Just soccer

1.4K 90 13
                                    


Claudio Sona non aveva mai amato il calcio e ne andava fiero. Non riusciva proprio a capire la testardaggine di tante persone nel volersi chiudere in casa per un'ora e mezza, o forse più, a guardare una ventina di uomini correre dietro una palla. Neanche che ci fosse tutto questo gran bel vedere poi, perché, dalla sua modestissima esperienza, aveva potuto evincere che i giocatori di calcio, pur essendo atleti, non fossero proprio degli Adoni, in fatto di bellezza estetica; i polpacci troppo grossi e le gambe allenate in maniera spropositata rispetto al resto del corpo. In poche parole, non ci si poteva neanche rifare gli occhi.

Ovviamente per ogni cosa c'era un'eccezione.

Da qualche mese infatti Claudio amava il calcio un po' di più. In particolare da quando un certo Mario Serpa si era presentato ad una loro esterna con i pantaloncini attillati, gli scarpini e un pallone tra le mani. Era stato distratto tutta l'esterna a guardarlo muoversi con disinvoltura nel campo da gioco, finalmente libero e a suo agio, noncurante delle telecamere. Aveva davvero faticato a mantenere alta la concentrazione durante quell'ora, avendo vicino Mario Serpa con il completo da calcio total black che gli risaltava il fondoschiena- non poteva negare di averci dato più di un'occhiata- , affaticato dall'allenamento, leggermente sudato e che lo guardava in quel modo. Il solito modo in cui Mario lo aveva sempre guardato.

Con il tempo e il progredire della loro storia aveva capito che Mario e il calcio erano due elementi indistinguibili e si era rassegnato al fatto che avrebbe passato il resto della sua vita con un uomo che avrebbe preferito mille volte guardare una partita in tv piuttosto che partecipare ad un evento di alta moda. Lo aveva accettato di buon grado perché l'amore è anche questo, anzi forse lo amava proprio per questo, tuttavia ancora continuava a non comprendere il trasporto feroce a cui Mario si lasciava andare ogni volta che si trovava di fronte ad una partita di calcio.

Se ne era lamentato in una diretta Instagram durante la quale il suo ragazzo aveva preferito tenere gli occhi fissi sullo schermo del televisore invece di seguirlo nei saluti alle persone che li sostenevano quotidianamente, ed era stato quella sera stessa che Mario gli aveva fatto quella proposta.

"Scommetto una settimana di pulizie che riesco a farti appassionare al calcio"

E Claudio aveva accettato, gongolando già per la vittoria perché, se sei amico di Paolo Pini, tifoso accanitissimo e dai discorsi monotematici sul Chievo, e non sei stato influenzato dal suo irruento fanatismo in trent'anni suonati, allora nessuno può riuscire nella stessa impresa.

Mario aveva fatto un sorriso sornione a si era subito allontanato per parlare al telefono.

"Ho appena chiamato Federico" gli comunicò poi "Il 5 marzo andiamo a vedere Lazio-Chievo all'Olimpico con lui e Clari"

Claudio sorrise: era contento di rivedere quei due matti

****

Claudio era abituato alla folla, al delirio e alla sensazione di soffocamento, ma questo andava davvero aldilà di ogni suo limite di sopportazione. Lo Stadio Olimpico prima di una partita sembrava un luogo di pellegrinaggio. Gente di tutte le età e di tutti i tipi, tutti con addosso sciarpe o cappelli bianco-azzurri,e semplicemente troppa. Si sentiva davvero un pesce fuor d'acqua. All'ennesimo spintone di un bambino che aveva rischiato di ammazzarlo, aveva riferito prontamente al suo ragazzo che se prima aveva qualche possibilità di vincere quella stupida scommessa, ora non aveva neanche mezza: odiava con tutto se stesso quel maledetto gioco.

Mario invece sembrava la tranquillità fatta persona: cappuccio tattico sulla testa per non farsi riconoscere troppo, sciarpa della Lazio, aveva l'aria di chi si trova assolutamente a suo agio e il sorriso di chi la sa lunga. Ma non era lui quello che andava in ansia davanti alla folla? Da quando i ruoli si erano invertiti?

Just SoccerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora