1941

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Cecoslovacchia, Komàrno.

Regione di Nitra.

Anno 1941.

"Ovunque per le strade di Komàrno, prima d'ogni altra presenza, ad accogliere chi giunge è il Fiume. Pare abbia carezzato ogni viso degli abitanti, sopito ogni pena, ad ascoltar bene di notte, quando è chiara la Luna, qualcuno giura d'averlo sentito raccontare la storia del mondo. Non v'è traccia delle sue origini, che nasca dalla selva Ercinea o nella terra d'Esperia, l'unica certezza è che nelle sue acque affondino le radici dell'uomo e che placido con il suo scorrere unisca i popoli e doni loro speranza poiché non è semplice corso d'acqua, bensì Danubio."

Tirava spesso un vento freddo per le strade di Komàrno, dalla finestra della sua casa Michal amava guardarlo soffiare tra le foglie dei tigli, ammirava la sicurezza con la quale sembrava volerle prima accarezzare poi piegare.

Ogni giorno dopo aver pranzato al rientro dalla scuola, Michal si trascinava sulla sedia di fronte alla finestra ed aspettava. Una mano passava nervosa tra i biondi capelli e l'altra torturava una bretella degli straccali. Con movimenti veloci e ansiosi, gli occhi color giaccio del ragazzo vagavano fuori dalla finestra, frementi. A nulla valevano le raccomandazioni della madre, che premurosa lo invitava a riposarsi; guardare un figlio nel fiore dell'età, appassire prematuramente era un dolore a cui Míša sapeva non si sarebbe mai abituata, Josef la rassicurava dicendole che prima o poi sarebbe passata e che il figlio aveva solo bisogno di tempo. Tempo che, Míša vedeva scorrere troppo velocemente.

Michal era un ragazzino gioioso seppur provato e non c'era nome che desse un volto a quel suo continuo cadere. Le giornate non erano mai semplici per lui, piuttosto una sfida; in una terra come la sua, nascere storpi era una condanna. Costretto ad ascoltare ogni sorta d'offesa, aveva sentito crescere nel petto la rabbia e visto poi, vincere l'umiliazione, conoscendo il gusto amaro della resa.

Ogni giorno vedeva il susseguirsi delle stesse parole di scherno, pungenti e corrosive. Era magro, sin troppo. Le gambe esili e nervose non parevano aver sufficiente muscolatura per camminare a lungo. Il fisico era quello di un tredicenne, tradito solo dagli occhi, quelli parevano appartenere ad un animo più vissuto, regalo del dolore e della solitudine a cui spesso era stato costretto. Nonostante ciò Michal sorrideva sempre, quando passando per il fiume salutava i pescatori o mentre aiutava la madre a preparare il gulash. Era gentile, sempre e comunque, merito anche della vicinanza di Andrej. Quando Michal lo vedeva percorrere il viale di Tigli che portava a casa sua, già sentiva che un motivo valido al mondo per vivere c'era. Figlio di pescatore Andrej abitava poco lontano da casa sua e sin da bambino aveva passato ogni pomeriggio con lui. L'uno l'antitesi dell'altro, Andrej silenzioso e robusto, pareva la nemesi di Michal, aveva ereditato dalla madre, capelli scuri e occhi verdi, un carattere irruento ed impulsivo come vento di levante. Le differenze di carattere non parevano altro che collante tra i due che sin da subito scelsero di farsi compagnia ogni giorno. L'uno pareva completare le mancanze dell'altro, quando a scuola Michal non rispondeva alle offese dei coetanei, Andrej interveniva a muso duro, difendendolo da parole taglienti come lame e Michal dal canto suo, era sempre pronto a calmarlo quando dopo le botte del padre, Andrej pareva impazzire dalla rabbia, conosceva bene le parole da usare per placarlo.

Amici.

L'uno accanto all'altro, come canne di stagno, immerse nella stessa acqua.

Andrej, non parlava molto ma, con gli occhi pareva gridare guardando Michal, faticare per alzarsi dalla sedia.

Non era giusto. Michal era gentile, non meritava di penare a quel modo, lui che neanche era capace d'offendere una mosca, non era pronto a soffrire così. Quando dopo l'ennesima caduta Andrej chiedeva all'amico spiegazioni, Michal rispondeva che era soltanto inciampato e di perdonarlo per la sua goffaggine.

SOLO I BUONI MUOIONO GIOVANIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora