Suonano alla porta e io m'affaccio alla finestra. È notte. "Chi è?" domando.
Qualcuno viene verso la finestra ma non riesco a vederlo in faccia. La luce è accesa sopra il mio scrittoio. Richiudo le imposte ma poi sento delle voci, di fuori. Torno a se-dermi alla macchina da scrivere, ma là fuori continuano a parlottare. Salto su, spalanco la porta e urlo:
"VE L'HO DETTO DI NON STARE A SECCARMI, FINOCCHI!"
Guardo e vedo uno in piedi in fondo agli scalini e un altro sulla veranda, che piscia. Sta pisciando su una siepe ch'è di fianco alla veranda. Il getto di piscio descrive una parabola, oltre la balaustra, e ricade sui cespugli.
"Ehilà, quello mi piscia sulla siepe," dico.
Quello ride e bada a pisciare. L'agguanto per il fondo dei calzoni, lo scaravento che ancora piscia oltre la siepe, giù, nella notte. Non ritorna. L'altro mi dice: "Ma perché. l'hai fatto?"
"M'andava."
"Sei sbronzo."
E io: "Sbronzo?"
Gira l'angolo e sparisce. Io richiudo la porta e torno allo scrittoio. Ho uno spunto: c'è uno scienziato pazzo che ha insegnato a volare alle scimmie. Ce n'ha undici, di scimmie: Queste scimmie sono in gamba. Lo scienziato gli ha insegnato a far le gare. Fanno gare, volano e virano intorno a dei piloni. Fin qui tutto bene. Ora, vediamo. Devo cavarne fuori un buon racconto. Per venderlo però, hai da metterci dentro qualche bella scopata. Un fracco di scopate, va anche meglio.
Decido di portarle a dodici, le scimmie: sei maschi e. sei femmine. Molto bene. Andiamo avanti. La gara incomincia. Le scimmie eseguono la prima virata intorno al pilone. Ma poi come le porto alla scopata? Son due mesi che non vendo un racconto. Avrei dovuto rimanere alle Poste. Lasciamo stare. Eccole alla virata. Virano intorno al pilone. Magari, le faccio scappar via. D'un tratto se la svignano. É una trovata. Volano a Washington e svolazzano intorno al Campidoglio, cacano addosso alla gente, gli pisciano in testa, imbrattano di merda tutta la Casa Bianca. Faccio che una centra il Presidente, con uno stronzo? No, questo è chiedere troppo. Bene, allora facciamo che uno stronzo colpisce il Segretario di Stato. Viene dato l'ordine di abbatterle. Tragico, no? Ma, e le scopate? Devo pensarci. Lavorarci su. Vediamo. Bene: faccio che dieci, poverine, vengono abbattute. Ne restano solo due. Un maschio e una di quell'altro genere. Non riescono a trovarle, cerca e cerca. Poi una bella sera un poliziotto cammina per il parco, e eccole là, le ultime due scimmie, con le ali ripiegate, che chiavano come ricci. Lo sbirro s'avvicina. Il maschio lo sente, gira la testa, lo vede, gli fa un ghignetto scemo da scimmia, senza perdere un colpo, poi si rigira e bada a stantuffare. Lo sbirro gli dà una batta che gli spacca la testa. La femmina, con un gesto di disgusto, allontana da sé il maschio e s'alza in piedi. Come scimmia, non c'è male, è carina. Per un momento lo sbirro pensa di... pensa di... ma poi scarta l'idea, no, sarebbe troppo spinto, eppoi magari mòzzica. Mentre sta lì a pensare, la scimmia spicca il volo. Lo sbirro la prende di mira, spara, l'abbatte. Corre oltre. É ferita però non è morta. Lo sbirro dà un'occhiata in giro, la tira sù, lo tira fuori, cerca di ficcarglielo dentro. Niente. C'entra sì e no la cappella. Merda. La sbatte per terra, le punta la pistola e BAM! le fa saltare i cervelli.
Suonano di nuovo alla porta.
Vado a aprire.
Entrano in tre. Tre uomini, s'intende. Una donna, mai che venga a pisciare sulla mia veranda. Mai che venga una donna da me, quasi mai. Come faccio a avere delle trovate erotiche. A momenti mi sono scordato come si chiava. Ma dicono ch'è come andare in bicicletta, non si disimpara mai. Però è meglio che andare in bicicletta.
É Crazy Jack con due che non conosco.
"Senti, Jack," gli dico, "mi pareva che mi fossi sbarazzato di te."
Jack si siede, tranquillo. Anche gli altri due si siedono. Jack m'aveva promesso di non farsi più vedere, ma è ubriaco la maggior parte del tempo, quindi le sue promesse poco contano. Abita con sua madre e fa finta di fare il pittore. Conosco quattro o cinque individui che vivono con la madre, o la madre li mantiene, e tutti son convinti di essere dei geni. E tutte le madri sono uguali: "Oh, no, Nelson non vende mai un quadro. È troppo avanti, rispetto ai suoi tempi." Però metti che a Nelson gli accettano un quadro.''Oh Nelson ha un suo quadro esposto alla Galleria Wamer-Finch questa settimana. Il suo genio viene riconosciuto, finalmente! Chiede 4.000 dollari per quest'opera. Secondo voi, è troppo?" Nelson, Jack, Biddy, Norman, Jimmy e Ketia. Morammazzati.
Jack è in blue-jeans, è scalzo, senza camicia né canottiera, solo uno scialle avana sulle spalle. Uno dei suoi amici ha la barba, sorride e si fa rosso di continuo. L'altro è un ciccione e basta. Una specie di mignatta. "Hai visto Borst, di recente?" Jack mi domanda.
"No."
"Offrimi una birra."
"No. Voi venite qui da me, vi scolate tutto quanto, ve n'andate e mi lasciate all'asciutto."
"E va bene."
S'alza su, corre fuori e va a pigliare una bottiglia di vino che aveva nascosta sotto il cuscino della sdraio, sul terrazzo. Torna, stappa, s'attacca a garganella.
"Ero a Venice, giorni fa, con una sgrinfia e cento arcobaleni. A un certo punto, svago la pula e allora dài, corri a casa di Borst con la sgrinfia e coi cento arcobaleni. Bussi alla porta e gli dico: 'Fammi entrare! Ci ho cento arcobaleni e la pula alle calcagna!' Borst allora richiude la porta. Io però l'apro a zampate e entro dentro, con la sgrinfia. Borst era lì per terra che sparava una sega a un ragazzo. Corro a chiudermi nel bagno, con la sgrinfia, e chiudo la porta chiave. Borst viene a bussare. Io gli fo: 'Non t'azzardassi a entrare!' Ci rimasi, lì dentro, con la sgrinfia, un'ora buona. Ci siamo fatti un paio di scopate, tanto per divertimento. Alla fine siamo usciti."
"E li hai scaricati, gli arcobaleni?"
"Macché, era un falso allarme. Però Borst era nero "Cazzo," dissi, "è dal 1955 che Borst non scrive più poesia appena decente. Lo mantiene la madre. Chiedo scusa Ma, dico, non fa altro che guardare la tivù, rimpinzarsi di sedani e carote e primizie ortolane, e andare a spasso sulla spiaggia tutto zozzo. Era un poeta considerevole quando viveva con quei ragazzini in Arabia. Ma non gli do ragione, oggi, per niente. Il vincente è chi taglia il traguardo. Come diceva Huxley, Aldous Huxley: 'Ogni uomo può essere un...' ".
"E con te come va?" domanda Jack.
"Mi rifiutano tutto," dico io.
L'amico con la barba si mette a suonare un flauto. La mignatta non s'era manco mossa. Jack s'attacca alla bottiglia di vino. È una notte stupenda, in California. A un certo punto si sente un gran fracasso. È quello che abita dall'altra parte del cortile ch'è cascato dal letto ubriaco. Io ci sono abituato. Ho fatto l'abitudine a tutti quelli di 'sto cortile. Nessuno s'alza prima di mezzogiorno, le persiane restano sempre chiuse. Le loro auto, parcheggiate sulla strada, van coprendosi di polvere, le gomme si sgonfiano, le batterie si scaricano. Quelli badano a mischiare alcol e strappa, dove prendono i soldi non lo so. Mi vanno a genio. Non mi danno nessun fastidio.
Il matto rimonta sul letto, ricasca.
"Brutto pezzo d'un cretino," sento che dice, "torna a letto."
"Ma cos'è 'sto fracasso?" domanda Jack.
"Uno ch'abita qui dietro. È molto solo. Ogni tanto si fa una birretta. Gli è morta la madre l'anno scorso e gli ha lasciato ventimila dollari. Non esce mai, si masturba, e guarda le partite e i film western alla tivù. Prima faceva il benzinaro.
"Noi sganciamo," dice Jack. "Vieni con noi?"
"No," gli dico.
È un movimento, mi spiegano, che ha a che vedere con la Casa dai Sette Abbaini. Vanno a trovare uno che ha qualcosa a che vedere con la Casa dai Sette Abbaini. Non lo scrittore e manco il produttore, e neanche uno degli attori, è un altro è.
"No, non vengo," ripeto, e loro filano via. Che bellezza.
Allora torno alle mi scimmie. Devo farle giostrare di più. L'ideale sarebbe farle scopare tutt'e dodici in blocco! Che trovata! Ma come? E perché? Vedi un po'... il Royal Ballet di Londra... Ma perché? Divento matto. Ho trovato: il Royal Ballar di Londra mette su un balletto in cui agiscono le dodici scimmie, volando sul corpo di ballo. Senonché prima della rappresentazione qualcuno gli attacca la spagnola, vale a dire la Mosca Spagnola. Non al corpo di ballo. Alle scimmie. Ma la Mosca Spagnola è solo un modo di dire, no? Allora faccio entrare in scena un altro scienziato pazzo con una vera e reale Mosca Spagnola. No, no, oh mio dio, sto facendo un'enorme confusione. Squilla il telefono. Rispondo. É Borst.
"Pronto, Hank?"
"Sì?"
"Sarò breve. Sono al verde."
