Collega

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La morte.
La cessazione delle funzioni vitali di qualsiasi organismo vivente. Una condizione permanente ed inevitabile. Con essa si pone la parola fine ad un intera esistenza, che sia stata bella e piena di felicità o cupa e piena di sofferenze. In ogni caso, nessuno può sfuggire alla morte. L'inesorabile destino di ogni uomo, donna e bambino.
La morte.
La fine di ogni cosa.
Ci sono diversi modi di vedere la morte. C'è colui che soffre per la perdita di qualcuno a lui caro. Piangendo sulla tomba e portando fiori. Pregando in chiesa ogni sabato per la sua anima. Soffrendo al ricordo di quando era ancora in vita.
Poi ci sono quelli come James. Che osservano la morte a distanza. Dal vetro di una lente, dalle foto di una scena del crimine 0 direttamente sul luogo del delitto. Persone come lui, detective, sono abituate a vedere cadaveri. Il loro sangue, l'odore di un corpo in stato di decomposizione, l'autopsia al dettaglio di ogni organo, esaminato al microscopio. Loro hanno a che fare con la morte ogni giorno, tenendosi sempre ad una certa distanza. In tali situazioni riescono a mantenere un certo distacco dalle vittime. È facile essere obiettivi quando la persona che ritrovi sul tavolo dell'obitorio, non è un tuo conoscente. Ma quando sono persone care, nessuno riesce a rimanere impassibile.
Nessuno.
Nemmeno la persona più insensibile del mondo. È semplicemente impossibile.

Un incubo.
Il solito sogno lo aveva svegliato.
James si rigirò sul letto, massaggiandosi gli occhi. Il volto rivolto verso l'alto. Fissava il soffitto sopra la sua testa. Grigio, vuoto. In quello spazio poteva immaginare qualsiasi cosa volesse. Ogni suo desiderio.
La stanza era spoglia, c'era solo il letto ed un armadio per qualche vestito. Niente altro. Non me aveva bisogno.
Nel silenzio di quella mattina, udiva unicamente il ticchettio della pioggia che batteva sul tetto.
Tic. Tac. Tic. Tac.
Una goccia dopo l'altra. Con calma si alzò dal letto, andando verso la cucina. Il suo appartamento era grande, quel che bastava per una singola persona. Non aveva bisogno di altro perché lui era solo. E così doveva rimanere. Non poteva creare legami perché quelli portavano solo dolore, sofferenza.
I legami fanno soffrire le persone. Per quello quando perdiamo qualcuno stiamo male. Perché avevamo una connessione con lui. James non voleva essere debole, non poteva se voleva avere ciò che da sempre desiderava.

Toc. Toc.
Qualcuno aveva bussato. Il suono delle nocche sulla porta, attirò James. Senza fretta si avvicinò all'ingresso e con altrettanta calma aprì la porta. Mostrando una donna, alta, snella, dai lunghi capelli bruni che con passo veloce e deciso entrò nell'appartamento.
Le braccia incrociate al petto. La borsa a tracolla sulla spalla destra, che scivola leggermente verso il basso. Il colletto della camicia aperto, quasi disordinato. Una macchia sulla parte superiore del labbro, i capelli leggermente spettinati ed un intenso profumo di colonia maschile. James si focalizzò su quei dettagli, sulla sua espressione corrucciata. Chiuse la porta e si avviò verso la cucina, prendendo un bicchiere d'acqua ed una delle sue pillole. Lo aiutavano a superare le giornata, respingendo l'emicranie giornaliere.

- Detective Wright - la donna guardò attentamente il suo fisico. Bicipiti scolpiti, sudato. Perfetto.
" Accidenti! Non puoi presentati a me in questo modo, come faccio ad essere professionale con te così! " . Pensava la donna, cercando di elaborare le parole giuste. Cercando di non inciampare in situazioni imbarazzanti - Sono la sua nuova collega, l'agente Sasha Camp e mi scuso in anticipo se ho fatto tardi, ieri ho ... - fece una breve pausa, di qualche secondo. Per pensare, ragionando bene sulla risposta. - Ho lavorato fino a tardi a dei documenti per accertare il trasferimento e stamattina mi sono svegliata tardi.

James inghiottì la pastiglia, sorseggiando l'acqua. Poi il suo sguardo si posò su di lei.
La guardò.
Intensamente.
Il volto. La postura. Il modo in cui teneva la borsa, ogni cosa.
Chiuse gli occhi e nella sua mente si immaginò ogni secondo della sua serata. Quello che diceva non era la verità. Mentiva per non fare brutta figura. Percepiva il suo imbarazzo, di fronte a lui, di fronte al suo corpo.
Riaprì gli occhi, sospirò - Non è vero - disse poggiando il bicchiere nel lavandino, senza rivolgerle lo sguardo. Intuendo il suo stupore. Sentendo alle sue spalle la tensione aumentare, così come il battito cardiaco ed il respiro.

