Ricordo perfettamente i miei occhi fissi su un punto indefinito che cercavano di trovare qualcuno o qualcosa, pronto li a sostenermi.
Eppure non c'era nessuno, nessuno a cui importasse la mia vita, la mia felicità.
Ricordo benissimo la sensazione di volere morire, troppe volte provata sulla mia pelle per una ragazza della mia età; età in cui dovrei solo amarmi e amare.
Come potrei mai dimenticare il sangue scendere da ogni parte del mio corpo, da piccoli tagli lentamente e dolorosamente autoinflitti.
Ricordo ogni volta in cui ho sperato che la mia vita venga presa, per restituire al mondo un'anima che apprezzerebbe ciò che io non apprezzo.
Io sono nata per stare sola, per soffrire nel silenzio della solitudine, eppure sono circondata da cattiveria, cattiveria umana che non mi permette neanche la possibilità di liberare il mio corpo dal dolore che loro mi causano.
Non mi permettono di sfogarmi, nel mio piccolo.
Non riesco più a piangere.
Non riesco più a vivere.
Non riesco più a vedere un futuro, con i miei occhi oscurati dalla sofferenza.
Non sento più freddo, nè caldo.
Non sento più i miei respiri per quanto corti e consumati.
Non sento nemmeno più la me che dopo ogni colpo aveva voglia di rialzarsi e riprovare, perché ormai lei è morta.
E non la ho uccisa io, no.
La hanno uccisa loro, giorno dopo giorno, graffio dopo graffio.