Monday

608 55 8
                                    

Un lunedì come tutti gli altri.

Erano le due del mattino e Mario non riusciva a prendere sonno, dopo minuti passati a rotolarsi tra le lenzuola decise di alzarsi e piano piano appoggiò i piedi nudi sul pavimento freddo. Un brivido lo percosse, ma ci fece poco caso.
Si diresse lentamente verso la cucina e avrebbe potuto girare tra le stanze di quella casa ad occhi chiusi, ci abitava da così tanti anni da conoscerne a memoria ogni angolo. Eppure dalla sua stanza fuoriusciva un brandello di luce, una lampadina sempre accesa stava lì a tenergli costantemente compagnia. La sua stupida paura del buio.

Curioso, no, come un uomo di 30 anni avesse bisogno di una luce fissa nella sua vita? Mario si era sempre considerato uno con tante ombre dentro, ombre che non erano chiare neanche a lui la maggior parte delle volte e proprio per questo aveva avuto bisogno di un appiglio, almeno di notte, almeno quando nessuno lo avrebbe potuto giudicare infantile, stupido, vile. Aveva paura del buio, e più di ogni cosa aveva paura che quell'oscuro e assordante silenzio avesse potuto in qualche modo assomigliare alla sua anima.

Si avvicinò alla finestra e la aprì, prese il pacchetto di sigarette che teneva sempre sul davanzale e ne sfilò una. La accese e aspirò per poi immediatamente ributtare fuori il fumo. Assaporava ogni tiro e guardava la sua Roma addormentata, si rese conto che mai sarebbe stata più bella.  

Gli piaceva il caos, gli piaceva vivere in una città così grande, gli piaceva andare in giro per locali assieme ai suoi amici, ma gli piaceva di più passeggiare da solo per i vicoli di Trastevere e più di una volta si era ritrovato appagato nel sentirsi protetto da quella stessa grandezza, come se ogni posto fosse un nascondiglio perfetto, come se quelle strade fossero in grado di risucchiarlo e farlo sentire libero. Libero da qualsiasi costrizione, libero dai suoi stessi pensieri, libero da qualsiasi ricordo.

Erano passati alcuni mesi da quando aveva visto Claudio l'ultima volta alla stazione, mesi da quando i loro sguardi si erano incrociati per l'ultima volta. Eppure Mario riusciva a ricordare ancora perfettamente il luccichio dei suoi occhi, quel verde cristallino in cui tante volte si era perso, sempre vispi e pieni di allegria, sempre gentili. Quegli stessi occhi che riuscivano a farlo ridere imbarazzato senza che Claudio dicesse nulla. Quegli stessi occhi in cui tante altre volte si era ritrovato, a cui aveva concesso il privilegio di scavargli dentro. Quegli stessi occhi che l'avevano guardato, attentamente, scrutando ogni suo più piccolo particolare e che l'avevano stregato. Forse si, sarebbe stato meglio non innamorarsene, ma non si sarebbe mai pentito del tutto di averli incontrati e di averli amati, almeno un po'.

Tra un pensiero e l'altro si accorse di tenere in mano il filtro di una sigaretta ormai spenta, finita del tutto. Si chiese come una cosa potesse esaurirsi in un battito di ciglia, senza farsi accorgere. Si chiese come una cosa così nociva potesse portare alla dipendenza. Come potesse risultare appagante assaporarla e poi sconfortante buttarla schiacciandola dentro a un misero posacenere, esattamente come stava facendo lui in quel momento.

Per un attimo rimase immobile, poi si voltò verso il corridoio che collegava la cucina a tutte le altre stanze e lo ripercorse come pochi minuti prima.
Appoggiò la testa al cuscino, guardò la lucina ovattata alla destra della porta e poi spostò lo sguardo verso il soffitto. Si ripromise di spegnere i pensieri e chiuse gli occhi. Un sospiro quasi impercettibile fuoriuscì dalla sua bocca, addormentarsi non era mai stato così difficile come quella notte.


