Capitolo 1

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Ognuno di noi ha delle cicatrici,la maggior parte di esse scompaiono con il tempo ma ci sono ferite curate male che nonostante tutto continuano a sanguinare.

Mi chiamo Federica e questa è la mia storia ed è la storia di persone che, come me, ad ogni ferita hanno chiuso una porta in cui non lasciano entrare nessuno perché lasciare entrare qualcuno vorrebbe dire perdere e mostrarsi impotenti e io, non perdo mai.

Da piccola ero una bambina felice e spensierata con una montagna di ricci neri come la pece e un colorito bianco come la neve che faceva risaltare le mie guance rosse rosse. Non per altro sono sempre stata nominata da tutti 'Biancaneve' oppure 'Raperonzolo' negli anni n cui, crescendo, i miei caratteristici ricci neri sono arrivati al sedere diventando lisci come spaghetti.

All'eta di 3 anni come ogni bambina della mia età, fu l'ora di iniziare la scuola e da figlia unica i mei genitori hanno preteso il meglio per me.

Ho frequentato per 11 anni una scuola privata o come la chiamavo io, un lager.

Era una scuola estremamente rigida; la divisa era obbligatoria così come ogni sorta di trucco, acconciatura, accessorio o qualsiasi altra 'porcheria da donna di strada',come le chiamava la nostra preside, non erano permessi.

L'etica della nostra scuola era 'se non sei perfetto non sei nessuno', se non arrivavi presto, non avevi buoni voti a scuola, non brillavi nelle attività sportive e non avevi una condotta eccellente non eri considerato da nessuno se non come una nullità.

Le cosiddette 'nullità' venivano prese di mira dalla preside e molto spesso schiaffeggiate.

Era ed è una delle scuole più prestigiose e costose di Roma, piena di parchi e campi di pallavolo e da calcio, aule di scienze e musica e sempre perfettamente pulita.

La nostra giornata iniziava alle 8.00 del mattino quando, tutti ordinatamente sistemati in fila indiana come soldatini andavamo in chiesa, di cui la scuola era dotata, per pregare dei nostri peccati e cantare canzoni così vecchie,tristi e addolorate che solo leggendole saresti voluto scappare il più lontano possibile.

Nella scuola si respirava un'aria di ostilità e competizione molto forte, in sostanza non eravamo una classe unita ma al contrario ognuno di noi doveva dare il meglio e più degli altri.

Solitamente studiavo fino a mezzanotte inoltrata e mi alzavo verso le 4 del mattino per studiare ma non ero lo stesso ritenuta 'quella perfetta' perché non ero brava nella corsa e a pallavolo e nonostante il mio impegno in matematica non eccellevo.

Era una scuola con poche classi e pochi professori quindi ognuno di noi conosceva perfettamente l'altro, come in quei piccoli paesini siciliani in cui tutti conoscono tutti.

Avevo un tira e molla con il cosiddetto gruppo 'dei popolari', non mi sentivo parte di loro ma dovevo stare con loro per sentirmi qualcuno. Era una scuola piena di gente falsa, i classici 'figli di papà' a cui non importa nulla del prossimo infatti di tutte le 'grandi amicizie' strette in quegli anni non ne è rimasta nemmeno una anzi di molti non ricordo nemmeno il loro nome.

Ma venendo a me, sono sempre stata una ragazza molto chiusa e introversa, timida e pacata ma negli anni delle elementari e delle medie ho sviluppato un senso di inadeguatezza, senso del dovere, diffidenza verso il prossimo, ansia sociale,una bassa autostima e un senso di inferiorità che purtroppo non mi hanno lasciata nemmeno quando nel 2014, ho iniziato le temutissime superiori.

Come un fiore di lotoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora