Epilogo

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"Ho il cancro, hyung. Ho pochi mesi di vita..." Iniziò, mormorando.

Gli levai dalle mani il cappellino blu, guardandolo negli occhi.

"Questo non ti serve più, adesso" sussurrai, cacciando indietro le lacrime. "Sei comunque una meraviglia, piccolo" gli accarezzai delicatamente i pochi capelli rimasti sul capo. "È arrivato il momento di vivere ogni giorno come se fosse l'ultimo"

E così fu. Continuammo le nostre avventure e io cercai di renderlo felice giorno per giorno, secondo per secondo.

E durò, durò per tre settimane. Poi, la quarta settimana, Jimin iniziò ad essere troppo debole per correre, per provare forti emozioni. Un giorno si sentì male, e dovetti portarlo all'ospedale.

Non si mosse più da quella piccola stanza.

Ma stare con lui era comunque bellissimo. Lui era bellissimo.

Era bellissimo completamente calvo; era bellissimo con la pelle spenta e ingrigita dalla malattia; era bellissimo nonostante fosse ormai magro, debole; era bellissimo con la voce roca e flebile. Continuò ad essere bellissimo quando la macchina che segnava la sua vita emise un prolungato suono senza fine.

[...]

Io morii con lui.

Dopo che mi lasciò rimasi nella mia camera per giorni, settimane, a piangere e ad appassire dentro, come quando la bella stagione termina e i fiori muoiono.

Mangiavo poco e niente, non avevo la forza di muovermi, non avevo voglia di vivere. Volevo solo smettere di respirare, finire tutto, sparire per sempre.

E l'avrei fatto. L'avrei fatto se non fosse stato per quel vecchio biglietto con su scritte le nostre avventure che una sera trovai nell'armadietto delle medicine.

Lo presi con mani tremanti, e in un attimo, appena iniziai a leggere i punti scritti, rimasi investito dai nostri ricordi.

Ripercorsi con lo sguardo tutto quello che eravamo stati, senza dimenticare un solo dettaglio, senza tralasciare un solo respiro.

Mi fermai all'ultimo punto, quello che Jimin mi nascondeva sempre, arrossendo. Quello che cancellava quando dovevamo aggiungere altre tappe.

Lo lessi, e il mio cuore tornò a battere.
Lo lessi, e capii che Jimin non era mai andato via.
Lo lessi, e compresi che io quella lista dovevo terminarla. Dovevo vivere anche per lui, perché Jimin amava la vita;

Jimin amava la vita, ma aveva incontrato la morte.

Lo lessi e lo sentii. Sentii che tutto ciò che lo rendeva ciò che era, viveva ancora nel mio cuore, nella mia mente.

Un improvviso calore mi percorse l'anima quando sussurrai quelle poche parole: «donare a Yoongi la mia primavera».

Mi chiamo Min Yoongi, e questa è la storia di come, grazie a Park Jimin, ho cessato di esistere ed ho iniziato a vivere.

─ existingDove le storie prendono vita. Scoprilo ora