Martedì 14 febbraio - The end...or just the begin

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"Why me?"
"Because you saw me when I was invisible."


35 anni dopo


Così come tutti gli anni anche quella volta Febbraio era arrivato ed insieme a quel mese anche il quattordici, il fatidico giorno di San Valentino. Anno dopo anno quella festività era sempre arrivata, puntuale come un orologio svizzero ed era la protagonista a cui venivano dedicati film romantici strappalacrime e immensi peluches.
In tutti quegli anni Kurt non era mai riuscito a cambiare la sua opinione su quel giorno, gli era sempre sembrato inutile, era dell'idea che l'amore andasse dimostrato sempre, in ogni circostanza e non soltanto in un giorno prefissato.
Blaine, al contrario, lo aveva sempre amato, fin da ragazzo; non aveva mai perso l'occasione per riempire suo marito di regali, anche magari i più banali, ma lo faceva felice vedere il moro fingersi innervosito, ma poi sorridere mentre apriva il suo regalo.
Sapeva che a Kurt piaceva sentirsi in qualche modo speciale e Blaine amava essere l'uomo che causava la gioia nel suo unico amore.
Erano letteralmente cresciuti insieme, anno dopo anno, sfida dopo sfida; da quando avevano solamente sedici anni, passando per un matrimonio e anni da genitori, avevano affrontato tutto insieme e non sarebbero mai potuti più essere gradi alla vita per tutti i bellissimi doni che aveva fatto loro.
L'ultimo di essi era il loro nipotino di circa dieci anni, una vera peste che si era insinuata nelle loro vite con un uragano e le aveva sconvolte.
Il piccolo si chiamava Finn, in onore dello zio defunto; non c'era stato bisogno di dire nulla, non appena Tracy aveva scoperto di aspettare un bambino le era venuto spontaneo scegliere quel nome.
La ragazza avrebbe voluto conoscere quello zio con tutto il suo cuore, i suoi papà e Rachel ne parlavano sempre benissimo e lei si era fatta una grandissima idea di lui, tanto che aveva deciso di fare il suo nome al figlioletto.
Finn era un ragazzino del tutto identico a Blaine, sia per i capelli scuri e riccissimi, sia per i grandi occhioni color del miele; come il nonno non era molto alto, ma aveva una forza di spirito immensa e trovava sempre il lato positivo delle cose.
Caratterialmente aveva preso tutto da Tracy e Rachel: aveva una determinazione che faceva quasi paura e la sua voce si stava rivelando magnifica.
I due nonni materni avevano aiutato molto a crescere il bambino quando entrambi i genitori erano a lavoro: la madre era diventata un nome di spicco nel campo della psicologia statunitense e il padre era un farmacista rinomato; ambiti totalmente differenti da quelli di Kurt e Blaine, ma era felici e quello bastava.
Anche quel pomeriggio Finn era a casa dei nonni, chiuso in camera sua a giocare con i videogiochi: era un'abitudine che a Kurt non andava molto a genio e cercava sempre di spronarlo a fare altro.
"Scricciolo, non ti andrebbe di fare altro? Te ne stai sempre in camera quando sei solo."
Il bambino mise in pausa il gioco e si alzò, andando incontro all'uomo.
"Nonno?"
Kurt lo guardò, facendogli cenno di parlare.
"Possiamo andare al parco insieme a nonno Blaine? E' tanto che non ci andiamo e voglio prendere un gelato!"
Kurt gli sorrise passandogli le mani tra i capelli e annuì, tornando in salotto per avvertire suo marito, comodamente seduto sulla poltrona a leggere.
"Ehi Blaine?"
Il più piccolo si voltò per guardare chi lo aveva chiamato e gli sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi.
"Dimmi pasticcino."
Il più grande sbuffò divertito, colpendolo appena sulla spalla.
"Tesoro abbiamo settant'anni, ti pare il caso di chiamarci ancora con certi soprannomi da adolescenti?"
Il riccio fece finta di pensarci per qualche secondo, poi si alzò in piedi e andò ad accendere lo stereo, inserendo un preciso CD, tutto mentre Kurt lo guardava con sguardo dubbioso.
"Cosa diavolo stai facendo?"
La stanza, improvvisamente, fu avvolta dalle note di una famosissima canzone, "Dancing Queen" degli Abba; Kurt sorrise non appena la riconobbe e scosse la testa, sentendo le guance tingersi leggermente: erano passati decenni, ma nulla sembrava cambiato da quella sera.
"Scusi, mi concede questo ballo?"
Blaine era in piedi in mezzo alla stanza, tendeva una mano a suo marito e attendeva con ansia una risposta; il più grande si era morso appena le labbra, poi aveva deciso di stare al gioco, rispondendo.
"Si signore, certamente."
Kurt aveva preso la mano del marito e si era stretto a lui, proprio come quella sera al Ballo di fine anno di moltissimi anni prima; sorrise mentre sentiva il riccio stringerlo a sé ed iniziarono a ballare nel soggiorno, come se esistessero soltanto loro due e nessun altro al mondo.
"Ricordi? La ballammo al ballo del terzo anno, Dave si era fatto sopraffare dalla paura e ti aveva abbandonato al centro della pista; avevo notato il tuo sguardo e allora decisi che dovevo fare qualcosa. Ebbi troppa paura alla mia vecchia scuola per affrontare i bulli, ma avevo abbastanza coraggio per affrontarli alla tua, che poi diventò la nostra. Sai chi mi aveva dato quel coraggio? Tu, eri stato tu Kurt e non ti ringrazierò mai abbastanza per tutto quello che hai fatto per me, anche senza saperlo, in tutti questi anni."
Il più grande sorrise a quelle parole: certo che ricordava quella sera, era stata una delle serate più belle della sua vita dopotutto; aveva capito che insieme a Blaine non avrebbe mai dovuto avere paura di nulla e che ci sarebbe sempre stato qualcuno al suo fianco.
"Mi stavo chiedendo una cosa, Blaine. Perchè me? Cioè, tra tutti quelli che conoscevi, perchè proprio me?"
Il più piccolo sorrise istintivamente e stava per rispondere a quella domanda, ma un colpo di tosse proveniente dal corridoio li distrasse; era Finn, che li stava guardando con aria indagatrice.
"Nonni?"
I due ridacchiarono e si staccarono, mentre Blaine andava a spegnere la radio e Kurt prendeva i cappotti per uscire.
"Allora, andiamo al parco?"
La domanda uscì flebile dalle labbra di Finn, ma la risposta di nonno Blaine era chiara.
"Andiamo al parco scricciolo."

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