Quella era una strada simile a tante altre, una di quelle che attraversano i paesini da una parte all'altra, costellata di quei sampietrini che le davano un'aria di ordine antico, una solenne sospensione del tempo.
Fosse stato un sabato o una domenica sarebbe stata ricolma di ragazzi e di motorini, di ragazze su tacchi vertiginosi che in bilico lanciano in giro sorrisi ammiccanti. Quella sera di mercoledì invece no, c'era solo un uomo che camminava in strada giù dal marciapiedi, su quei sampietrini che non risuonavano sotto le sue suole di gomma. Camminava solo con le mani in tasca e lo sguardo fisso davanti a sé. La città si muoveva danti ai sui occhi, scorrevano vetrine, portoni, lampioni e auto, ma non il tempo. Quelle ultime ore del mercoledì per Paolo non passavano, non scorrevano ma venivano annullate, sciolte nei suoi pensieri. Per lui il tempo era fermo al giorno prima, alle parole che gli erano state comunicate al telefono. Continuavano a rigirare, a ripetersi di continuo. "Purtroppo le relazioni e i bilanci trimestrali hanno confermato quanto temevamo, questi mesi si chiudono per il gruppo con ricavi complessivi al di sotto del preventivato. Stiamo perdendo solidità e competitività in ambito domestico e le percentuali dei rami internazionali non compenseranno, almeno nel prossimo triennio. La diversificazione produttiva ha comportato il crollo dei livelli di redditività. Le condizioni di incertezza evidenziate dai mercati internazionali già nei precedenti periodi continuano a costituire un elemento di criticità per le imprese come la nostra. Inoltre la crisi finanziaria europea ha avuto rilevanti effetti sul nostro sistema creditizio e si è riscontrata una concomitante pressione speculativa che ha colpito i tassi di interesse".Interessi, preventivi, speculazioni, bilanci e ricavi, parole come queste fluttuavano nella mente di Paolo ed in quelle cercava una spiegazione, una trama, o forse una soluzione, mentre invece non faceva altro che inciampare in se stesso. Si accusava d'aver sbagliato, si riconosceva un fallito per essersi concesso un errore, per essersi lanciato credendo che fosse arrivato il suo momento. Il peso d'una intera sezione partendo da zero. Si ricordò dell'entusiasmo con cui aveva deciso di sottoscrivere il progetto che ora era la causa della sua fine. "Esubero" poi di colpo risuonò nei suoi orecchi. La parola comparì con la stessa odiata e serpentina flemma con cui venne pronunciata dall'altro capo del telefono. Con quella cornetta in mano gli era sembrato tutto uno scherzo, e invece in pochi secondi era diventato tutto dannatamente vero. Fredde, sottili e dirette, furono pronunciate in un attimo. "Siamo in esubero e tra i nomi segnalati c'è anche il suo".
Un'età che è pur sempre esperienza, stabilità, conoscenza e affidabilità, magari per lui, ma non per il resto del mondo. "Accompagnarla fino alla pensione è un costo che non ci possiamo permettere, quindi cominci a guardarsi intorno in questo primo periodo di CIGO". I polmoni gli si gonfiarono per un sospiro profondo, ma la sensazione di vuoto era sempre presente: per quanta aria potesse inspirare c'era sempre qualcosa che gli mancava. "Cercheremo di procurarle colloqui di lavoro nei prossimi sette mesi". Fu la beffa. "Sì, io che ho cinquant'anni, dove vuoi che vada? Maledizione".
Cominciarono a bagnarglisi gl'occhi. Quegli occhi assenti, che si aggiravano per strada come dei fari spenti, come obbiettivi chiusi. Il suo, infatti, era un camminare compulsivo e disattento. Come era già capitato, senza che se lo ricordasse, si fermò davanti ad una vetrina e stette lì immobile mentre in testa ancora gli giravano quelle stesse parole. "Esubero... profitti... bilanci... intorno". L'immagine leggera riflessa nel vetro che gli stava avanti era immobile, sbiadita, tronca. Gli occhi si muovevano come se cercassero qualcosa. "Il suo nome... bilanci... non ce lo possiamo permettere... profitti". Poteva essere un negozio qualsiasi, vi potevano essere salami o anche scarpe di camoscio, quegli occhi non avrebbero visto nulla.
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Per aspera sic itur ad astra
Short StoryUn racconto pubblicato nella Webzine Sul Romanzo n. 3/2013, nella collana "Racconti contro la precarietà".