- S-scusi.? .. Cosa non sarebbe vero? - la donna era nervosa. Sfregava le dita tra di loro, cercando di rilassarsi. Sapeva che lui aveva capito, non poteva ingannarlo. Nessuno poteva farlo.

- Quello che hai detto - rispose lui - Non hai lavorato fino a tardi, eri con un'uomo - anche senza vedere la sua espressione sapeva che era rimasta senza parole - Non sono affari miei, anche se me lo avessi detto non mi avrebbe cambiato la giornata - alzò gli occhi verso di lei. Fulminandola con lo sguardo. I suoi occhi vuoti, spenti, senza emozioni, la fissarono. Mettendola in soggezione - Ma non mi piace che la gente mi menta, quindi non farlo più.

Lei fece per rispondere, ma non ci riuscì. Si bloccò, come un statua di pietra. E mentre lui se ne andò in camera sua a cambiarsi, lei lo aspettò. Impalata in mezzo al salotto. Con la borsa stretta tra le sue esili mani. Curate, le unghie della stessa misura coperte di smalto. Nervosamente giocava con la tracolla, cercando di capire come lui avesse potuto sapere di lui, del suo uomo. Non l'aveva detto a nessuno. Era una cosa segreta, fra lei è lui. Non più però, perché James lo sapeva. " Come diavolo fa a sapere sempre tutto?! Ora capisco perché ha cambiato decine di colleghi, la sua invadenza e la sua sapienza, sono insopportabili! " pensò tra se e se.
Lei era da poco in polizia, affidata al detective James Wright, della sezione omicidi. Uno dei detective più famosi della polizia londinese. Conosciuto per le sue eccellenti capacità deduttive, colui che ha consegnato alla giustizia una decina di assassini. Famoso, ma allo stesso tempo evitato da tutti, per il suo carattere.
Invadente.
Antisociale.
Quasi sociopatico, incurante delle emozioni altrui, senza nessun legame e dal passato più oscuro della notte.
All'accademia aveva sentito parlare di lui, delle sue storie, delle voci sul suo conto. Anche se non lo conosceva, lo ammirava. Si immaginava come fosse lavorare con lui, ed ora lo sapeva. Quello era uno dei suoi primi giorni. Fresca, fresca d'accademia, pronta a lavorare al suo fianco.
Eccitata.
Ma allo stesso spaventata.
Intimorita da lui.
In sua presenza sapeva di non essere abbastanza brava. Abbastanza intelligente da poter reggere una conversazione intellettuale con lui. Lo sapeva. Ma ci voleva provare lo stesso, inoltre le era stato ordinato di essere la sua collega. " Imparerai molte cose lavorando con lui, affinerai il tuo istinto, le tue tecniche investigative. Assimila ogni dettaglio, ogni particolare della vita di quell'uomo, si la sua ombra" . Avevano detto i suoi capi. E così avrebbe fatto. L'avrebbe seguito anche in capo al mondo, perché ora loro erano partner, colleghi.

James uscì dal corridoio. Una semplice maglietta verde marcio era coperta da una giacca in pelle. Sul viso c'era un accenno di barba, corta, quasi impercettibile. I capelli, sistemati in modo preciso con il gel.
Quando lo guardò rimase per un attimo senza fiato. Dimenticandosi di respirare, o di fare qualsiasi altra cosa. Ai suoi occhi lui si muoveva al rallentatore verso di lei. Si senti schiacciata dalla sua presenza, dal suo essere.

- Ehi - lei non rispose. Era ancora incantante di fronte a quella visione. Davanti a quel corpo perfetto. - Ehi!

- Si! Detective Wright! - intimorita raddrizzò la schiena, come di fronte ad un generale - Mi spiace.... ero distratta.

- L'ho notato - James le passò a fianco. Avviandosi verso la porta - Andiamo.

- Si! - rispose lei con decisione.

Prima di uscire James si bloccò. Voltandosi verso di lei, fissandola.
- Ripetimi il tuo nome, non me lo ricordo.

- Sono l'agente di polizia Sasha Camp. - le diede la mano, in segno di saluto e rispetto. Lui la guardò, senza stringerla. - È un piacere lavorare con lei sig. Wright.

- Chiamami James - si girò verso la porta, ignorando la mano della donna - Non amo essere chiamato per cognome.

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