Capitolo Secondo

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Selina

Non vuole rispondere alla mia domanda perché evidentemente sa di cosa parlo, ma non riuscirà a sottrarsi. La salva uno dei vampiri che si appoggia delicatamente accanto a me e, stuzzicandola con maestria, si fa dare da bere. Non ho mai amato particolarmente la compagnia di questi esseri, sono immortali come me ma per loro la vita ha un valore troppo basso. Probabilmente il fatto di essere già morti li rende ancora più sicuri di se stessi e quando hanno a che fare con altri immortali si sentono migliori, più forti e più nobili rispetto a un mezzo demone come me. Il mio interesse, comunque, muta soggetto per qualche secondo e si fissa su questa visione maledettamente stuzzicante, non ascolto veramente ciò che stanno dicendo ma noto il tono di voce cordiale fra i due. Si conoscono. Una fiamma di gelosia si accende, dovrebbero essere nemici per natura ma si sopportano; perché per loro è tanto normale andare d'accordo mentre con me nessuno prova mai a instaurare un rapporto? Devo avere uno sguardo molto loquace perché il giovane uomo si alza e se ne va, senza rivolgermi neppure la parola. Mentre torna al tavolo la donna dietro il banco pensa di lanciargli contro il bicchiere, minaccia che mi fa ridere e pensare a quando anche io minacciavo così mio fratello, prima di scoprire perché i miei occhi avevano un taglio così felino e di perdere tutto ciò che amavo.
“Non ci provare.” esclamo seria, lei sta per imprecare ma la zittisco ricordandole che sto aspettando una risposta. Sembra capire cosa intendo quando dico che le conviene avermi come amica, irritata afferra la brocca davanti a me iniziando a sfregarla.
“Cosa vuole un mago da uno spacciatore?” chiede.
“Non credo che siano affari tuoi. Puoi portarmi da lui o devo chiedere aiuto ad altri?”
“Posso portarti da qualcuno che ti aiuterà a trovare chi vende quello che cerchi, però dobbiamo aspettare il tramonto.”
Annuisco soddisfatta, ho cercato la mia vendetta per 100 anni, un giorno in più non mi cambierà la vita.
“Le lune non funzionano sui figli di Lilith, perché mai dovresti cercarlo?”
Ignoro la domanda e mi servo da sola del latte caldo, lei ha un guizzo ma si trattiene. Vorrebbe maledirmi ma sa che non le conviene, noi maghi prendiamo sul serio certe cose, così si allontana dal bancone voltandomi le spalle.
“Io torno nella mia stanza, appena possiamo andare dal tuo amico mi trovi al numero 6.”
La luce del sole mi ha sempre ricordato casa ed è per questo che non amo vederla, non amo uscire di casa nelle giornate assolate e piene di vita. Mi sdraio sul letto, pensare che sono finalmente ad un passo dal raggiungere la mia vendetta mi fa sentire viva come non mi sentivo da anni e fa riaffiorare nella mia mente una paura che avevo scordato. La mia storia non è mai stata facile, devo ammetterlo, ma finché vivevo con una famiglia che mi voleva bene riuscivo a sentirmi protetta e al sicuro; questo almeno è ciò di cui mi sono convinta. Sono nata sul finire del 500, poco dopo la caduta dell’Impero romano, in una zona di campagna nel nord della penisola italiana. La mia famiglia era nobile di origine, viveva in una casa di campagna molto estesa, con molti più schiavi di quanti potessi contarne e con molte più terre di quante potessimo coltivare. La mia nascita era stata totalmente inaspettata, mio padre era scomparso ormai da mesi e quando la pancia iniziò a crescere si gridò al miracolo. Sono cresciuta fra mille coccole, sempre dentro le mura di una casa patrizia, ma io volevo di più. Ricordo di essere scappata più di una volta da casa, di essere arrivata lontano su una collina per vedere il fiume scorrere verso un mare lontano di cui avevo sentito parlare. I miei problemi sono iniziati attorno ai dodici anni, quando i poteri sono diventati più forti di quanto potessi controllare e mia madre è stata costretta a rivelare la verità di una gravidanza che non poteva spiegarsi. A dodici anni ho sognato mio padre per la prima volta e si è rivelato con tutta la sua magnifica potenza, un demone guardiano dell’oltretomba. A dodici anni ho compreso che non avrei più potuto vivere dove vivevo e che la mia famiglia non mi avrebbe più voluto dopo una scoperta del genere; a dodici anni ho abbandonato ogni cosa. Per molti maghi sopravvivere è difficile, per me è stato un gioco utile a distrarmi da ciò che ho perso. Se all’inizio vagavo di paese in paese aiutando le persone più povere ad avere un raccolto più abbondante o a guarire dalla peste nera, dopo qualche anno ho iniziato a lavorare anche come sicario e a prezzi sempre più alti. Mentre crescevo il numero dei morti sulla mia strada cresceva in modo esponenziale, dovunque passassi trovavo un ricco nobile in cerca di vendetta o di potere e lo spremevo fino all’ultimo. Anche durante la caccia alle streghe il mio regno di distruzione e caos cresceva, passavo dall’Italia alla Francia senza problemi, mi spostavo dalla Spagna alla corte inglese come mi pareva: nessuno sembrava volermi morta. Ripercorrere tutti gli omicidi che ho commesso mi riempie di sentimenti contrastanti, ricordare il rumore di un cadavere che collassa al suolo dopo che il suo cuore si è fermato ha un sapore agro dolce.
Mi avvicino al piccolo tavolo ai piedi del letto e ci poso sopra la borsa con le poche armi di cui non posso fare a meno: libri. Conosco a memoria il loro contenuto ma mi piace sfogliarli per rassicurarmi e controllare che tutto ciò che so non è cambiato. Non come i sentimenti, non come i pensieri e le abilità degli uomini. Quando il licantropo bussa alla porta sono già pronta a partire da tempo, il pugnale maledetto nascosto sotto la gonna e un sorriso soddisfatto dipinto in viso. Uccidere il mercante sarà l’ultima azione negativa della mia esistenza, un ultimo omicidio.

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