Non c’era un vero motivo perché Noodle fosse entrata nella stanza di Stu quella sera. Ormai era una cosa tanto naturale che nessuno ci dava più alcun peso. Russel si preoccupava, un tempo, quando vedeva quel cosino di bambina sfrecciare in corridoio a piedi nudi, bussare alla porta del tastierista del gruppo e fiondarsi a razzo nel suo letto non appena lui le apriva, raggomitolandosi sotto le coperte per non riemergerne più fino al mattino. Forse gli incubi della piccola avevano un qualche significato, aveva riflettuto talvolta assieme a Murdoc. Ma Murdoc non se ne interessava più di tanto. A lui bastava che 2-D riuscisse a tranquillizzarla abbastanza da permetterle di suonare al meglio nelle prove del giorno dopo.
Certo, ora che Noodle era un bel po’ cresciuta e che il suo entrare nel letto di 2-D non appariva più tanto infantile agli occhi degli altri, gran parte di quella distaccata condiscendenza era stata rimpiazzata dal fastidio; e l’inquietudine di Russel era salita a livelli massimi. Ma né Noodle né Stu ci facevano caso. Era semplicemente il prosieguo di un’innocente abitudine, e a loro stava bene così.
E anche stasera, quando la ragazza aveva bussato alla porta, 2-D era andato subito ad aprirle, con la mano incollata alla tempia.
«Di nuovo le tue emicranie?»
Aveva borbottato qualcosa di incomprensibile, torturando la cicca tra i denti e frizionandosi forte la cute, gli occhi socchiusi. Da piccola, Noodle aveva avuto un po’ paura di quegli occhi completamente neri. Adesso pensava che fossero quelli giusti per lui, gli occhi di Stu-san, e basta: diversi all’apparenza, vuoti di pensieri, ma buoni e dolcissimi, come il suo tenerla stretta per farla riaddormentare dopo un brutto sogno. Sì, perché a volte succedeva ancora.
Masticò scrupolosamente il chewing-gum finché non sentì che tutto il sapore era andato perso. Stu era in piedi accanto alla finestra, un bicchiere d’acqua in una mano, il contenitore di pastiglie già pronto nell’altra. Si lisciò la gonna, pensosa, sbirciandolo da dietro i capelli.
«Quelle ti fanno solo stare peggio.»
Lui si voltò a guardarla con quelle sue iridi senza sfondo. «Mh?»
«Le pastiglie. Non risolverai niente continuando a rimpinzartene.»
Stu sbuffò. Seriamente, a volte sembrava lui il bambino del gruppo.
«Mi fa male, Noods» si lamentò, come per spiegarle l’evidenza.
«Hai, lo so. Ma ci sono altri metodi per farlo passare.»
Alzò un sopracciglio. «Ad esempio?»
Noodle sputò il chewing-gum nel cestino accanto alla scrivania. Quindi gli si avvicinò, gli sfilò dalle dita bicchiere e contenitore, lo prese per mano e lo condusse gentilmente verso il letto.
2-D s’innervosì vistosamente. «E-ehi, Noods, non credo che sia il caso di...»
Lei lo spinse a sedere contro la testiera. Poi si sfilò le scarpe, gli si accucciò di fronte e gli prese di nuovo entrambe le mani.
«Chiudi gli occhi, Stu-san.»
«Cosa?»
«Vuoi farti passare il mal di testa o no?»
«Ma...»
«Stu-san!»
Lui l’accontentò. L’accontentava sempre, quando pronunciava il suo nome con quella nota cocciuta. Ora che erano più vicini alla luce soffusa della lampada, Noodle vide che era arrossito. Per un attimo si chiese cosa accidenti gli fosse passato per la testa – ma quanto era baka, [il suo] Stu-san?!– ma tornò subito presente a se stessa, e riprese a parlare con voce calma e lenta.
«Bene, allora. Concentrati sul dolore. È quella la cosa da mandar via, perciò devi averlo ben chiaro nella mente. Lo vedi?»
2-D tacque perplesso. Sembrava ragionevolmente convinto di non poter vedere un bel niente, così a occhi chiusi. Noodle trattenne un sorriso, limitandosi a stringerli forte le mani e a continuare a parlare, nello stesso tono regolare e privo d’inflessioni.
«Sì che lo vedi. Guardalo; guarda quanta sporcizia c’è nel tuo cervello: sono le cose brutte della giornata. È quello, il mal di testa. Si è sparpagliato ovunque, in ogni angolo, in ogni fessura, e farà sempre più male se non lo spazzerai via. Lo vedi, vero?»
Straordinariamente, 2-D si accigliò e annuì pianopiano, come se non ci credesse del tutto.
Noodle non gli lasciò andare le dita, ma mosse le mani in modo da fargliele chiudere quasi a pugno, serrandole con le sue attorno a un oggetto invisibile.
«Adesso prendi questa scopa, così, e spazziamo via tutto. Va bene?»
Lo guidò nel movimento, facendogli ‘ripulire’ il suo stesso cervello. Stu la seguì con silenziosa docilità. Forse la giudicava una stupidaggine; tutti erano naturalmente inclini a giudicarla una stupidaggine. Ma Noodle era consapevole della portata emotiva di quel semplice esercizio.
«Vedi, Stu-san? Della sporcizia abbiamo fatto un cubo. Sentilo, toccalo.»
Le mani di Stu toccavano l’aria, ma il suo inconscio di certo sentiva il dolore di cui doveva sbarazzarsi. Lo vide annuire di nuovo, appena prima di stringerli ancora le mani perché afferrasse saldamente il fantomatico cubo e – «E adesso, lo buttiamo via» – lo gettasse in un fantomatico cestino.
Passò qualche lunghissimo secondo di silenzio; nuovo, questo, e più leggero. Non aveva bisogno di stare nella testa di Stu per rendersene conto. E, a dirla tutta, sembrava molto più piacevole stare qui fuori a sentire il calore delle sue lunghe dita affusolate, così... così perfette per suonare uno strumento delicato come il piano. Oh, Kami – adesso era la sua testa ad andarsene per conto proprio.
«Funziona, Noods» esclamò 2-D, ancora a occhi chiusi, così all’improvviso da farla quasi sussultare. «Il mal di testa è... è sparito.»
Noodle annuì, anche se lui non poteva vederla. «Hai, Stu-san. L’hai mandato via tu, no? E adesso pensa a un bel posto in cui ti piacerebbe trovarti. Ti farà stare ancora meglio, vedrai.»
Ci pensò su per un solo istante. E poi le rispose come se fosse la cosa più naturale del mondo.
«Qui va bene. Ci sei tu con me.»
No; questa volta non riuscì a sopprimerlo, il sorriso. Era un bene che lui non avesse aperto gli occhi.
Dopo, Noodle non seppe spiegarsi con esattezza come, quando e perché avesse scelto di approfittare della cosa per raggiungere il suo volto e fare quel che stava facendo – si rese conto soltanto vagamente che questo avrebbe infastidito Murdoc e allarmato Russel oltre ogni dire; e intanto 2-D ebbe tutto il tempo di riprendersi dallo shock, recuperare fiato e iniziare a ricambiarla.
L’unica cosa che pensò chiaramente era che – oh, Kami – le labbra del suo Stu-san erano morbide quanto le sue dita.
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Questo one-shots è uno dei pochi motivi per cui vivo.
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Vi consiglio di leggere le sue storie,la a-do-ro.
Io ho solo aggiustato delle parti idk. :^)
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