•Un grido di un giovane lupo mannaro•Remus Lupin

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13 aprile 1998
Mi svegliai. Quella notte di luna piena era passata come le solite precedenti. Girai gli occhi un po' ovunque ispezionando la stanza in cui mi trovavo. Sul comodino c'era un quadernino dall'aspetto strano, antico. Sembrava essere stato usato non so quante volte. Se fosse stato una persona l'avrei paragonato alla mia persona. Io ero stanco. Io ero stremato. Io ero Remus Lupin. Ed erano anni che, Remus Lupin, era stanco di vivere.
Presi il libro rilegato dalla pelle nera un po' schiarita sugli angoli e lo aprì. Le pagine ingiallite dal tempo erano limpide, senza incisioni di inchiostro nero. Guardai fuori dalla porta e vidi Ninphadora col pancione mentre dormiva sulla sedia del corridoio. Afferrai la bacchetta e con un incantesimo non verbale chiusi la porta e appellai la penna.
Iniziai a scrivere...

C'era una volta un bambino di nome Remus Lupin. Aveva solo quattro anni e suo padre era appena tornato a casa, un'uomo dal carattere dolce ed estroverso che lavorava molto per il bambino e la sua adorata moglie. Quella povera donna, che aveva una strana malattia non identificata e che doveva aspettarsi un figlio, anche lui, destinato ad un maleficio. Ma tornando a quella sera...
Il signor. Lupin aveva salutato la sua famiglia e poi, tutti insieme, si erano seduti intorno al tavolo del salotto, per mangiare. Parlarono del più e del meno e l'uomo era fiero della missione che aveva appena finito di compiere: uccidere un gruppo di Lupi Mannari. Era riuscito nel suo intento portando così, una nuova paga a casa. Ma non sapeva ancora quanto avrebbe sofferto. Pochi minuti più tardi, dopo aver finito di cenare, per il piccolo Remus, il bambino, era arrivata l'ora di andare a dormire. Ancora mi chiedo cosa sarebbe successo se non fosse andato a dormire, quella notte. Un'essere non umano entró dalla finestra dalla cameretta del bambino. Un morso, un morso sul collo e un urlo che spezzó il silenzio di quella sera. Il destino di Remus era appena stato segnato e non sarebbe cambiato.
16 febbraio 1965
Era passato più o meno un mese da quando Remus era stato morso. I genitori del piccolo Lupin lo rassicurarono che sarebbe andato tutto bene, che se ce l'avrebbe fatta a sopravvivere a quella notte sarebbe riuscito a diventare il re del mondo. Nessuna promessa venne mantenuta. Si trovava in una stanzetta del seminterrato, la cantina dei Lupin per l'esattezza. Remus stava guardando il cielo nuvoloso in cui si identificava facilmente una luna più che luminosa e gigantesca, quasi piena. Non passó molto che si riempì, diventando un cerchio perfetto, quasi disegnato col compasso, riempitó da un bianco lucente in un nero oscuro. Il piccolo Lupin sentì una strana sensazione dentro di lui e capì che c'era qualcosa che non andava. Infatti in pochi minuti la testa del bimbo divenne lunga quanto una scarpa di piede 40 e gli arti si allungarono e rinsecchirono. I vestiti saltarono dall'esile corpo stracciandosi gli uni sugli altri mentre la sua pelle diventava di uno strano colorito tendente al blu. Si coprì di peli e le unghie delle dita di fecero appuntite, proprio come i denti. Gridó, un grido non umano. Un grido di un giovane Lupo Mannaro.

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