Capitolo 1

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Camera trecento. Lei mi fissa come fosse innamorata di me. Mi piacerebbe, ma non è così. Il suo sguardo rivolto a me ha un perché preciso, una ragione esatta. Se la tocco - Sharon - è calda, eppure non risponde ai comandi. Hans è privo di sensi, le mani sopra la testa, legate alla base del letto. Sembra morto, sulla moquette.

Intorno c'è soltanto panico e sudore freddo. Sono le tre del mattino, Sharon è rannicchiata ai piedi del letto, tremolante, non sa come sentirsi di fronte a tutto questo, sembra narcotizzata, in uno stato comatoso, anche se vigile. Guarda me e Vincent, dondolando la testa avanti e indietro come affetta da una crisi convulsiva.

Un paio di manette ancora intorno ai polsi di Mr. Bernstein (Hans), e la polverina bianca sparpagliata sulla scrivania. Sembra borotalco lavato via alla buona. Appena sotto la abatjour a muro, accanto alla tv senza audio, c'è una sigaretta lasciata accesa, da dove piccole nuvole di fumo spiccano un volo senza ritorno. La finestra è a scomparsa ed è semichiusa. Le tende color panna, le lenzuola abbracciate ai cuscini, fanno un'orgia di cotone e non provano vergogna. Mi sembra un set cinematografico riuscito male.

Per un attimo spero di essere vittima di uno scherzo, controllo a destra e a sinistra, in alto e in basso, dietro la porta d'ingresso e in bagno, augurandomi di trovare l'appostato, il regista, quello che solitamente entra in scena, gridando "ci sei cascato!!". Ma niente da fare, non ci sono risate trattenute o facce divertite.

La camera trecento è una delle migliori. Ampia, doppio letto matrimoniale, doppio frigo bar, vasca con idromassaggio; Bernstein desidera soltanto quella e ogni volta che contatta l'hotel la richiede esplicitamente. Assegnargliela è prassi, è una delle prime cose che ti insegnano all' Hotel Il Naviglio.

Qualunque sia il motivo della sua permanenza a Milano, Hans ha due tappe fisse, concentriche. La prima è la camera trecento, la seconda tappa è Sharon, un nome d'arte, quello vero non l'ho mai conosciuto, nonostante l'abbia chiesto più volte; "qual è il tuo vero nome, Sharon?" chiedevo, e lei "Per te soltanto Sharon, bello!"

Magari Hans ha avuto più successo di me, conosce il suo nome di battesimo. Avrò modo di chiederglielo ancora, spero. Nel frattempo Hans si è addormentato come un operaio edile al venerdì sera, dopo una settimana di lavoro, con gli occhi non del tutto chiusi, senza accorgersi di nulla. Bernstein ha un'espressione serena. È pallido, ma respira ancora, grazie al cielo. Il buon Hans ha mescolato dispiacere e trasgressione, senza battere ciglio, ed è volato con imprudenza dalla cocaina al Long Island, passando per la depressione. Hans è uno scrittore, un creativo, e l'animo che scava dentro se stesso vuole una certa dose di autodistruzione, ce lo insegna la storia. Bernstein, però, ha davvero esagerato.

- Non ho fatto niente, giuro! – Sharon si giustifica, ma non esce ancora dallo stato di shock

- Che è successo? Si è sentito male? - Le chiedo.

- Non so, stavamo facendo la solita scenetta. Io lo minacciavo con la pistola e lui se ne stava lì, ammanettato ai piedi del letto.

- Eh, poi? – Vincent era il più nervoso di tutti.

- Ha cominciato a tremare e pochi secondi dopo è svenuto...non si è più svegliato, poi ho chiamato voi!

L'illusione è sempre più evanescente, lascia spazio alla realtà, poco per volta. Le guance rosa adesso sono pallide, la transizione è conclusa. Hans respira, ma non è bello da vedere; è quasi un cadavere in piena regola, gli manca tanto così, ancora qualche minuto, poi non ci saranno più dubbi e l'anima sua sarà perduta, come le nostre vite.

Arriva Jacob Quintan, il notturno. Ha indosso la sua tuta nera da facchino, una mise che cade bene per l'occasione. Sono nel panico, lo siamo tutti. Sharon prende le sue cose, e va fuori dalla stanza, forse è meglio così. È la prima volta che la vedo sopraffatta dagli eventi, smarrita. Lei è una puttana orgogliosa. Lo fa per scelta, non certo per caso, e nemmeno perché costretta. Non rilascerebbe mai interviste col volto oscurato e la voce alterata, non si piangerebbe mai addosso. Essere una puttana la gratifica, la completa, non vorrebbe fare altro. Ama vendere il suo corpo, sedurre, donare le sue mani, il suo tempo e il suo sguardo ad un prezzo variabile, a seconda del cliente. Hans Bernstein, Mr Hans – come lo abbiamo sempre chiamato al Naviglio – è un cliente esclusivo, ma non per i soldi che spendeva, no, semplicemente perché la sua presenza a Milano esclude per Sharon qualunque altro appuntamento. Quando Hans atterra a Linate, qualcosa nel cuore di Sharon si ferma. Forse sono innamorati, ma nessuno dei due lo ammetterebbe mai.

Sharon recupera scarpe, vestiti, borsetta, giocattoli vari, pistola inclusa, non le manette, quelle rimangono intorno ai polsi di Hans. Inizio ad avere paura sul serio. Il palcoscenico adesso è tutto mio. Rischio grosso, rischio tutto; il lavoro, la galera, la faccia, il futuro. L'unica speranza è che Bernstein riprenda i sensi, adesso, che si risvegli dopo il classico bicchiere d'acqua gelata dritto in faccia, come succede nelle fiction d'azione.

Sono le tre del mattino passate da poco. La reception del Naviglio è scoperta. Devo tornare giù. Lascio Vincent e Jacob a sorvegliare l'ostaggio, inteso come Hans, Mr. Hans Bernstein. "Toglietegli quelle cazzo di manette, e mettetelo sul letto!!" dico. Loro eseguono, mentre io sono già prossimo alla tromba delle scale. Divoro i gradini, tre per volta. La hall è deserta, menomale.

S4SE

Il Naviglio, di notteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora