.
Accompagnò il ragazzo al centro commerciale e, prima di lasciarlo andare, gli diede un paio di banconote da dieci sterline l'una, come si premurava di fare ogni volta.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 08, 2018 ⏰

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