"Sì Jerry"
"Ho perso i due clienti. Hanno rotto i contratti. Per via di questa stretta creditizia."
"Hm hm."
"Del resto, me l'aspettavo. E così me ne vado via da Venice. Qui, che ci resto a fare? Vado a Nu'York." "Cosa?"
"Vado a Nu'York."
"Mi pareva, appunto, di aver capito Nu'York." "Insomma, sono al verde, mi capisci, e là spero di farcela, ci conto."
"Senz'altro, Jerry."
"Perdere quei due clienti era la cosa migliore che mi potesse capitare."
"Sul serio?"
"Adesso sì, che ho voglia di lottare, di nuovo. Hai sentito di gente che marcisce sulla spiaggia, no? Ecco cosa facevo io: imputridivo. Devo andarmene da qui. Non ho nessuna preoccupazione. Tranne i bauli." "Quali bauli?"
"Non mi ci sta tutta la roba, dentro. Così viene mia madre a stare qui, dall'Arizona. Abiterà qui durante la mia assenza. E poi, capace, dopo un po' ritorno qui a Venice."
"D'accordo, Jerry."
"Però prima di andare a Nuova York mi fermo in Svizzera, e magari faccio anche un salto in Grecia. Poi ritorni a Nu'York."
"All right, Jerry. Ci si sente, eh? Mi fa sempre piacere aver tue notizie."
Dopo di che, ritorno alle scimmie. Dodici scimmie che sanno volare, e che devono scopare. Ci vuole una trovata. Ho scolato le dodici birre. Trovo mezza pinta di scotch nel frigo. Mischio un terzo di whiskey e due terzi d'acqua, in un bicchiere da cucina. Avrei dovuto restare all'ufficio postale, mannaggia. Ma anche qui, anche così, qualche possibilità ce l'ho. Bisogna far scopare quelle scimmie. Senti. Se fossi nato cammelliere in Arabia non avresti neanche questa piccola possibilità. Quindi datti da fare, trova il modo di farle scopare, quelle dodici scimmie. Hai uno straccio di talento, no? e ringrazia iddio che non sei in India, dove chissà quanti ti fregherebbero, come scrittori, se sapessero scrivere. Ce ne saranno due dozzine almeno, più bravi di te. Forse no. Forse solo una dozzina.
Mi scolo la mezza pinta. Bevo mezza bottiglia di vino. Vado a letto, lascio perdere.
La mattina dopo alle nove suonano alla porta. C'è una ragazza negra sulla soglia, in compagnia d'un bianco dall'aria stupida, con gli occhiali senza montatura. Mi dicono che gli ho promesso di andare in barca con loro, a un party tre sere fa. Mi vesto, salgo in auto con loro. Ci fermiamo davanti a una casa, e ne esce un giovanotto bruno. "Salve, Hank," mi saluta. Non lo conosco. Pare ci siamo conosciuti al party. Ci consegna delle cinture di salvataggio arancione. A un certo punto ci troviamo sul molo. Non riesco a distinguere il molo dall'acqua. Mi aiutano a scendere per una specie di scaletta di legno che porta a uno zatterone. Fra l'ultimo piolo e la zattera ci corre circa un metro. Mi aiutano a saltarci su.
"Che cazzo è questo?" domando. "Nessuno ci ha da bere?" Sono capitato con la gente sbagliata. Nessuno ha niente da bere. Poi eccomi su una barchetta a remi, presa a nolo, che ci hanno attaccato un motore da mezzo cavallo. Il fondo della barca è pieno d'acqua, e ci galleggiano due pesci morti. Non lo so, chi è questa gente. Loro mi conoscono. Bene, bene. Prendiamo il largo. Io vomito. Passiamo accanto a una medusa che nuota sotto il pelo dell'acqua. Una medusa, penso, una medusa involtolata intorno a una scimmia volante. No, è tremendo. Vomito di nuovo.
"Come va il grande scrittore?" domanda, da prua, il giovanotto dagli occhiali e l'aria stupida.
"Quale grande scrittore?" gli chiedo, pensando stia parlando di Rimbaud, con tutto che non ho mai ritenuto Rimbaud un grande scrittore.
"Tu," mi dice.
"Io?" dico. "Oh, bene. Penso di andare in Grecia, l'anno prossimo."
"Alla faccia!" dice lui.
"No," ribatto, "alla tua."'
Eccoci in alto mare, dove Conrad ce la fece. Al diavolo Conrad. Whiskey e soda per me in una camera d'albergo avvolta nella penombra, a Hollywood. Quando voi leggerete questa mia... 1970: l'anno dell'orgia delle scimmie, l'orgia che non ebbe mai luogo. Il motore borbotta, la prua fende i flutti. Puntiamo sull'Irlanda. No, è il Pacifico questo. Dirigiamo la prora sul Giappone. All'inferno tutto quanto.
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Storie di ordinaria follia
General FictionStorie di ordinaria follia. Erezioni Eiaculazioni Esibizioni (titolo originale in lingua inglese: Erections, Ejaculations, Exhibitions and General Tales of Ordinary Madness) è una raccolta di racconti, alcuni dei quali in chiave autobiografica, di C...