Scrivere non è mai stata una passeggiata, raccontare le storie di persone realmente vissute non è così semplice come sembra, suscitare emozioni, e quindi far divertire, far soffrire il lettore, è un lavoro duro. Ed io da semplice scrittore da quattro soldi, non so se sono riuscito a trasmettere tutta la felicità o tutta la paura che il protagonista della mia povera e semplice storia ha provato.
Era il 24 agosto 1994, quando Logan, semplice ragazzo di sedici anni fu arruolato nell'esercito. Di certo Logan Turner non voleva fare il soldato da piccolo, ed infatti quando un adulto gli faceva la solita domanda di rito: "Cosa vuoi fare da grande?" il piccolo Turner elencava, con la sua flebile vocina, mestieri come il calciatore o l'astronauta...ma mai si sarebbe aspettato di indossare un'uniforme mimetica e imbracciare una mitragliatrice. Il problema era che, l'unico figlio dei Turner era stato "costretto" ad affrontare quei nemici in battaglia, a far cadere i loro corpi privi di vita, mutilati, trafitti da una serie di pallottole, per il semplice fatto che era necessario per la sopravvivenza dei suoi compagni.
Necessario, già...
Necessario perché se ai suoi commilitoni venivano inflitte ferite non mortali, erano ancora in grado di continuare a combattere, erano ancora capaci di spegnere vite umane, così come se fossero candele a cui veniva uccisa la fiamma, e tutto perché quello studente, ora soldato, di sedici anni era capace di "assorbire" il dolore delle persone che conosceva.
Era il 24 agosto 1994, quando il soldato Logan James Turner cadde sul campo di battaglia. Fu il primo ad essere portato d'urgenza al sicuro, nonostante il suo cuore avesse cessato di battere e il suo petto non si alzasse più.
Non temete, però, lettori, che la sua storia sia finita qui!
Perché non è così, il ragazzo che tutti davano per morto, era semplicemente "fuori uso". Semplice no? Il suo cervello era ancora attivo, infatti se qualcuno avesse controllato bene quel cadavere, avrebbe notato il movimento irrequieto delle pupille sotto le palpebre chiuse. Io, però, non sono qui per dirvi ciò,
Si era svegliato nel suo caldo letto, circondato dalle pareti blu, che aveva dipinto lui stesso, della sua camera. La voce stridula di sua madre che sostituiva il rumore degli spari e le urla di sofferenza. Il profumo di fiori che sostituiva quello del sangue e della morte. Le mani non gli vibravano più a causa del movimento meccanico e continuo del mitra che con una velocità al rallentatore lasciava andare tutti i suoi colpi ferendo a morte gli avversari. No, quella mattina si era alzato nella sua casa accogliente,tra le parenti che lo avevano visto crescere. Quella sensazione di benessere emessa dalla consapevolezza di essere finalmente a casa, offuscava un crescente senso di inadeguatezza...cos'era quel dolore al petto lui lo sapeva bene, qualcuno stava soffrendo, ma la mise al secondo posto scendendo le scale con un sorriso ebete disegnato sulle labbra. Una volta giù però, non si trovò di fronte l'accogliente soggiorno in cui giocava con gli amici, no. I divani erano sfasciati, così come il tavolino da thè e la libreria, i quadri appesi alle pareti avevano larghi squarci nella tela colorata. Pezzi di vetro erano sparsi sul pavimento; e in quella confusione Logan chiamò a squarciagola i suoi genitori, ma a rispondere fu solo il suono del suo respiro accelerato. La ricerca dei suoi genitori nelle varie stanze che componevano la casa fu inutile, come il tentativo di distruggersi le corde vocali per chiamarli, così corse fuori, in strada dove con la bicicletta era caduto più volte, sbucciandosi le ginocchia.
Il paesaggio era sempre lo stesso. Nell'aria lo stesso odore di niente, a cui era ormai abituato. Difficile abituarsi ad un odore come quello, quasi impossibile diranno gli altri, ma lui ormai ci aveva fatto l'abitudine a quell'insieme di puzze che si annullavano a vicenda.
Nonostante fossero solo le nove del mattino la strada era deserta, infatti, il ragazzo si girò di scatto quando un bidone, con un tonfo sordo,colpì il suolo, il suo battito si calmò non appena vide spuntare le orecchie di un gatto. Quello stato confusionale in cui vagava da quando era uscito di casa, venne sostituito dalla paura e si ritrovò stritolato da due braccia che lo tenevano fermo.
Ben presto la visuale sull'isolata strada lastricata di cemento, fu coperta dal viso di un uomo sulla quarantina. I suoi capelli brizzolati si muovevano con le foglie degli alberi circostanti, per il leggero vento che aveva iniziato a soffiare quasi come per magia, gli occhi neri erano fissi sul corpo minuto del ragazzo, che tentava con tutte le sue forze di liberarsi dalla presa ferrea di quelle braccia nerborute.
-Logan, ti ricordi di me?-
Come poteva dimenticare quel viso squadrato, con la mascella pronunciata, il naso adunco e quegli occhi infossati, non poteva ecco. Lo aveva visto solo una notte; quella notte, però, non se la sarebbe dimenticata tanto facilmente. Era riuscito, con un solo incontro, ad insinuarsi nel suo piccolo cervello e a diventare il suo peggior incubo.
