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La neve cadeva in fiocchi soffici, imbiancando d'allegria il piccolo parco giochi di Little Whinging, nel Surrey.

Quei piccoli batuffoli di morbida acqua parevano danzare, mossi dalla lieve brezza invernale, e giocare ad acchiapparella con il loro spettatore, un piccolo bimbo di poco meno di quattro anni che, solo, se ne stava accovacciato nel suo cappottino troppo largo, con il nasino all'insù e l'aria pensierosa.

Era un bel piccino, anche se l'espressione del suo viso sembrava stonare su un bimbo così piccolo. I capelli sulla sua testolina erano un cespuglio informe, appena lunghi gli conferivano un'aria da orsacchiotto strapazzato tenerissima grazie alla quale alcune mamme sorridevano, passandogli accanto.

Il bambino dal canto suo non se ne curava, preso dalla sua occupazione di osservare quei bei fiocchi bianchi che gli cadevano attorno, facendogli arricciare il nasino e bagnandogli quegli strambi occhiali che gli zii gli avevano preso e che, troppo grandi, stavano su solo grazie ad un laccio che ne tratteneva le stanghette.

Osservava la neve quasi con clinica curiosità, non badava alle poche mamme perché lui non ce l'aveva più, una mamma. Aveva invece la signora Figg, strana signora a cui veniva puntualmente affidato quando gli zii, troppo solerti nel divertimento del caro figliolo, non avevano tempo per uno esserino strano come lui.

Harry, questo il nome del piccolo, nella sua innocenza di bambino non capiva cosa ci fosse di strano in lui ma ascoltava, annuiva, e ubbidiva prontamente agli strepiti degli zii. Almeno così era certo che quei brevi momenti all'aria aperta gli sarebbero giunti come premio e come ogni bimbo agiva per ottenerli.

Quel giorno, ad esempio, aveva fatto da bravo tutto ciò che la zia, rimproverandolo e borbottando, gli aveva ordinato di fare, persino l'infilarsi sotto al lettone di Dudley e pulire il pavimento sottostante da tutto il cibo ammuffito che il cugino vi aveva nascosto nel corso degli ultimi mesi. Come premio, invece di chiuderlo nel suo piccolo ripostiglio era stato portato dalla signora Figg, che a sua volta lo aveva accompagnato al parco. La stessa signora che ora dormiva su una panchina mentre lui si era allontanato, incuriosito da un piccolo pettirosso che a balzelli si era avvicinato al recinto per la sabbia, ora coperto di neve.

Ancora accovacciato sulle gambine magre venne distratto da un piccolo fruscio. La curiosità dei bambini, si sa, è grande e il piccolo Harry sgranò i suoi occhioni verde smeraldo, brillanti di sorpresa e di gioia.

Uno strano animaletto, bianco come la neve che si accumulava tutto attorno, era appena spuntato da un cespuglio. Al suo spostarsi, la neve cadde sul pelo folto che subito venne scosso, poi la bestiola si alzò sulle zampe ed inclinò la testa verso sinistra, studiando il bambino che gli stava davanti e che continuava a fissarlo con la boccuccia aperta in una deliziosa "O".

Harry non aveva mai visto un animale simile, così carino tutto bianco e con quel bellissimo musetto. Come ogni bimbo che si rispetti fece un grande sorrisone e piano stese la manina verso quello strano topo, grande e lungo.

«Vieni qui!» esclamò felice e con suo sommo stupore lo strano animaletto non si fece attendere e si abbassò su tutte e quattro le zampe per poi scivolare sotto la mano del bimbo che, sorpreso da tanta audacia, cadde indietro sul sedere.

«Sei così bello, animaletto...» mormorava serio e concentrato sulla morbida pelliccia che gli scorreva liscia sotto le dita. Nemmeno si accorse dell'arrivo di un altro bambino dietro di lui.

«È un furetto.»

Il piccolo Harry sobbalzò per lo spavento, afferrò il furetto bianco e se lo strinse al petto, prima di girare la folta testolina per capire chi lo aveva spaventato.

Ciò che vide fu un bambino grande come lui, biondo biondo come i disegni che faceva la sua amica Martha all'asilo, gli occhi grandi e grigi e due guanciotte rosse per il freddo. Stringeva tra le braccia quello che ad Harry sembrava un enorme cuscino tondo e giallo che era quasi più grande di lui, e lo guardava con la testa inclinata a sinistra come poco prima aveva fatto il furetto.

«Sei un angelo?» domandò allora, gli occhioni sgranati e l'animale stretto tra le braccia che placido li osservava.

Il bambino biondo scosse la testolina e i suoi capelli sbatacchiarono qua e la, mentre sorrideva gonfiando il petto, orgoglioso. Nessuno lo aveva mai paragonato ad un angelo, era un grande onore.

«Gli angeli hanno tanta magia, io sono piccolo,» spiegò allora, annuendo per enfatizzare le proprie parole.

Alla parola "magia" gli occhi dell'altro si illuminarono ed un sorrisone gli si dipinse sulle labbra. Deciso, strusciò le gambine nella neve fino a girarsi verso il biondo per poi battere una manina a terra invitandolo a sedersi, invito che l'altro bambino accettò subito, lieto di non avere nessuno a rimproverarlo.

«Come ti chiami?» domandò non appena si fu sistemato, con una smorfia per la neve fredda che gli congelava il sederino.

«Harry! E tu?»

«Draco!»

≈*≈

Neve, bianchi furetti e morbidi bocciniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora