Westbourne Sage era calma; la tipica città fantasma dove non succede mai nulla. Nei viali perfettamente puliti, fiancheggiati da maestosi pini, eccheggiava il silenzo più totale. Era tetra, ma allo stesso tempo straordinareamente bella, con i suoi edifici in stile vittoriano ornati da capitelli ottocenteschi. C'era persino un bosco, in cui si nascondeva un vecchio luna park abbandonato, dietro il quale scorreva un incantevole fiume dall'acqua cristallina.
Era un giornata afosa di fine luglio quando arrivammo a Street Moke numero quattro, la nostra imponente casa vittoriana circondata da un giardino pieno di quercie secolari.
Scesi dalla macchina e mi diedi una scrollata per farmi cadere di dosso le briciole del sandwich al formaggio che avevo mangiato durante il viaggio, la mia pelle estremente bianca brillò alla luce del tardo pomeriggio.
Davanti al cancello stava un uomo piuttosto basso e grassiccio. Era vestito con un taglier grigio e un paio di pantoloni di seta, sorrideva mentre si sistemava la cravatta, accertandosi che il suo il look da uomo d'affari fosse a punto, malgrado il caldo.
"Benvenuti Signori Benson...lei dev'essere il Signor Mark Benson, che piacere incontrarla." Esclamò appena mio padre si avvicinò alla staccionata.
"Piacere mio, questi sono i miei figli: Paige, Breanna e Benjamin...e quella laggiù è mia moglie Joanne." Disse indicando mia madre intenta a tirar fuori la sua valigia dallo strracolmo portabagagli, la quale sentendo il suo nome fece un cenno con la mano sinistra ed urlò: "Salve!" Con un tono più acuto del solito.
Aspettò alcuni secondi che ci fossimo tutti e poi disse con voce soddisfatta: "Seguitemi, vi mostrerò la vostra nuova incantevole dimora."
Io e mia sorella Paige ci scambiammo un'occhiata d'intesa e poi ci affrettamo a seguire lo strano uomo all'intero dell'abitazione. Ci fece strada lungo un luminoso corridoio che conduceva al salone: quest'ultimo era arredatato con uno splendido divano bordeaux, al centro della stanza stava un costoso tappeto in vinile sopra di cui era posizionato un tavolino in marmo nero, e davanti ad esso un piccolo mobile che reggeva un meraviglioso televisore a quarantadue polici. Il mio occhio cadde sul quadro dietro al divano. Era un disegno alquanto vago, come una stella a cinque punte circondata da un cerchio dorato. La stanza era invasa da un profumo d'incenzo misto all'odore dell'intonaco fresco, il parquet di castagno era illuminato dalla luce entrava da uno spiraglio della finestra e brillava come se fosse stato appena lucidato.
Il bizarro anziano procedette mostrandoci le diverse aree della casa: dalla cucina, alla soffitta. Vi era anche una splendida sala da pranzo con arredo medievale, dietro alle sedie che circondavano la maestosa tavola c'erano armature di cavalieri. Al piano di sotto si trovava una vecchia e buia cantina che sembrava esser rimasta chiusa a lungo ed una taverna con al centro un organo impolverato. Quando finlmente giunsimo alle camere da letto, io mi scelsi l'ultima stanza all'ultimo piano. Era la più piccola del castello, ma era in cantevole. Si poteva osservare il fiume che scorreva ed in lontanza un imponente catena montusa. Anche l'intero era molto carino, le pareti era dipinde di blu petrolio e i mobili erano tutti bianco gesso.
Mia sorella Paige, invece, si scelse la camera più grade al secondo piano e mio fratello la terza al primo.
Quando finalmente finimmo il "tour" orientativo della casa, il grosso signore se ne andò ripendendo più volte di chiamarlo per qualsiasi urgenza.
Era quasi ora di cena, e mentre aspettavo, decisi di trascorrere un po' di tempo nella mia nuova cameretta. Mi avviccinai allo scaffale accanto al letto per appoggiarci alcuni libri e notai che, su una delle mensole, c'era un piccolo ciondolo: la stessa stella a cinque punte del quadro nel soggiorno. Appena presi in mano la collana, fui come pervarsa da un brivido di caldo in tutto il corpo.
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THE COVEN
Paranormal"In quel momento capii che la Wicca non era solo magia, non era fare incantesimi, raccogliere le erbe o catalogare le rune...la Wicca era molto di più, era un'energia che ti penetrava le ossa, ti faceva sentire leggero, ti trasportava in una dimensi...