E dopo tanto tempo lo rivide lì, intaccato dal tempo: Gregory Fitzgerald, l'uomo che l'aveva arruolato. L'uomo che come per magia aveva convito i suoi iperprotettivi genitori che farlo diventare un soldato e quindi un eroe nazionale, se non mondiale, fosse la scelta giusta da prendere. Non aveva usato, però, scuse come "gli formerà il carattere", li aveva semplicemente fissati e aveva mormorato con quella voce suadente che si ritrovava:
- Signori Turner, credo che siate d'accordo con me quando dico che Logan è sprecato qui, e quindi perché non farlo scendere sul campo. Andrà in battaglia, guiderà soldati con più esperienza, solamente perché lui è Logan Turner un ragazzo speciale.-
Stupide parole usate come un sonnifero per farlo mandare lì in battaglia a non far morire altri soldati.
- Come potrei...- mormorò ironico il ragazzo, e a quell'affermazione l'uomo rise.
- Ti chiederai il motivo del nostro incontro. Beh...ragazzo mio, ti ho convocato qui per proporti una collaborazione. Ti sottoporrai ad un'operazione in grado di donare le tue capacità ad altri soldati.- finì, e dal tono usato e del gesticolare frenetico, il giovane uomo capì che Fitzgerald credeva davvero nella sua idea.
- Davvero fantastico, ma perché vuole far soffrire i suoi uomini?
- Soffrire? Ragazzo, i miei uomini, come te, saranno insofferenti al dolore!-
Capendo di non avere speranza di fargli cambiare idea, Logan riprese a dimenarsi ed ad inveire contro l'uomo. Fu, allora, che il generale Gregory Fitzgerald fece una cosa del tutto inaspettata, lo colpì. Un colpo secco allo stomaco.
Il fantoccio del generale lo lasciò andare, permettendo così al ragazzo di piegarsi in due gemendo di dolore. Senza che il suo cervello glielo ripetesse una seconda volta, il giovane cominciò a correre. Corse finché non gli mancò il respiro, finché non gli bruciarono i polmoni, finché il suo corpo stremato per la fatica non lo fece cadere al suolo. E fu in quel momento che sentì, oltre al suo, un respiro affannato, un rumore di passi pesante che colpivano il terreno. Si girò spaesato, oltre a lui e i due uomini con cui aveva avuto a che fare, non aveva visto nessun altro, ed era certo che i due non lo avessero seguito, perciò la domanda che gli ronzava per la testa era chi fosse l'uomo in giacca e cravatta che con l'espressione assente si avvicinava velocemente a lui.
Scattando in piedi Logan cercò un'arma, e la trovò in un pezzo di vetro affilato, capace di mozzare una mano. L'uomo, dalle sembianze umane fermo a pochi passi da lui, spalancò la bocca e da essa spuntarono tre prolungamenti rosa e viscidi, che noi definiremo lingue.
La prima lingua partì all'attacco cercando di colpirlo all'addome con un affondo, ma il sedicenne balzando di lato riuscì a scansarla, allora il mostro cercò di colpirlo con la seconda lingua al braccio destro, ma riuscì solamente a ferirlo di striscio dato che fu recisa, e da essa fuoriuscì un liquido verdognolo che lo prese in pieno viso colando poi sul suo petto. Il moncone di lingua ritornò nelle sue fauci, ma quell'essere lo voleva morto, allora lo afferrò alla caviglia con la terza lingua, trascinandolo verso di sé.
Il ragazzo consapevole di star andando verso morte certa, cercò di colpire la lingua che gli bloccava i movimenti, e riuscendo a ferirla, questa lo lasciò andare e Logan, alzandosi di scatto lo trafisse al cuore.
Rinvigorito da una sensazione di potere e lasciando cadere il vetro, Logan si avviò con passo sicuro verso la sua abitazione, lì notò con felicità il fantoccio del generale, così gli si avvicinò e gli disse che voleva parlare con il suo capo. L'uomo lo condusse ad una villa, sorvegliata fa altri uomini in giacca e cravatta, che spalancarono le bocche al suo passaggio.
Il generale Fitzgerald lo accolse nel suo studio e fu lì che il soldato cominciò ad attuare il suo piano.
Gli fece credere di aver cambiato idea, e quindi di voler fare l'operazione per il bene degli altri soldati, e quando lo scimmione li lasciò soli Logan si vide afferrare un tagliacarte dalla scrivania in mogano scuro, e piantarlo nel petto del generale con un gesto secco e preciso. Quello che però non aveva valutato, era che Gregory, con sua grande sorpresa, lo sparasse al cuore.
In seguito allo sparo, ci fu solo un nero oblio.
Un oblio in cui sentiva la sua anima vorticare tra le sue paure; vide il pagliaccio di cui aveva paura a cinque anni; vide lo sciame di api che lo inseguì a nove anni dopo che aveva calciato la palla nel loro alveare; ed infine vide il mostro che lo aveva aggredito quella mattina.
Fu in quell'oblio,però, che il ragazzo sentì la voce del medico assegnato all'esercito.
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A Second More (O/S)
NouvellesÈ il 24 agosto 1994, quando Logan Turner, un semplice ragazzo di sedici anni, mentre combatte per la sua patria muore e si risveglia in una nuova realtà. Tra paure e cattivi da sconfiggere, la vita di Logan si colorerà di una nuova sfumatura. Per r...