Quando riaprì gli occhi sentì i raggi del sole accarezzargli il viso, era quasi estate e, per quanto amasse questa stagione, aveva sempre odiato svegliarsi e sentire il senso opprimente del caldo sulla pelle.

Si sentiva infastidito, nervoso. Si impossessava di lui la convinzione che da lì a poco sarebbe successo qualcosa, che non sarebbe stata una giornata come tutte le altre. Eppure, come tutte le altre la routine si faceva rispettare: doccia fredda, caffè, sigaretta, venti minuti davanti allo specchio cercando di dare un senso ai propri capelli, corsa in macchina fino al negozio, solito rimprovero per il ritardo, solite risate con le sue colleghe, soliti finti sorrisi ai clienti poco simpatici.

Piegava nervosamente una maglietta, l'ultima prima della fine del suo turno. Non vedeva l'ora di tornare a casa e guardare un film sul divano, mangiando la sua pizza preferita. Voleva solo un po' di pace, distrarsi.. ma alla sua maniera. Niente serate folli, niente sbronze, nessun'amica che cercasse di presentargli uomini. Voleva stare da solo, e andava bene così.
Guardò l'orologio, sorrise e recuperò il suo borsone in magazzino. Salutò i suoi colleghi e imboccò Via Del Corso.

L'occhio andò a posarsi su quelle scale di fronte al negozio e si vietò di immaginarci Claudio seduto sopra. Si vietò di immaginare Claudio che lo chiamava, che lo sorprendeva. Si vietò di ricordare Claudio che voleva provare a vivere qualcosa di quotidiano, una quotidianità che non avrebbero mai avuto. Si vietò di ricordare che Claudio lo aveva portato a vedere un film e a mangiare una pizza, e che caso del destino lui avrebbe fatto lo stesso anche quella sera, da solo.

Una volta arrivato a casa col cartone della pizzeria sottobraccio si appuntò mentalmente di dover ricominciare e che, forse, avrebbe dovuto fare qualcosa di più appagante, magari stare in compagnia. Se stare da soli lo faceva comunque ripensare a ciò che non era riuscito a prendersi, allora non era la soluzione più adatta.

Un messaggio lo scosse: Margeaux.

"Chiamami appena puoi, è urgente. Claudio vuole vederti"

Il telefono gli cadde dalla mano, la mente cominciò a pensare a qualsiasi motivazione spingesse l'ex tronista a volergli parlare. Com'era strano che ogni volta che il pensiero di cancellare Claudio Sona dalla sua mente e dal suo cuore lo sfiorasse, qualcosa lo riportava a lui? Come una calamita e il suo magnete, Claudio lo attirava e Mario lo sapeva, se lo sentiva, che quel giorno sarebbe successo sicuramente qualcosa.

****

N D A

Eccomi qui. So che vi sembrerà strano ricevere una notifica da questa storia, è effettivamente passato fin troppo tempo anche per i miei gusti.
Avrei voluto postare nel corso di questi mesi ma, credetemi, c'era qualcosa a bloccarmi. Era più forte di me, non riuscivo.
Mi scuso per l'attesa di questo capitolo e soprattutto scusate se i primi capitoli vi sembrano troppo introspettivi, vi giuro che prima o poi sarà una cosa più dinamica.

In realtà questa storia nasce anche come un mio sfogo personale, un modo per mettere assieme dei pensieri, c'è molto di me, ho sempre scritto così. Prometto però che cercherò di migliorarmi!
Spero continuiate a seguire la storia e fatemi sapere cosa ne pensate. Grazie per ogni commento e ogni stellina che avete continuato a regalare ai miei Mario e Claudio, grazie per la pazienza che ci avete messo.

A presto.
Giuls.

Ps. Potrebbero arrivarvi delle notifiche, sto aggiustando un po' la forma dei capitoli! Un bacione enorme :) 

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 08, 2017 ⏰

Aggiungi questa storia alla tua Biblioteca per ricevere una notifica quando verrà pubblicata la prossima parte!

Nessun posto è casa miaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora